di Giorgio Bongiovanni
Israele è uno Stato terrorista o uno Stato liberale? Hamas è un’organizzazione terroristica o un movimento di liberazione nazionale? Com’è potuto accadere che l’Europa abbia pensato che uno Stato forte come la Russia sarebbe stato sconfitto da uno Stato debole come l’Ucraina? E che ne sarà del futuro di quest’ultima? E della guerra a Gaza? Cosa c’è da aspettarsi domani? Sono queste le domande che Alessandro Orsini, direttore del Centro per lo Studio del Terrorismo dell’Università di Roma Tor Vergata e docente di Sociologia del terrorismo alla LUISS, si è posto nel suo ultimo libro “Ucraina Palestina. Il terrorismo di Stato nelle relazioni internazionali” (ed. Paper First).
In questa ultima fatica, Orsini parla della guerra in Ucraina e dell’aggressione israeliana nella Striscia scardinando i luoghi comuni e le fake news diffuse dai media dominanti. Con la sua prosa semplice e diretta, Orsini ricorre alla teoria sociologica per fornire una nuova interpretazione delle guerre in corso, mettendo in crisi gli schemi mentali con cui l'uomo eurocentrico - che vive di pregiudizi e frasi fatte - percepisce, giudica e valuta la politica internazionale. Il libro introduce, per la prima volta in Italia, la letteratura sul terrorismo di Stato che Orsini applica al caso d'Israele. Il libro racchiude molte delle analisi che il docente ha fatto negli ultimi due anni al grande pubblico - non senza ostacoli e delegittimazioni da parte di certi politici e certi giornalisti - su Il Fatto Quotidiano, nelle sue ospitate tv, nel suo canale You Tube e sul suo blog sicurezzainternazionale.com.
L’autore utilizza la teoria sociologica per offrire, attraverso un linguaggio semplice e diretto, una nuova prospettiva sulla guerra in corso in Ucraina e Palestina. Ogni capitolo del libro è dedicato a un tema al centro del dibattito internazionale.
Il primo capitolo è dedicato ai complessi di superiorità che hanno spinto l’Occidente a sottovalutare e dileggiare la Russia. Il secondo è dedicato a Hamas e all’attentato del 7 ottobre 2023. Il terzo al bombardamento di Gaza e al regime israeliano nei territori palestinesi. Il quarto contiene quattro lezioni sulla mentalità scientifica per imparare ad analizzare la politica internazionale senza complessi di superiorità eurocentrici. Il quinto capitolo parla delle previsioni di Orsini sulla guerra in Ucraina e introduce il dibattito epistemologico sulla previsione nelle scienze sociali, con esempi molto semplici legati all’invasione di Putin. Il volume è scevro da condizionamenti emotivi e schieramenti da tifoseria, come richiede un testo di sociologia. “Ucraina-Palestina” è un manuale scientifico, attento e molto documentato, che fornisce strumenti per impostare un dibattito culturale, strategico e politico, sulla sicurezza internazionale e sulle guerre in generale. Orsini utilizza il realismo politico che caratterizza la scienza della sociologia - perché di scienza si tratta - rifacendosi a grandi sociologi e intellettuali del secolo scorso. Dai maestri del sospetto come Marx, Nietzsche e Freud fino ad Edward Said, Homi K. Bhabha, Gayatri Chakravorty Spivak. E poi ancora Machiavelli, Gaetano Mosca, Vilfredo Pareto, Robert Michels, Max Weber e Noam Chomsky.
Vladimir Putin © Imagoeconomica
L’eurocentrismo dell'"Uomo del Corriere della Sera"
Una delle pietre angolari del volume di Orsini riguarda l’etnocentrismo, o meglio l’eurocentrismo, che l’autore attribuisce alle società occidentali. Il docente sul punto si focalizza sui giornali occidentali, veri e propri registi di narrative belliciste e menzognere sulle guerre.
