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Il condirettore dell’AGI commenta gli attacchi del professore Visconti al magistrato di Palermo e Saverio Lodato

È passato un mese da quando il professor Costantino Visconti, docente di diritto penale all'università di Palermo, intervistato da Ermes Antonucci per Il Foglio (dal titolo “No alla fuffa antimafia”), di fatto auspica bavagli e censure contro lo storico giornalista Saverio Lodato e il sostituto procuratore nazionale antimafia Nino Di Matteo. Un articolo che sollevò non poche polemiche all’interno dell’Antimafia perché invitava le scuole e le università a non invitare più i due perché, scriveva il professore, “bisogna insegnare bene la storia […]. È chiaro che fino a quando nelle scuole si continueranno a invitare Saverio Lodato e Nino Di Matteo, che dicono che lo stato è marcio, si darà un messaggio diverso alle nuove generazioni. Bisogna spiegare che lo stato c’è, e che è più forte delle mafie, perché questo è un dato inconfutabile”. Parole false, oltre che offensive, perché i due non hanno mai generalizzato affermando che lo Stato è marcio, bensì che alcuni suoi rappresentanti sono infedeli perché hanno trattato con Cosa nostra negli anni delle stragi. Settembre si avvicina e con esso l’inizio del nuovo anno scolastico e accademico. Per commentare la vicenda abbiamo intervistato il giornalista e scrittore Paolo Borrometi, condirettore dell’AGI.

Quando ha letto le dichiarazioni del professore Visconti su Di Matteo e Lodato, cos’ha pensato?
Mi sono stupito molto, perché non riuscivo a immaginare che uno studioso come il professore Costantino Visconti potesse pensare e affermare ciò che poi ha detto. Innanzitutto, perché alla base di ogni cosa c’è l’art.21 della Costituzione, che sancisce la possibilità di ognuno di esprimere la propria opinione, anche se quell’opinione non piace o è impopolare.

Se da un lato Nino Di Matteo è visto come un punto di riferimento, specie dai più giovani, dall’altro lato c’è chi lo ritiene un magistrato scomodo.
Nino Di Matteo
è un magistrato che in tutti questi anni ha semplicemente fatto il proprio dovere e ha tentato in ogni modo di arrivare alla giustizia e alla verità, nel suo caso processuale. Anche su una vicenda che riguarda la trattativa che c’è stata negli anni ’90 tra pezzi di Stato e la mafia. Una trattativa ormai certa aldilà della sentenza di Cassazione, che aveva come reato contestato quello di minaccia a corpo politico dello Stato. Quindi la presenza di Nino Di Matteo all’interno delle scuole è fondamentale per far comprendere ai ragazzi innanzitutto il senso e l’importanza della magistratura, perché Di Matteo è un magistrato autorevolissimo e i ragazzi hanno il diritto di avere la possibilità di confrontarsi con magistrati come lui.

Il professore Visconti nella sua lettera parlava di “fuffa dell’antimafia”. Così però non si corre il rischio di squalificare in partenza la controparte senza entrare nel merito?
Penso che il rispetto per le opinioni di ogni persona passi innanzitutto dal non denigrare la professionalità della persona che abbiamo davanti.


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Il prof. Costantino Visconti


A Palermo negli ultimi anni ci sono tantissimi giovani che hanno manifestato più volte per andare contro l’antimafia delle passerelle e della retorica. Una larga fetta di società che ha criticato fatti specifici, avanzando anche delle proposte. Stiamo assistendo ad una nuova “primavera” dell’antimafia?
Sono convinto che l’antimafia più bella - e quindi necessaria - sia quella che sta emergendo sempre più a Palermo: l’antimafia sociale. Ne sono profondamente convinto perché credo che siano i ragazzi, soprattutto, ad essere molto più avanti della classe politica che ci governa. E non mi riferisco solo a questo momento storico, ma ai diversi governi che si sono susseguiti nel tempo. Ho grande speranza nei confronti di questo nuovo movimento antimafia, a volte spontaneo, perché ricorda un po’ la nascita del primo movimento antimafia. Ricorda anche il periodo dei lenzuoli bianchi. Rievoca nella mia mente un periodo storico che penso sia un punto di riferimento. Ed è meraviglioso. Ripongo grande speranza verso questi giovani che da Palermo, ma non solo, rappresentano la più bella antimafia giovanile che si possa immaginare e sperare in questo Paese.

Settembre è il mese simbolo del ritorno fra i banchi di scuola e nelle aule universitarie. Il Governo Meloni si è sempre dichiarato in prima linea contro la mafia. Eppure, il sistema scolastico ancora ha grosse lacune sul tema. Cosa dovrebbe fare di più la scuola e l’università in tema di antimafia?
Innanzitutto, si parla troppo poco di antimafia nelle scuole, specie quella sociale. Ora però non mi riferisco soltanto alle persone che vengono invitate e quindi alla possibilità di ospitare persone come Nino Di Matteo. Non tutte le scuole e le università hanno questa possibilità. Per questo dovremmo allargare di più l’idea dei programmi scolastici per comprendere anche ciò che è stata la storia contemporanea, che probabilmente contemporanea non è più. La storia cioè del secolo scorso che troppe volte si ferma alla Seconda guerra mondiale, senza così affrontare un periodo storico che inevitabilmente ha influenzato gli anni che stiamo vivendo. Mi riferisco agli anni ’80 e ’90, per esempio; quindi, gli anni delle stragi, ma anche gli anni di piombo, ciò che avvenne prima e dopo. Questo è un “vulnus” del nostro sistema scolastico perché non consegna ai ragazzi la possibilità di studiare il secolo breve, studiarlo nella sua interezza e quindi formarsi un proprio convincimento.

Foto © Imagoeconomica

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La rubrica di Saverio Lodato


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