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"Il giornalismo non è un crimine, non è un reato. Ma questa frase perde di significato ogni volta che parliamo di Julian Assange. Perché Julian Assange è stato arrestato, detenuto ed è ancora in carcere e rischia 175 anni di detenzione negli Stati Uniti per aver fatto il suo lavoro e per aver raccontato al Mondo intero i crimini di guerra commessi da Stati Uniti ed Inghilterra durante le guerre in Afghanistan e in Iraq". Sono le parole di Tina Marinari, coordinatrice di Amnesty International Italia, intervenendo alla conferenza stampa che si è tenuta presso il Consiglio nazionale dell’Ordine dei giornalisti a Roma in favore del fondatore di Wikileaks. "Non è in pericolo solo la vita di Julian, ma il giornalismo intero. Se venisse estradato negli Stati Uniti sarebbe un precedente pericoloso con cui ogni governo autoritario e non potrebbe chiedere di condannare i giornalisti di inchiesta”, ha continuato. A preoccupare la coordinatrice di Amnesty è il “doppio standard occidentale”. “Siamo pronti a protestare se un crimine di guerra viene commesso da un regime non occidentale ma non si alza un dito se a commetterlo sono gli Stati Uniti d’America”, ha concluso.
Tra il 20 ed il 21 febbraio l’Alta Corte di Giustizia Britannica si riunirà per decidere in merito all’istanza d’appello presentata dai legali di Julian Assange, dal 2019 si trova rinchiuso nel carcere di massima sicurezza di Belmarsh, per scongiurare la sua estradizione negli Usa.

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