Orsini usa l’espressione “ambienti del Corriere della Sera” perché “Il Corriere della Sera rappresenta, nel modo più compiuto, il punto di vista dell’Occidente ‘superiore’, il punto di vista di quelle élites politiche, economiche e culturali, che concepiscono l’Europa come una forma superiore di civiltà, unico punto di riferimento morale per giudicare gli avvenimenti del mondo”. In questo senso, Orsini usa anche l’espressione “uomo del Corriere della Sera” “per indicare l’uomo medio occidentale convinto che l’Occidente sia l’incarnazione del Bene universale”. L’autore è convinto che “i complessi di superiorità dell’uomo eurocentrico distorcono la storia o la negano”. “I popoli evitano le domande che mettono in discussione i loro complessi di superiorità. I complessi di superiorità forniscono una grande sicurezza ontologica e impediscono agli individui di mettersi in discussione. Reputarsi superiori agli altri, fino al punto di credersi invincibili, procura una sensazione psicologica inebriante, da cui si finisce per diventare dipendenti”. Secondo Orsini “le riflessioni critiche sono sempre molto difficili quando investono l’identità di una civiltà. L’identità della civiltà occidentale si fonda sull’idea di superiorità rispetto al resto del mondo”. Ancora. Orsini si chiede: “Chi viola maggiormente il diritto internazionale in Medio Oriente tra l’Iran e l’Occidente?”. “La documentazione storica non lascia dubbi: l’Occidente. Tuttavia, i complessi di superiorità non consentono all’Occidente di vedere ciò che è autoevidente”.
Come l’etnocentrismo ha influito nella guerra in Ucraina
Scendendo nel cuore del libro rispetto al conflitto russo-ucraino, Orsini ricorda che “subito dopo l’invasione dell’Ucraina, gli ambienti del Corriere della Sera hanno sfoggiato cinque pregiudizi etnocentrici che hanno prodotto altrettante previsioni errate: il pregiudizio economico, militare, intellettivo, industriale e morale". "I media italiani non hanno avviato una riflessione autocritica sui complessi di superiorità che hanno causato la sottovalutazione della Russia”.
“Avendo sottovalutato la Russia, l’Occidente ha precipitato l’Ucraina in una tragedia dalla quale Kiev non può più uscire. Nel marzo 2022 la Russia e l’Ucraina si erano accordate per porre fine alla guerra dopo un solo mese di combattimenti, ma gli Stati Uniti e l’Inghilterra convinsero Zelensky a non firmare gli accordi, certi che la Russia fosse debole e che il tempo avrebbe favorito gli ucraini”. Finì che il 30 settembre 2022 la Russia avrebbe annesso quattro regioni: Donetsk, Lugansk, Zaporizhzhia e Kherson. Tutte tuttora sotto il proprio controllo.
“I fatti avrebbero nuovamente smentito i complessi di superiorità dell’Occidente (nella guerra in Ucraina, ndr)”. Secondo Alessandro Orsini “i complessi di superiorità hanno indotto gli analisti italiani a credere che la Russia sarebbe rimasta isolata diventando uno 'Stato paria' disprezzato da tutti”. Ma così non è stato. "Anziché rimanere isolata, la Russia ha trovato molti alleati per aggirare le sanzioni occidentali contro il suo petrolio, incluse Cina e India, gli Stati più popolosi del mondo”, spiega Orsini. “I complessi di superiorità dell’Occidente hanno impedito alle sue élites di prevedere tutto questo”. Orsini ricorda che i complessi di superiorità dell’Occidente hanno caratterizzato le politiche di molti leader europei come l’ex premier italiano Mario Draghi che aveva adottato sanzioni contro Mosca. Sanzioni rivelatesi “un fallimento completo - commenta Orsini - ritorcendosi addirittura contro l’Unione europea. Il barile russo è salito di prezzo; le casse russe si sono rimpinguate”, ha osservato l’autore. Non da sottovalutare l’atteggiamento dell’Arabia Saudita che “anziché schierarsi con l’Occidente, ha preferito aiutare la Russia riducendo i barili di petrolio che immette nel mercato”. “Da una parte, il petrolio è diminuito; dall’altra, la domanda mondiale è rimasta alta. La Russia, che vende, si è arricchita; l’Unione europea, che compra, si è impoverita”.
