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di AMDuemila
Se mancano i risultati è colpa mia”. Ma promette “insisteremo con le autorità egiziane

"L'Egitto nei nostri confronti ha molta attenzione: abbiamo capacità in certi contesti di dialogare dove altri non riescono. Questa attenzione ho sempre cercato di utilizzarla anche per intensificare il dialogo anziché prospettarne l'interruzione”. A dirlo è il presidente del Consiglio Giuseppe Conte, audito ieri notte davanti alla Commissione d’inchiesta sul caso Regeni per riferire in merito ai progressi del governo italiano con quello egiziano in merito alla ricerca della verità sul delitto del giovane Giulio Regeni, e la recente vendita al regime di Abdel Fattah Al Sisi di due fregate italiane. “Io stesso - ha aggiunto - se trascorrendo del tempo non avessi visto risultati concreti, avrei invitato il gabinetto dei ministri a valutare come soluzione spendibile e utile l'interruzione dei rapporti. Ma essendomi insediato quando già in passato si erano interrotti i rapporti, mi sono convinto che l'intensificazione del dialogo, cogliere dall'Egitto l'interesse nei confronti del premier italiano, andasse volto per ottenere un risultato che però, mi rendo conto, stenta ancora a produrre dei risultati concreti”. Nelle oltre due ore di audizione Conte ha dichiarato che "la lentezza della 'collaborazione'" delle autorità egiziane sulla morte di Giulio Regeniè una preoccupazione che condivido e ho rappresentato ad Al Sisi, anche il 14 gennaio di quest'anno quando sono stato al Cairo a vedere il presidente al Sisi. Ho espresso costernazione e sollecitato una ripresa della collaborazione. Ho sempre ribadito come la vicenda Regeni per l'Italia è un vulnus, una ferita che non può essere rimarginata e che richiede l'accertamento della verità giudiziaria". Per questo motivo, ha aggiunto il presidente del Consiglio, “non sarà mai possibile una visita di stato, con tutti gli onori, in Egitto”.

Ammissione di responsabilità
Giuseppe Conte ha detto alla Commissione d’Inchiesta sul caso Regeni di aver “incontrato 6-7 volte Al Sisi". "Parlare guardandosi negli occhi ed esprimendo tutto il rammarico vis a vis non ha portato a risultati, non sono stato capace. L'ho detto alla famiglia Regeni quando l'ho incontrata. Loro erano dispiaciuti del fatto che con la rappresentanza diplomatica al Cairo non ottenessimo risultati, io ho detto loro che se la devono prendere con me che incontro al Sisi. Se c’è incapacità di raggiungere risultati maggiori lo potete imputare a me direttamente". “C’è stato qualche momento in cui si è pensato ad una reazione istintiva, un moto d'orgoglio, ma nessuno ha la certezza su quale sia il comportamento più giusto per ottenere un risultato. Prevale però poi l'atteggiamento più razionale: se otterremo risultati sarà perseverando, insistendo, continuando a battere i pugni sul tavolo".

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Per Conte, comunque, "non c’è stata assoluta stasi, ci sono stati piccoli passi avanti, inappaganti, ma c’è un'autorità giudiziaria che sta lavorando con grandissima determinazione, una comunità internazionale che non si stancherà mai di chiedere verità ed un Governo che continuerà ad insistere e ad esercitare pressione. Meglio il dialogo, per quanto a tratti frustrante - ha ribadito - piuttosto che un'interruzione dei rapporti". Nel frattempo si attende il prossimo 1° luglio data del dodicesimo incontro tra i pm italiani e quelli della procura generale de Il Cairo. Un bilaterale cruciale tra procure per capire se passi avanti concreti sono possibili. I magistrati di Roma, titolari dell’inchiesta, attendono risposte sulle richieste avanzate su alcuni tabulati telefonici e sulla rogatoria inviata ad aprile 2019 con la quale si chiede all'autorità giudiziaria del Cairo conferme sulla presenza a Nairobi, nell'agosto del 2017, di uno dei cinque indagati a Roma, il maggiore Magdi Ibrahim Abdel Sharif, che secondo un testimone avrebbe raccontato delle "modalità del sequestro di Giulio" nel corso di un pranzo.

Le parole di Palazzotto
Questa mattina Erasmo Palazzotto, presidente della commissione d’inchiesta sul caso Regeni, ha rilasciato un’intervista commentando l’audizione del premier. "Conte mi è sembrato sincero nel dire che il suo impegno è massimo. La politica deve assumersi una responsabilità, la nascita della commissione d'inchiesta dimostra la volontà del Parlamento di ottenere verità e giustizia. Proveremo ad andare fino in fondo, anche andando ad accertare le responsabilità politiche. Mi sembra che Conte sia stato onesto nel dire che ci sia una difficoltà in questa vicenda e allo stesso modo nel dire che stia decidendo di fare passi in avanti. Abbiamo chiesto di mettere anche delle condizioni: decidere di vendere armi all'Egitto, riconoscendolo come partner principale del Mediterraneo e paese alleato e amico, significa anche esporsi”, ha detto Palazzotto ospite di Circo Massimo su Capital. "Immagino ci dovrà essere una risposta adeguata dell'Egitto a un segnale di questo tipo, ma ho il timore - aggiunge - che questa risposta non arrivi. Il primo luglio c'è un incontro tra le procure, mi auguro sia il luogo dove possano arrivano i primi segnali. Se non dovessero arrivare, spero che il governo italiano sia in grado di ripensare alla sua strategia e anche di rimettere in discussione alcune scelte. La procura di Roma ha fatto un lavoro straordinario, è riuscita con qualche brandello di prova a ricostruire un quadro abbastanza completo. Sappiamo con certezza che Regeni è stato rapito, torturato e ucciso dai servizi di sicurezza egiziani, abbiamo 5 nomi che sono coloro che hanno per mesi pedinato, rapito e probabilmente ucciso Regeni. Sono anche gli autori del depistaggio". "Il quadro delle indagini è avanzato, il problema che non c'è alcuna collaborazione da parte dell'Egitto per assicurare alla giustizia queste persone e quindi per affermare la verità processuale. Compito della commissione è quello di ricostruire di affermare una verità storica e politica, sperando che nel frattempo si riesca a ottenere quella giurisdizionale", ha concluso.

Foto © Imagoeconomica

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