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Mesi fa la Dia annunciava: "Vuoti di potere dentro Cosa nostra"

Cosa nostra è "ancora all’apprensiva ricerca di una autorevole leadership" e il "vuoto di potere creatosi negli anni" è un segnale che non deve essere sottovalutato; soprattutto quando le nuove 'leve', "che hanno svolto ruoli di reggenza prolungati nel tempo", vengono in contatto con le "linee d’azione operative esercitate perlopiù da anziani uomini d’onore, detenuti o da poco tornati in libertà".
La mafia "mira a ricostruire una struttura di raccordo al vertice" e questo potrebbe essere "foriera di tensioni interne derivanti anche da contrasti irrisolti".
Era questa l'analisi della Dia riportata nella relazione semestrale del 2023 in merito alla situazione del 'sottobosco' criminale nella provincia di Palermo: fra le strade scorrono fiumi di droga, si trasportano armi, c'è il business della prostituzione e il gioco d'azzardo clandestino, per non parlare dei miliardi del Pnrr.
In altre parole soldi; e i soldi generano malumori.
Malumori che, per un certo periodo, potevano essere risolti tramite 'l'intercessione' di certi boss storici a cui veniva riconosciuta una certa autorità.
Si pensi ad esempio alla primula rossa di Castelvetrano Matteo Messina Denaro - morto il 25 settembre dell'anno scorso - che, sempre secondo la Dia, rappresentava "la figura di riferimento per le problematiche più rilevanti dell’organizzazione e per la risoluzione delle controversie".
Il quadro generale sembra parlare molto chiaro e i recenti omicidi avvenuti a Palermo potrebbero esserne la conferma.
Il riferimento è rivolto chiaramente allo scontro il 27 febbraio scorso avvenuto tra due gruppi criminali allo Sperone: il bilancio della sparatoria è stato di un ferito, Alessio Caruso, e di un morto, Gianfranco Romano, 37 anni, indicato dagli investigatori come “un astro nascente del panorama mafioso di Brancaccio” e indagato per il favoreggiamento del boss Antonino Lo Nigro, detto ‘u ciolla, narcotrafficante in rapporti con l’Ndrangheta ed esponente di una delle famiglie più blasonate di Cosa nostra, accusato di essere "elemento di vertice della famiglia mafiosa di Corso dei mille" e arrestato lo scorso maggio 2022 durante un'operazione condotta dalla procura di Palermo; gli inquirenti avevano intercettato anche Salvatore Catalano e Giovanni Spanó: "Ma chi comanda a Brancaccio?" Aveva chiesto Catalano e la risposta era stata 'u' Ciolla', Lo Nigro, indicato dagli investigatori come cugino dei fratelli Graviano, capimafia storici proprio del quartiere palermitano.
Considerando il quadro generale diverse domande sorgono spontanee: chi comanda ora a Brancaccio? L'omicidio di Romano è stato il frutto avvelenato di un mero debito di gioco, oppure è stato eliminato per bloccare la sua presunta ascesa criminale nel contesto prospettato dalla Dia?
In questo contesto è innegabile il ritorno nel panorama criminale della violenza armata.
Basti pensare all'omicidio di Giuseppe Di Giacomo il 12 marzo del 2014; quello di Giuseppe Dainotti, ammazzato a maggio del 2017 in via d’Ossuna; il 30 giugno 2022, in via Imperatrice Costanza, era statoammazzato Giuseppe Incontrera, consuocero di Giuseppe Di Giovanni, fratello dei capimafia Gregorio e Tommaso. Di lui aveva parlato il neo pentito Marcello Puccio, picchiatore al soldo dei boss. Aveva fatto il nome di Incontrera assieme a quello di capimafia che hanno una storia in Cosa Nostra, gente pronta a imporre le regole mafiose con la violenza: a Porta Nuova “chi sbaglia paga”.
Dopo più di un anno il sangue era tornato a scorrere: il 4 novembre 2023 un cittadino algerino, Badre Eddine Boudjemai, (41 anni), è stato freddato a colpi d'arma da fuoco in via Roma, nei pressi del palazzo delle Poste centrali, direttamente sotto l'occhio delle telecamere.
Certamente le morti non possono essere direttamente riconducibili ad un unico disegno criminale, o almeno non ancora. Tuttavia a Palermo, col tempo, si sta tornando a uccidere sotto il peso delle violente dinamiche del potere criminale.

Realizzazione grafica by Paolo Bassani

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