Il presidente USA, Joe Biden
La Guerra in Ucraina ha favorito solo Washington
Orsini osserva che da questa guerra gli unici a trarne benefici sono gli Stati Uniti, che “hanno ricevuto molti vantaggi dalla guerra per procura in Ucraina”. Orsini ne elenca quattro “il primo è stato la separazione della Russia dall’Europa, più in particolare, la separazione della Russia dalla Germania. Gli Stati Uniti erano molto preoccupati che l’alleanza tra la Germania e la Russia, cementata dal North Stream 2, avrebbe indebolito il predominio americano sull’Europa. Il secondo vantaggio è stato l’ampliamento della Nato. La guerra in Ucraina ha consentito il rapido ingresso di Finlandia e Svezia nell’Alleanza Atlantica”. Il terzo vantaggio e il quarto vantaggio sono meramente economici e vedono le quote in borsa dei colossi di armamenti USA schizzare alle stelle. “Il terzo vantaggio è stato l’espansione della Nato ai confini della Russia. Quando un nuovo Paese aderisce alla Nato, l’industria militare americana si arricchisce giacché i Paesi Nato comprano le loro armi prevalentemente dagli Stati Uniti. La guerra in Ucraina ha aumentato la vendita di armi americane enormemente”. Ricorda il professore della LUISS che tra il 2019 e il 2023 gli Stati europei hanno aumentato le loro importazioni del 94%. Il più grande venditore sono gli Stati Uniti che, aumentando il volume di affari del 17%, coprono il 42% del mercato. Nel quinquennio 2014-2018, l’Europa aveva importato il 35% delle sue forniture militari dagli Stati Uniti. Questo dato è salito al 55% tra il 2019 e il 2023. In questo stesso periodo, gli Stati Uniti hanno consegnato armi a 107 Paesi, il numero più grande mai raggiunto da qualsiasi altro esportatore di armi. “Il quarto vantaggio della guerra in Ucraina per gli Stati Uniti è la condizione di paura permanente in cui l’Europa è costretta a vivere a causa della trasformazione dell’economia russa in economia di guerra. Un colosso come la Russia spaventa chiunque nel momento in cui iper-produce armi”. Questo richiama l’Europa a chiedere maggiori investimenti in difesa oltre che la protezione degli Stati Uniti in caso di attacco diretto di Mosca (molto probabilmente con armi nucleari).
Il terrorismo di Stato di Israele e il terrorismo di Hamas
Venendo all’altro tema principale del libro, la guerra a Gaza, Alessandro Orsini analizza la costituzione dei due attori in campo - Israele e Hamas - e le azioni di entrambi in questi sette mesi di guerra. Ovvero dai fatti del 7 ottobre con l’attacco di Hamas nei kibbutz e nelle basi militari israeliane e l’immediata risposta israeliana, ben presto sfociata in quella che l’autore chiama “sterminio”. In entrambi i casi Orsini non usa mezzi termini: entrambi esercitano pratiche di terrorismo. Secondo il docente “Hamas può essere definita in due modi diversi: un’organizzazione terroristica che persegue la liberazione nazionale oppure un movimento di liberazione nazionale che utilizza il terrorismo. Il terrorismo è presente in entrambi i casi”. Giudizio netto, il suo, anche nei confronti dello Stato ebraico. “Considero Israele uno Stato terrorista perché presenta le caratteristiche fondamentali degli Stati del terrore. Gli Stati del terrore presentano sempre alcune differenze importanti tra loro. Israele presenta le proprie specificità. L’osservazione sociologica mostra chiaramente che Israele opera attraverso le proprie istituzioni per imporre ai palestinesi di vivere nel terrore”. E tornando ai fatti del 7 ottobre, scrive Orsini: “Siccome Israele non può distruggere Hamas direttamente, allora usa il terrorismo di Stato contro gli abitanti di Gaza che, in base al punto di vista israeliano, sostengono Hamas. Israele uccide i civili a Gaza per ridurre il sostegno popolare verso Hamas. Israele cerca di indebolire Hamas indirettamente: ecco perché si chiama teoria della guerra indiretta”. E ancora. “Per non perdere il sostegno della popolazione civile, Hamas vendica i palestinesi uccidendo i civili israeliani e per colpire indirettamente il governo. Ogni parte usa il terrorismo nella speranza di ridurre il sostegno popolare al terrorismo dell’altra parte. Il risultato è opposto a quello desiderato, ovvero l’escalation. Il terrorismo di Stato e il terrorismo degli attori non statali vanno fuori controllo”. Spiega sempre Orsini che “con l’attentato del 7 ottobre, Hamas ha utilizzato la cosiddetta “strategia della provocazione”. Ha realizzato la strage per provocare la reazione d’Israele sperando di ottenere almeno uno dei seguenti effetti: lo scoppio di una guerra tra Israele e qualche Paese islamico; la fine degli accordi di Abramo; la sensibilizzazione dell’opinione pubblica internazionale alla causa palestinese; la propria affermazione come unico difensore dei palestinesi per sovrastare i rivali dell’Autorità Nazionale Palestinese”.
