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di Luca Grossi

La strage di Pizzolungo: sono passati 39 anni da quel terribile 2 aprile 1985 in cui morirono Barbara Rizzo di trent’anni, con i suoi figlioletti, i gemellini di sei anni Giuseppe e Salvatore Asta. L'attentato era indirizzato contro l'allora pubblico ministero di Trapani Carlo Palermo; dopo la catastrofe passarono interminabili minuti prima che l’allora giudice si rendesse conto di ciò che accadde. L’autobomba era lì per lui. Ma morirono tre persone innocenti. Le perizie parleranno di quell’attentato come di “una coincidenza di tempi composti irripetibile”. Ma chi volle uccidere l’allora giudice Carlo Palermo? E perché?
Per comprendere le dinamiche e i motivi di quella strage occorre tornare indietro e ripercorrere le logiche del sistema criminale che ha ordinato ed eseguito la strage.
Le indagini portarono ad un quadro estremamente vasto che abbracciò tutto lo stivale Italiano, da Trento a Trapani, tutta l’Europa dell’Est arrivando in Russia, e ancora, il medio Oriente, il Libano e la Turchia, fino agli Stati Uniti. Tutti legati dal filo mortale del traffico di droga e di armi.
"Chi c'è dietro la strage di Pizzolungo? - aveva chiesto Palermo l'anno scorso ai nostri microfoni - È molto semplice. Basta prendere il nome del direttore della Nato che c'era nel 1985, l'epoca dell'attentato, e vedi che con due passaggi semplici arrivi al Duca di Kent. La sovrapposizione tra Nato e massoneria è scritta. Non ipotizzata da me, ma scritta nel ruolo rivestito dalle persone. È scritto nella nostra storia. I nostri servizi nel '43 sono nati dai servizi
americani".


Il grande gioco del 'Governo della guerra e della droga'

Fu il 22 novembre del 1979 quando Asim Akkaia, un cittadino di origine turca si presentò alla questura di Milano, diretta dall’allora dirigente della Mobile Enzo Portaccio rivelando che la città di Trento costituì il punto di congiunzione tra la mafia turca e quella siciliana nell’ambito del traffico di eroina.
Nello specifico si parlò del Karinal e del Romagna, due alberghi di Trento - appartenenti a Karl Kofler cittadino italiano di origine altoatesina - nei quali si smistavano i carchi di morfina base proveniente della Turchia destinati alle raffinerie siciliane e quindi al mercato italiano e statunitense. Le indagini, che iniziarono l’anno seguente, condussero al più grande sequestro di morfina base ed eroina del tempo, 200 chilogrammi, nelle zone di Trento, Bolzano e Verona.
A questo punto dell’iter giudiziario si scoprì che Kofler fu in stretti rapporti con Wakkas Salah al - Din, garante arabo per i siciliani Gaetano Badalamenti, Gerlando Alberti, i fratelli Grado e Salvatore Riina.





Emerse poi che ingenti flussi di armi presero la strada del Medio Oriente come possibile pagamento per i carichi di morfina.
Contemporaneamente le indagini del giudice Giovanni Falcone smascherarono le raffinerie di Trabia e Carini rifornite dalla stessa organizzazione trentina. Anche in questo caso la portata delle indagini si distribuirono dall’Austria, alla Germania, Svizzera, Jugoslavia, Turchia, Bulgaria e anche in tale ambito si andò ad individuare traffici occulti di armi e petrolio tra il nostro paese e la Libia. Oltretutto si andò a toccare il collegamento che ci fu tra i servizi segreti italiani, americani e orientali nella compravendita di armamenti. Da qui in avanti il giudice Palermo divenne protagonista diretto di un teatrino atto a fargli cambiare il corso delle indagini.
Carlo Palermo in una intervista rilasciata ad ANTIMAFIADuemila il 2 aprile 2023 disse che l'unico modo per combattere questo sistema criminale è ripristinare "la democrazia. Questi riassetti planetari stanno avvenendo con delle trasformazioni del controllo delle masse che costituiscono oggetto di condizionamenti di massa e che sono sotto gli occhi di tutti noi. Ci hanno isolati. Ci hanno reso non più partecipi di democrazie rappresentative. Oggi l'Italia è un soggetto bellico che opera direttamente nelle guerre. Io a Trento li ho trovati gli armamenti che venivano della Nato, che passavano per la Polonia ed i traffici venivano organizzati dall'Italia. Li ho trovati e sto parlando di una cosa di 40 anni fa. Ma allora erano trafficanti. Oggi sono ufficialmente governi. Sono governi che operano con gli stessi segreti e con il controllo delle masse. Noi ci dobbiamo riappropriare delle nostre istituzioni. E devono essere rappresentative del popolo e non dell'Euro, della finanza o delle multinazionali".


