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Per i magistrati è un omicidio di mafia.

Lo riporta Live Sicilia in merito all’omicidio avvenuto ieri allo Sperone di Palermo: da un lato Alessio Caruso e Giancarlo Romano (in foto), dall'altro Camillo e Antonio Mira, padre e figlio, con i loro parenti. Tutto sarebbe nato dalla richiesta di saldare un debito di circa 2.500 euro da parte dei Mira nei confronti di Caruso.

In altre parole si sono affrontati quelli che gli uomini della squadra mobile definiscono “due gruppi criminali”.

Il bilancio della sparatoria è stato di un ferito, Caruso, e di un morto, Romano, 37 anni, indicato dagli investigatori come “un astro nascente del panorama mafioso di Brancaccio” e indagato per il favoreggiamento del boss Antonino Lo Nigro, detto ‘u ciolla, il boss accusato di essere "elemento di vertice della famiglia mafiosa di Corso dei mille" e arrestato lo scorso maggio 2022 durante un'operazione condotta dalla procura di Palermo.

L’aggravante mafiosa viene contestata in tutti i reati culminati nell’omicidio. Il procuratore Maurizio de Lucia e i sostituti Enrico Bologna e Francesca Mazzocco hanno disposto il fermo di tre indagati: Camillo e Antonio Mira, padre e figlio, e lo stesso Caruso.

La dinamica dello scontro

Romeo in passato era stato al fianco del boss Antonino Lo Nigro.

Dopo l’arresto di quest’ultimo nel blitz “Tentacoli” di due anni fa, Romano avrebbe di fatto preso il posto di Lo Nigro nella gestione delle estorsioni, dello spaccio di droga e delle scommesse clandestine, l'ambito secondo il quale sarebbe maturato lo scontro.

Nello specifico si parla del pagamento per l'attività di Pietro Mira, figlio di Camillo e fratello di Antonio, che gestirebbe, secondo gli inquirenti, la raccolta delle scommesse abusive sui siti on line nella zona. Ma il denaro i Mira l'avrebbero speso per pagare le vincite anziché onorare il debito. Agli emissari di Alessio Caruso arrivati in prima battuta era stato chiesto di aspettare. Ma Caruso non avrebbe voluto attendere. E così ieri pomeriggio il creditore, arrestato per estorsione nel 2016 e condannato in via definita a 5 anni di reclusione, si è presentato nel garage di via XXVIII Maggio dove si svolge l'attività di raccolta scommesse. Alla richiesta di saldare il debito Pietro Mira ha ribadito il suo ‘no’ dicendo a Caruso che avrebbe dovuto aspettare qualche giorno. A questo punto, come avrebbe raccontato lo stesso Mira, Caruso si sarebbe avvicinato e, forse con un tira pugni, gli avrebbe sferrato un colpo al viso ferendolo. Pietro, ferito, è stato accompagnato in ospedale per medicare la ferita al volto. Prima all'ospedale Buccheri La Ferla e poi al Civico in chirurgia plastica. Nel frattempo il padre Camillo Mira e il figlio Antonio sono andati al tabacchi di Giancarlo Romano in corso dei Mille per cercare Alessio. Il padre era armato. Ne è nato un conflitto a fuoco e Camillo è rimasto ferito. Padre e figlio sono tornati di nuovo nella zona dei garage in via XXVII Maggio e sono stati raggiunti a quel punto da Giancarlo Romano e Alessio Caruso. Al culmine di una lite c'è stata l'ennesima sparatoria.

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