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Biden cerca di mediare con i giudici della CPI mentre la sua amministrazione sente il governo israeliano per scongiurare il pericolo di arresto del premier

C’è grande agitazione in Israele e soprattutto nei corridoi della Knesset, sede del parlamento e del governo israeliano. Sembra infatti che per il primo ministro Benjamin Netanyahu, che da sette mesi sta conducendo un’aggressione senza precedenti nella Striscia di Gaza, stia per spiccare un mandato di cattura internazionale. A renderlo noto è il sito israeliano Walla che scrive come da giorni s’intreccino telefonate di fuoco continue tra gli uffici del Governo di Israele e gli alti funzionari dell’amministrazione americana. Secondo il quotidiano, infatti, c’è la possibilità che Karim Ahmad Khan, specializzato in Diritto internazionale e dal 2021 procuratore della Corte penale internazionale dell’Aja, possa emettere nei prossimi giorni un mandato d’arresto nei confronti del premier, del ministro della Difesa Yoav Gallant e del capo delle forze armate Herzi Halevi. Il tutto ovviamente in conseguenza della causa promossa presso la Corte stessa dal Sudafrica, che accusa Israele, a proposito dell’aggressione militare a Gaza, di cinque atti di genocidio: l’uccisione di massa di palestinesi, l’inflizione di gravi danni mentali e fisici, l’espulsione e il displacement forzato, l’attacco al sistema sanitario di Gaza e l’applicazione di misure intese a prevenire nascite all’interno del gruppo etnico palestinese.
Netanyahu potrebbe trovarsi perseguito a livello internazionale insieme al presidente russo Vladimir Putin, inseguito l’anno scorso da un mandato d’arresto dell’avvocato Khan per “deportazione e trasferimento illegale di minori” durante le operazioni in Ucraina. Netanyahu, intanto, da giorni ha interpellato l’amico e omologo americano Joe Biden alla ricerca di un aiuto per salvarsi da questo pericolo. Secondo Walla il premier è in “pressing telefonico senza sosta” per evitare l’intervento della Corte dell’Aja. E gli Stati Uniti sono venuti in soccorso muovendo la propria diplomazia e cercando di dissuadere i giudici da questa possibilità.


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Benjamin Netanyahu insieme ai soldati © Imagoeconomica

Cosa succede se viene spiccato il mandato di cattura?

Cosa accadrebbe concretamente, dunque, se Khan dovesse spiccare un mandato di cattura come ha fatto a marzo del 2023 contro Putin? Una premessa. La Corte penale internazionale (CPI) è un’istituzione giudiziaria nata formalmente nel 1998, con la ratifica dello Statuto di Roma, ed entrata in funzione nel 2002. La Corte è stata creata con lo scopo di garantire i diritti fondamentali e il mantenimento della pace, perseguendo i responsabili dei crimini internazionali. La CPI ha mandato di intervenire quando gli Stati non possono o non vogliono punire crimini internazionali come il genocidio, i crimini di guerra, i crimini contro l’umanità e il crimine di aggressione.
Tra i Paesi che non hanno ratificato il trattato istitutivo della Corte ci sono Israele, Russia e Usa. Tutte e tre potenze che non hanno riconosciuto e non riconoscono la CPI e che in passato hanno cercato di ostacolarne i lavori. Ne è esempio la “Legge sull’invasione dell’Aja” che autorizza il Presidente degli Stati Uniti a “utilizzare “tutti i mezzi necessari e appropriati per ottenere il rilascio di qualsiasi membro del personale statunitense o alleato detenuto o imprigionato da, per conto di o su richiesta della Corte Penale Internazionale”. Tornando a Netanyahu, Israele, come la Russia non è firmataria dello Statuto di Roma, risultando quindi estranea alla giurisdizione della Corte Penale internazionale. Ma il premier israeliano, proprio come Vladimir Putin, potrebbe ugualmente essere arrestato se si trovasse sul territorio di uno Stato aderente alla Corte. Pertanto il rischio di ritrovarsi con le manette ai polsi c’è e le sue libertà di movimento sarebbero di gran lunga limitate per la possibilità di finire arrestato. Va ricordato, infatti, che gli Stati che hanno firmato lo Statuto di Roma (tra questi anche l’Italia) hanno l’obbligo di dare esecuzione ai provvedimenti della Corte Penale Internazionale, inclusi i mandati di arresto e le sentenze di condanna, ovunque nei loro territori, e in quelli ove operano le loro forze armate, anche quando i crimini internazionali commessi dagli imputati non siano stati diretti contro di essi e i loro cittadini. Per Netanyahu il mandato rappresenterebbe un vero e proprio incubo oltre che un’onta indelebile. Non solo. L’ipotesi di un mandato di cattura nei confronti di Netanyahu inoltre rafforzerebbe il grande impianto accusatorio presentato dal Sudafrica alla ICJ (International Court of Justice). I giudici si erano già espressi affermando che ci sono possibilità che Israele abbia compiuto atti che violano le convenzioni internazionali rientrando nella classificazione di atti di genocidio.

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