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Il giudice Carlo Palermo: "Mafia solo braccio armato"

Trentotto anni passati ed una verità ancora da scrivere. In due parole è questa la sintesi estrema delle commemorazioni che si sono tenute oggi a Pizzolungo in memoria della strage che il 2 aprile del 1985 ha visto morire a causa di un'autobomba una giovane madre, Barbara Rizzo, ed i suoi due gemellini di sei anni, Giuseppe e Salvatore Asta. 
Non erano loro l'obiettivo di quell'attentato, ma il giudice Carlo Palermo, giunto appena 50 giorni prima da Trento. 
L'allora magistrato e gli agenti di scorta Raffaele Di Mercurio, Totò La Porta, Nino Ruggirello, a cui si aggiungeva l’autista della blindata Rosario Maggio, rimasero feriti salvati dall'auto su cui viaggiavano la donna ed i due bambini che la macchina del giudice stava sorpassando nel momento esatto in cui esplose l’autobomba.
Di Barbara, Giuseppe e Salvatore dopo quell’istante infinito rimarrà ben poco: una macchia rossa su un muro di una casa, qualche brandello a metri di distanza e una scarpa da bambino.


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L'ex magistrato, e oggi avvocato, Carlo Palermo


E' altrettanto noto che tra i primi soccorritori del giudice Palermo c’era anche il padre e marito Nunzio Asta che non si accorse della presenza della famiglia. Verrà avvisato ore dopo da un poliziotto che al telefono gli chiese il numero di targa di quella Volkswagen guidata dalla moglie. Nunzio è poi morto di crepacuore nel 1993.
Per la strage si sono celebrati più processi. 
Il primo, iniziato il 10 novembre 1987, vedeva imputati Vincenzo Milazzo, Gioacchino Calabrò e Filippo Melodia. Il 19 novembre 1989 la Corte d’Assise di Caltanissetta condannò Vincenzo Milazzo, Filippo Melodia e Gioacchino Calabrò all’ergastolo per strage, in appello, però, vennero tutti assolti. Una sentenza confermata anche dal giudice Corrado Carnevale in Cassazione.


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Nel 2002 la procura di Caltanissetta chiese il rinvio a giudizio per altri quattro imputati: il capo indiscusso Totò Riina, il referente del mandamento di Trapani Vincenzo Virga, Antonino Madonia, uno dei killer più spietati dei corleonesi e Baldassare Di Maggio, già ai vertici del mandamento di San Giuseppe Jato, neo collaboratore di giustizia. Tutti condannati. E nei processi vi è la traccia che collega in qualche modo l'attentato ad altri delitti. Basti pensare che l'esplosivo usato era lo stesso che aveva fatto già la sua comparsa appena pochi mesi prima, il 23 dicembre 1984, quando fu utilizzato per dilaniare i vagoni del treno rapido 904 Napoli-Milano.
Lo scorso anno una nuova tappa con il quarto processo giunto alla sentenza d'appello e la condanna a 30 anni di carcere per il boss Vincenzo Galatolo, accusato di aver ordinato l'attentato.





Questa mattina, nel giorno della memoria, la richiesta di verità e giustizia non si è fermata. 
Accanto a Carlo Palermo c'erano le sorelle di Barbara Rizzo, Vita e Dorina, ed Enzo, zio di Margherita Asta (purtroppo assente per motivazioni personali), Vincenzo Agostino (padre di Nino Agostino, il poliziotto ucciso assieme alla moglie Ida nell'agosto 1989), Roberta Gatani (nipote di Paolo Borsellino) i membri delle associazioni Libera, Agende Rosse, i giovani di Our Voice e delle scuole venute da Sassuolo, il giornalista Rino Giacalone, la sindaca di Erice, Daniela Toscano e il sindaco di Trapani, Giacomo Tranchida.
Gisella Mammo Zagarella, referente dell’associazione Libera, ha evidenziato l’esigenza di ricordare la sofferenza delle famiglie delle vittime di mafia ed ha invitato la società civile ad impegnarsi in un momento così delicato come quello attuale dove diverse normative antimafia rischiano di essere colpite (vedi il nuovo codice sugli appalti, ndr). 


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Vincenzo Agostino, padre dell'agente Nino assassinato il 5 Agosto 1989 insieme alla moglie Ida Castelluccio, con Carlo Palermo


Particolarmente appassionato è stato l'intervento di Carlo Palermo che, partendo dall’importanza del ricordo delle vittime di mafia e della memoria da non disperdere, ha sottolineato l’esigenza di una maggiore chiarezza sui fatti di mafia che hanno riguardato il territorio trapanese, in particolare sugli altri “poteri occulti” che hanno orbitato attorno a quegli eventi. 
"La mafia - ha detto Palermo rivolgendosi soprattutto ai giovani - è stata solo il braccio operativo, cosa c'è dietro è sotto gli occhi di tutti: massoneria, Servizi, Gladio e Nato.
Però i processi sono arrivati fino ad un certo punto. La Nato (e in particolare Gladio) è una associazione segreta massonica a delinquere responsabile delle stragi operate in Italia da Pizzolungo in poi. Così come si diceva un tempo che non esisteva la mafia, a lungo, ancora oggi, non si vuole dire che c'è la massoneria". "A Trapani - ha proseguito Palermo - ci fu la loggia Scontrino, il centro Scorpione. Ci furono la droga ed i traffici internazionali, i traffici di Armi, l'omicidio di Mauro Rostagno e l'episodio mio; quello di Giacomelli e di Ciaccio Montalto. Tutti questi sono tra loro collegati e si deve guardare l'insieme". Successivamente l'ex magistrato ha anche parlato della Loggia Iside 2, scoperta a Trapani, che "non è stata mai sciolta, nonostante fosse previsto dalla legge Anselmi. Chiederò al Presidente del consiglio Giorgia Meloni lo scioglimento". 
Fatti, prove ed elementi che si incrociano tra presente e passato. 


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E allora vengono in mente le parole di Margherita Asta che lo scorso anno, alla lettura della sentenza contro il boss Galatolo parlava di "un piccolo tassello" che si aggiungeva nel percorso di verità "nella speranza che si apra dell'altro". "Ora abbiamo il collegamento della strage di Pizzolungo con quella strategia di attacco allo Stato perpetrata da Cosa nostra negli anni Ottanta e Novanta - affermava Margherita - E sappiamo cosa accadeva a vicolo Pipitone. Un tassello che si aggiunge a quella condanna di Riina e Virga come mandanti. In quel processo venne messo nero su bianco il cortocircuito che c'è stato sui veri esecutori materiali della strage e che il processo argomentativo che fu sviluppato era totalmente errato. Nella sentenza che riguarda il boss Madonia, invece, si parla del movente e si dice che la forza della mafia è nella 'strutturale collusione con settori importanti dello stato ed in definitiva nella garanzia di poter lucrare comunque attraverso manovre, contatti, alleanze e scambi ‘latu sensu’ politici l’assoluta impunità'. Ecco io spero tanto che la condanna di Galatolo possa contribuire a svelare le 'strutturali collusioni'". E su questo c'è ancora molto da fare. 

Foto © ACFB

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