Il terzo episodio del podcast sull'urologo assassinato
Non passava giorno che Attilio Manca non sentisse telefonicamente i suoi genitori.
Saranno proprio loro a sentire per l’ultima volta la sua voce: nella mattinata dell'11 febbraio 2004, Attilio chiese loro di controllare una motocicletta che si trovava a Tonnarella, vicino a Barcellona Pozzo di Gotto.
Di questa telefonata si perderà ogni traccia.
I genitori di Attilio ne riferirono l’esistenza: la procura di Viterbo avrebbe potuto eseguire degli accertamenti con Telecom Italia, ma questo non venne fatto. Si legge tra le carte della commissione antimafia che la compagnia telefonica aveva risposto che "il tabulato potrebbe non documentare chiamate per problemi tecnici non prevedibili né rilevabili. Telecom Italia, su richiesta delle singole Autorità, è a disposizione per effettuare apposite ulteriori elaborazioni ed estrazioni di dati che possano eventualmente integrare quanto contenuto nel presente tabulato". Integrazioni che, "a quanto è dato sapere, non sono mai state richieste dall'autorità giudiziaria viterbese", ha scritto la commissione.
La Procura, invece di scavare, tesse dubbi sulla memoria della madre di Attilio, insinuando un groviglio temporale. Ma la commissione antimafia respinge questa ipotesi, ritenendola inconsistente alla luce della frequenza serrata delle comunicazioni telefoniche tra Attilio e i suoi genitori.
Nelle settimane successive all'atroce fine del figlio, i genitori di Attilio apprendono che la motocicletta menzionata nella telefonata, parcheggiata nella residenza estiva di Tonnarella, (contrada a metà strada tra i comuni di Terme Vigliatore e di Furnari, entrambi in provincia di Messina), è funzionante. Una chiamata enigmatica, dunque. Come un possibile segnale lanciato nel disperato tentativo di lasciare una traccia?
Quella telefonata, apparentemente senza senso, quindi, poteva essere il disperato tentativo di lanciare un segnale?
Nella giornata dell’11 febbraio, il suo telefono squilla in continuazione, ma lui non risponde. Una collega infermiera, preoccupata, telefona e invia SMS più volte. Anche altri colleghi cercano di mettersi in contatto con lui, ma inutilmente. A partire da quella telefonata delle 9:30 a sua madre che non risulta nei tabulati. Perché Attilio quel giorno chiude i rapporti con tutti? C’è qualcuno che glielo impedisce? E Perché? E cosa c'entra Tonnarella?
A fare riferimento a quel territorio furono le parole registrate da un'intercettazione ambientale del 13 gennaio 2007 di Vincenza Bisognano, sorella del boss barcellonese Carmelo Bisognano (oggi collaboratore di giustizia), mentre si trova in auto assieme al suo convivente Sebastiano Genovese e a una coppia di amici. I quattro iniziarono a parlare della vicenda di Attilio Manca, collegandola alla presenza di Provenzano a Barcellona Pozzo di Gotto. Uno degli uomini in macchina, Massimo Biondo, affermò con estrema certezza che il capo di Cosa nostra si nascose per un periodo proprio nella cittadina messinese e, riferendosi ad Attilio Manca, aggiunse: 'Però sinceramente, questo ragazzo era a Roma, a chi doveva dare fastidio?'. A quel punto, Vincenza Bisognano rispose: 'Perché l'aveva riconosciuto'. Il soggetto a cui si sta facendo riferimento era evidentemente il boss Bernardo Provenzano, tanto che Biondo subito dopo incalzò: 'Lo sanno pure le panchine del parco che Provenzano era latitante a Portorosa... cioè lo sanno tutti'. Portorosa è a un passo da Tonnarella. Questa intercettazione ambientale ha fatto parte di una delle opposizioni alle richieste di archiviazione della procura di Viterbo, ma la stessa procura aveva omesso di trasmettere gli atti alla direzione distrettuale antimafia di Roma.
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