Le carte dell'inchiesta di Trento

Diecimila carte e documenti vennero sequestrati dall'ex magistrato Carlo Palermo nel 10 marzo 1983. Il contenuto: "il Governo della Guerra a livello globale" e i traffici sotterranei di "armamenti come strumento necessario per attuare il governo nel mondo”, aveva detto l’ex magistrato nella sua rubrica de ‘L’Altra Storia d’Italia’.
Fra le carte però non si fa riferimento solo al traffico di armi leggere, "che venivano portate anche a mano, in cambio di stupefacenti" ma anche armi da guerra usate nei conflitti in corso all'epoca, come "la vendita di missili Exocet in Argentina durante la guerra per le isole Malvine", e soprattutto la vendita di armamenti nucleari.





"Tre ordigni", ha detto Palermo, "sarebbero stati acquistati dagli arabi in Libano con pagamenti sulla banca tedesca Deutsche Bank".
Da quanto riportato da Carlo Palermo, la cosiddetta "contrapposizione formale" tra gli Stati durante uno stato di guerra è solo apparente poiché a livello dei servizi segreti "avviene tutt'altra cosa". Cioè questo Governo della Guerra, durante un conflitto, sfruttando la sua rete di contatti e di conti bancari, è in grado di vendere armi a tutti gli schieramenti.


Le ombre delle logge sulla strage di Pizzolungo

Il 17 febbraio del 1985, dopo essersi scontrato per cinque anni con mafiosi, massoni deviati, agenti dei servizi segreti italiani e stranieri, e dopo aver subito il diktat romano che fece trasferire le sue indagini a Venezia, Carlo Palermo, su sua richiesta specifica , prese servizio presso la Procura della Repubblica di Trapani e il suo primo atto in quella sede fu la trasmissione di documenti riguardanti la fornitura alla Libia di tre containers contenenti materiale elettronico rigenerato collegati a un tale Antony Gabriel Tannoury, un libanese residente a Parigi considerato al tempo il braccio destro di Gheddafi.
Circa un mese dopo la strage venne scoperto ad Alcamo, in provincia di Trapani, il più grande laboratorio di morfina base d’Europa, sotto il controllo di Cosa Nostra e rifornito sempre dalla stessa organizzazione operante a Trento. Nel 1986, poco dopo il trasferimento del giudice Palermo a Roma (come funzionario del Ministero di Grazia a Giustizia), venne scoperta a Trapani, nascosta dietro la facciata del Centro studi “Scontrino”, una serie di logge massoniche coperte. Sede di incontri tra massoni, templari, politici, mafiosi – tra cui quelli indiziati di aver partecipato all’attentato di Pizzolungo – e dell’Associazione musulmani d’Italia presieduta dal sostituto in Sicilia di Gheddafi.
Negli anni successivi vennero portati al rinvio a giudizio boss mafiosi del calibro di Salvatore Riina e Vincenzo Virga, accusati di essere i mandanti della strage, mentre Baldassare di Maggio e Antonino Madonia vennero accusati di aver portato a Trapani l'esplosivo Brixia B5 impiegato nell'attentato. Nel 2002 Riina e Virga vennero condannati all'ergastolo la stessa pena venne inflitta anche nel 2004 a Baldassare Di Maggio mentre Antonino Madonia venne assolto. Un nuovo processo individuò Vincenzo Milazzo, Gioacchino Calabrò e Filippo Melodia come esecutori materiali della strage ma non più processabili in quanto irrevocabilmente assolti nel primo processo a Caltanissetta. Il 13 novembre del 2020 al processo “quater” sull’attentato, il boss dell'Acquasanta, Vincenzo Galatolo, oggi al 41 bis, venne condannato a 30 anni in qualità di mandante della strage. La condanna di Galatolo venne consacrata in sede definitiva il 14 giugno 2023.
Tuttavia ancora oggi non si conoscono i mandanti esterni di quella strage; ma i motivi, alla luce di quanto narrato, potrebbero essere abbastanza intuibili.

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