Era stato incastrato dalle telecamere, braccato dagli inquirenti ha deciso di presentarsi in Caserma
Si è consegnato ai carabinieri l’assassino di Giuseppe Incontrera, il pregiudicato ucciso per strada giovedì scorso nel quartiere Zisa a Palermo. L'uomo, incastrato dalle videocamere della zona, che hanno ripreso il delitto, sentendosi braccato dalle indagini in corso, si è costituito e avrebbe confessato l'omicidio. L'indagine è coordinata dalla Dda di Palermo guidata dall'aggiunto Paolo Guido. Secondo gli inquirenti il delitto sarebbe di matrice mafiosa e sarebbe maturato nell'ambito di contrasti sul traffico di droga nel mandamento di Porta Nuova in cui Incontrera avrebbe assunto un ruolo di spicco. “In un territorio controllato dalla mafia era preventivabile che accadesse un evento drammatico”, aveva detto, intervistato da La Repubblica sul delitto, il parroco di Sant’Agnese a Danisinni Mauro Billetta. “A Palermo circola troppa droga, soprattutto crack, che accentua la violenza”, aveva aggiunto.
La dinamica dell’assassinio
Erano le otto del mattino di giovedì. Un uomo armato e in sella a uno scooter senza targa si è messo alle calcagna di Giuseppe Incontrera mentre quest’ultimo andava in bici. Il killer, di cui ancora è ignota l’identità, prima ha atteso che la vittima scendesse da casa e prendesse un caffè al bar. Una volta uscito dal locale, pedinandolo, il reo confesso ha sparato un primo colpo di una calibro 22, come si nota dai filmati delle videocamere. Una chiazza di sangue si è espansa nella maglietta bianca. La vittima ha proseguito la corsa, ma è caduta appena è stata raggiunta da un secondo proiettile, sempre alle spalle, finendo per intralciare la corsa del suo assassino. Pure lui è finito rovinosamente a terra. Si è rimesso in sella e ha esploso un terzo colpo all’indirizzo della vittima. In questo momento le telecamere lo hanno inquadrato in viso che era inspiegabilmente scoperto. Il sicario, infatti, non ha avuto accortezze nel tutelarsi e sentendosi col fiato sul collo, alla notizia della presenza di riprese video del delitto, ha deciso di consegnarsi alle autorità.
Gli altri delitti nel mandamento di Porta Nuova
Tre mafiosi ammazzati nel raggio di poche centinaia di metri. Un vecchio boss appena scarcerato, un capomafia nel pieno del suo potere e un emergente che si sarebbe ritagliato una fetta di potere. Alla Zisa, mandamento di Porta Nuova, le questioni si risolvono con il piombo.
Due omicidi sono certamente mafiosi per la modalità e la caratura delle vittime. Il terzo, l’ultimo, è ancora da inquadrare a pieno.
Uno è quello di Giuseppe Dainotti, ammazzato a maggio del 2017 in via d’Ossuna alle 8 di mattina, mentre era in bicicletta. L’orario, il mezzo di trasporto su cui si muoveva e quello usato dall’assassino sono due dettagli identici all’agguato di giovedì.
Dainotti è stato affiancato da uno o due uomini in sella ad uno scooter. Una sola telecamera inquadrava la via. Ha immortalato la ruota di uno scooter Honda Sh, che si allontanava in direzione del Papireto. E si vedeva pure una scarpa da tennis. Troppo poco, però, per risalire all’identità del killer. Dainotti potrebbe avere pagato con la vita la voglia di tornare a comandare dopo anni di carcere. Prima di Dainotti, il 12 marzo 2014, era stato ammazzato, sempre alla Zisa, ma in via degli Emiri, Giuseppe Di Giacomo che fu affiancato da uno scooter mentre era a bordo di una Smart. Addosso al suo giubbotto sono state trovare tracce di saliva che non appartengono a Di Giacomo. “Stavolta tocca a Giovanni”, disse Tommaso Di Giovanni, riferendosi a Giovanni Di Giacomo. A quest’ultimo, killer ergastolano, toccava scegliere il reggente della famiglia di Palermo Centro. E scelse il fratello.
Il collaboratore di giustizia Francesco Chiarello disse di avere avuto notizie dell’omicidio da un altro dei fratelli Di Giacomo, Marcello. Il movente del delitto avrebbe a che vedere con lo scontro che Di Giacomo ebbe con Tommaso Lo Presti. Chiarello, però, non ha sempre brillato per l’attendibilità, come del resto gli era stato contestato dai giudici al processo sull’omicidio dell’avvocato Enzo Fragalà. Le indagini note sono ferme alle dichiarazioni di Vito Galatolo, boss pentito dell’Acquasanta: “Giuseppe Di Giacomo aveva offeso Tommaso Lo Presti che voleva impadronirsi del mandamento e per questo fu ucciso”, ha messo a verbale l’ex boss.
Foto © Imagoeconomica
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