Le due udienze presso l'Alta Corte di Londra sul Caso Assange si sono concluse con un prolungamento dei tempi decisionali. Per l’esito finale della difesa di Julian Assange, giornalista australiano e cofondatore di Wikileaks contro la sua contestatissima procedura di estradizione dal Regno Unito negli Usa, si dovrà attendere qualche giorno. I giudici non hanno dato indicazioni precise in merito, riservandosi il tempo necessario per riflettere sulle argomentazioni contrapposte delle parti.
"Ci riserviamo la nostra decisione" e contatteremo le parti se avremo bisogno di ulteriori informazioni. Con queste parole la giudice Victoria Sharp ha chiuso la seconda udienza sull'appello finale per decidere del destino di Assange. Udienza segnata da un fitto botta e risposta tra i legali dell'attivista australiano, Edward Fitzgerald e Mark Summers, e quella incaricata di rappresentare le autorità Usa, Clair Dobbin. In particolare, sull'accusa rivolta agli Stati Uniti da parte della difesa di voler processare il giornalista per una questione meramente politica. Dobbin ha respinto quanto affermato dagli avvocati di Assange sostenendo che l'azione legale americana si basa "sullo stato di diritto e sulle prove", riguardanti fra l'altro l'attività del giornalista nel reclutare altri hacker e spingere gli informatori a rivelare dati riservati. In risposta, Fitzgerald e Summers, oltre ad opporsi alle argomentazioni avanzate dalla parte statunitense, hanno fatto riferimento al presunto complotto da parte Usa per uccidere o rapire il fondatore di Wikileaks emerso sui media negli anni scorsi.
Julian Assange dal 2019 si trova recluso nel carcere di massima sicurezza di Belmarsh, a Londra. Su di lui pendono 17 capi d’accusa, per un totale di 175 anni di prigione circa, per aver rivelato - tra le altre cose -, i crimini contro l’umanità commessi dall’Occidente in Afghanistan e in Iraq durante le cosiddette “guerre al terrore” statunitensi. Gli Stati Uniti lo vogliono processare e condannare per cospirazione e spionaggio. Tutto in base alle disposizioni dell'Espionage Act del 1917 che punisce, in particolare, le interferenze con le relazioni internazionali e commerciali degli Stati Uniti e le attività di spionaggio. La “colpa” di Assange, dunque, è aver fatto giornalismo d’inchiesta e aver pubblicato documenti che certificano gravi violazioni dei diritti umani. Inoltre, Assange se estradato verrebbe recluso presso l’ADX Florence, conosciuta come l’Alcatraz delle Montagne Rocciose. Considerato il carcere più sicuro degli Stati Uniti, al cui interno sono reclusi più di 400 detenuti di primo livello, tra cui alcuni membri della famiglia mafiosa Gambino e terroristi internazionali. L’ex direttore della prigione Robert Hood definì l’ADX come un luogo “non fatto per l’umanità”, descrivendolo “come l’inferno”.
Wikileaks nel tempo ha pubblicato molti scoop, tra cui dettagli sul centro di detenzione dell’esercito americano a Guantanamo Bay a Cuba, un elenco segreto dei membri del Partito Nazionale Britannico e poi centinaia di cablo segreti della diplomazia statunitense contenenti le corrispondenze che 260 tra ambasciate e consolati americani presenti in 180 nazioni avevano inviato al Dipartimento di Stato a Washington, l’organo degli Stati Uniti responsabile della politica estera e le relazioni internazionali. E quindi cosa pensavano davvero di Vladimir Putin gli Stati Uniti? Con che tipo di pressioni si garantiva l’appoggio dei governi occidentali nelle guerre in Afghanistan e in Iraq? Come erano riusciti a garantire l’impunità agli agenti della Cia responsabili delle extraordinary rendition? Come era visto Silvio Berlusconi al di là delle dichiarazioni ufficiali? E come trattavano con il Vaticano nelle segrete stanze della diplomazia? Poi Cuba, l’Iran, la Cina, Guantanamo, la guerra segreta dei droni. Insomma, una serie di documenti che fecero infuriare l’amministrazione americana. Per non parlare di Collateral murder. Un video agghiacciante, ottenuto grazie a Chelsea Manning, un analista dell’esercito degli Stati Uniti, in cui veniva mostrato nel dettaglio come il 12 luglio 2007, un elicottero Apache AH-64 statunitense sparò a sangue freddo con fucili calibro 30 contro un gruppo di civili iracheni a Baghdad. Tra le vittime anche un fotografo della Reuters, il suo autista e altri 16 civili, oltre a numerosi feriti. Il video fece il giro del mondo e ben presto arrivò anche alle autorità del Pentagono. Pubblicazioni che Assange ha pagato a prezzo della libertà a causa di una persecuzione giudiziaria che ancora continua.
Foto © Imagoeconomica
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