
Incontro alla Feltrinelli di Messina con il condirettore dell'Agi, Fabio Repici e Giuseppe Antoci
In Italia, la ricerca della verità spesso si trasforma in un percorso tortuoso, dove stragi e delitti rimangono impuniti. Tuttavia, cosa accade quando chi ricerca la verità viene diffamato e la sua credibilità messa in dubbio? Questa spinosa questione della storia italiana è stata affrontata durante la presentazione di "Traditori" presso la Feltrinelli di Messina.
Il giornalista e scrittore Paolo Borrometi, che da poco è diventato condirettore dell'Agi, ha svelato i contenuti del suo ultimo libro gettando luce su una strategia chiamata "mascariamento", utilizzata dai criminali per seminare confusione e proteggere i loro interessi. Durante il suo intervento, Borrometi ha guidato il pubblico in un viaggio storico che ha avuto inizio con lo sbarco degli americani in Sicilia nel 1943 e si è esteso fino ai giorni nostri, esplorando anomalie, depistaggi e zone d'ombra. "Questo libro è frutto di una visione che io avevo da giovane e cioè che il marcio sta tutto da una parte e il bene tutto da un altra. I traditori sono tutti quelli che hanno tradito il loro giurato sulla divisa e sulla Costituzione, ma traditori sono anche tutti coloro che hanno tessono in seconda luce e non in prima luce i veri servitori i di questo Stato, che sono l'assoluta maggioranza e che noi troppo spesso ci dimentichiamo" ha detto Borrometi. Nel corso dell'evento, l'autore ha dialogato con Fabio Repici, stimato avvocato penalista che rappresenta i familiari delle vittime di delitti di mafia degli ultimi decenni. Grazie alla sua vasta esperienza, è stato possibile approfondire il tema della giustizia distorta e delle tattiche utilizzate per occultare la verità. "Il deragliamento da parte di molti personaggi delle istituzioni" rispetto ai propri doveri e di come i "tradimenti di personaggi pubblici abbiano segnato la storia d'Italia" è ciò che venie raccontato nel libro. Paolo Borrometi ha narrato molte di quelle verità scomode che vengono "del tutto trascurate nel racconto pubblico”, ha detto Repici.
A dare un contributo prezioso è stato anche Giuseppe Antoci, già presidente del Parco dei Nebrodi e presidente onorario della Fondazione Caponnetto, noto per il suo impegno contro la mafia e per aver redatto il "protocollo Antoci", un documento che stabilisce l'obbligo di presentare il certificato antimafia anche per gli affitti di terreni di valore inferiore a 150mila euro.
L'opera di mascariamento descritta nel libro aveva già colpito anni addietro "Giovanni Falcone con la vicenda dell'Addaura, Paolo Borsellino che veniva" accusato "di voler fare il protagonista e Giuseppe Impastato. L'elenco è lungo" ha detto Antoci ricordando che gli autori dei depistaggi "molto speso hanno anche la tracotanza di presentarsi alle commemorazioni e battere le mani”.
Perché nasce il depistaggio?
"Ci sono tutta una serie di interessi" sia della mafia ma "anche della politica".
"Nel mio caso la sicurezza è stata aumentata - ha detto riferendosi all'attentato subito - ma ci sono state tante altre persone che prima di morire di tritolo, di colpi di fucile o di pistola sono morti di solitudine. E quindi l'attività di delegittimazione è rischiosissima, perché tanta di isolare le persone".
"In questo Paese i depistaggi hanno fatto la differenza", come quello che è "successo per Graziella Campagna e per Giuseppe Antoci" ha ribadito Borrometi.
"Il primo grande depistato di questo Paese segue alla prima strage di Stato, cioè quella di Portella della Ginestra" del 1 maggio 1947.
Su quella data "vi è ancora il segreto di Stato. Perché anche se noi sappiamo chi sono gli esecutori materiali (Giuliano e la sua banda ndr) non sappiamo, perché c'è il segreto di Stato, chi siano stati i mandanti". E il primo depistaggio viene proprio da lì "perché ucciso Salvatore Giuliano" i "carabinieri dissero: 'è stato ucciso in un conflitto a fuoco'. Manco per niente. Era stato ucciso dal suo uomo più vicino Gaspare Pisciotta. A lui era stato garantito un salvacondotto ma venne arrestato e condannato. A questo punto disse: 'rivelerò i nomi dei mandanti'. Poco tempo dopo venne avvelenato con un caffè alla stricnina nel carcere dell'Ucciardone a Palermo".
La storia dei depistaggi si protrae fino alla strage di Bologna, sulla quale non "c'è ancora piena verità". Anche in quella vicenda "c'è stato un altro dei più gradi depistaggi di questo Paese orchestrato addirittura da Licio Gelli".
Nel libro si parla anche dell'omicidio di Attilio Manca: "Io son sicuro che è stato deciso nella provincia di Messina" ha detto Borrometi, e Attilio è stato "infangato in questo territorio, in questa provincia. Ed è questa la provincia che lascia soli i suoi genitori”.
Foto © Edg
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