Miliziani di Hamas
Il tribunale dell’Aja nelle mani degli Stati Uniti
Nel libro, infine, Orsini affronta il tema della condotta doppiopesista. Gli inglesi lo chiamano “Double standard” ed è quel fenomeno che vede l'applicazione di principi di giudizio diversi per situazioni simili che e pervade la politica internazionale, specialmente quella occidentale. Un fenomeno caratterizzato dai sentimenti. “Quando i sentimenti non sono in accordo con i ragionamenti, i ragionamenti si adeguano ai sentimenti. Un esempio di doppiopesismo è rappresentato dall’Europa”. Orsini ricorda alcuni esempi di doppiopesismo. “La Commissione europea ha punito l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia con sanzioni molto dure. Tuttavia, si è rifiutata di assumere misure punitive per l’occupazione israeliana delle terre palestinesi e il massacro di Gaza”. Ancora. “Un altro caso di doppiopesismo è stata la decisione della Corte penale internazionale di spiccare un mandato di arresto contro Putin con l’accusa di aver rapito alcuni bambini ucraini (17 marzo 2023). Tuttavia, la Corte penale internazionale non ha spiccato un mandato di cattura contro Netanyahu per aver ucciso più di 12.000 bambini palestinesi in cinque mesi”. Questo paragone tra Netanyahu e Putin è ovviamente precedente alla notizia giunta la scorsa settimana da un quotidiano israeliano della possibilità di un mandato di cattura che potrebbe essere spiccato dalla CPI.
Tuttavia il doppiopesismo denunciato da Orsini regge perché la corte potrebbe soprassedere se Netanyahu firmasse la tregua voluta da Washington e Londra. E Israele, insieme all’amministrazione Biden si è già mossa per scongiurare questo rischio pressando il procuratore Khan. Si tratta dell’ennesima dimostrazione che la Cpi è un organo politico travestito da tribunale, che processa solo chi fa comodo al Deep State americano. Il tribunale dell’Aja è un tribunale nelle mani degli Stati Uniti d’America. Il libro di Orsini dimostra chiaramente come il diritto internazionale valga solo per determinate paesi. Stati Uniti in primis, da cui, abbiamo ragione di credere, il tribunale internazionale dipende totalmente seppure gli Stati Uniti non lo riconoscano come Israele e Russia. Il tribunale dell’Aja è stato creato nel 1998 dopo i crimini commessi in Ex Jugoslavia. All’Aja sono stati condannati assassini come Ratko Mladic e Radovan Karadzic, autori del massacro di Srebrenica. Personaggi nemici degli Stati Uniti anzitutto perché comunisti (oltre che efferati criminali di guerra). Ma criminali di guerra lo sono stati anche diversi presidenti americani come Joe Biden, Barack Obama e Hillary Clinton per la guerra in Libia e i Bush per la guerra in Afghanistan ed Iraq. E’ evidente che il tribunale dell’Aja perseguiti solo chi fa comodo all’Occidente perché è un tribunale politicizzato. La legge non è uguale per tutti. E difficilmente Netanyahu, proprio per il doppiopesismo di cui parla Orsini, finirà sul banco degli imputati per il genocidio che sta compiendo a Gaza.
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