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Al processo Agostino il focus su “Faccia da mostro” - Parte 1

Riteniamo pienamente provata la poliedricità della figura di Giovanni Aiello e il suo ruolo inequivoco e inequivocabile di anello tra servizi segreti deviati e consorterie di stampo mafioso in particolare Cosa nostra e ‘Ndrangheta. Un ruolo inquietante ed assolutamente centrale nelle dinamiche connesse al duplice omicidio Agostino-Castelluccio, e non solo. E che evidentemente suscita ancora tantissimo timore - per i segreti che con la sua morte ha portato con sé e che costituiscono l’essenza di fili ad altissima tensione - come ampiamente dimostrato dalle titubanze e dalle reticenze di alcuni testi escussi dinanzi a questa corte”.
E’ nettissimo il profilo criminale di Giovanni Aiello, ex poliziotto ed ex agente segreto (deceduto nel 2017 in Calabria), fatto dalla procura generale di Palermo nella requisitoria del processo, ora alle battute finali, che si svolge davanti alla corte d’assise di Palermo (presidente Sergio Gulotta, giudice a latere Monica Sammartino) per l’omicidio del poliziotto Nino Agostino e della moglie incinta Ida Castelluccio, uccisi da Cosa nostra il 5 agosto 1989 a Villagrazia di Carini.

Nell’ultima udienza di martedì, che ha visto la richiesta di condanna all’ergastolo per il boss dell’Acquasanta Gaetano Scotto (accusato di omicidio aggravato) e di assoluzione per Francesco Paolo Rizzuto, al tempo amico dell’agente (accusato di favoreggiamento), la procuratrice Lia Sava ha svolto un’attenta e minuziosa analisi della figura di Giovanni Aiello, la cui importanza è ritenuta fondamentale all’interno dei fatti emersi in questi tre anni di dibattimento.
Una ricostruzione consentita dalla mole di dichiarazioni di collaboratori di giustizia, acquisizioni documentali e intercettazioni. Tutti elementi probatori grazie ai quali “è stato possibile superare, una volta per tutte, tutte le distonie di alcune precedenti letture di chiave minimalista con riguardo al ruolo dell’Aiello” quale “collante strategico tra segmenti dei servizi segreti deviati e criminalità organizzata. In particolare Cosa nostra e ‘Ndrangheta”, ha ribadito la Sava.


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Ida Castelluccio e Nino Agostino


Non a caso, di Aiello hanno parlato negli anni cinque collaboratori di giustizia siciliani (Vito Galatolo, Giovanna Galatolo, Vito Lo Forte, Francesco Onorato e Luigi Ilardo) e due calabresi (Antonino Lo Giudice e Consolato Villani). Il ruolo di collante, secondo i magistrati, è “emerso con assoluta e inquietante chiarezza”. La procura generale, infatti, insieme alla “preziosa attività di puntellamento effettuata dalla difesa di parte civile” è riuscita finalmente a realizzare una profilazione chiara di Aiello, conosciuto anche come “Faccia da mostro” per il viso deturpato da un colpo d’arma da fuoco, il cui nome è apparso più volte in alcune delle vicende ancora avvolte da mistero degli anni della Prima Repubblica.
Per fare ciò la procura generale ha proceduto “per scatti fotografici utili a dare contezza delle risultanze acquisite”.

La vera identità del “mostro

Il primo scatto fotografico è quello della reale identità di Giovanni Aiello, nato a Montauro (Catanzaro) nel 1946, ufficialmente arruolato in polizia nel 1964 (appena diciottenne) è stato congedato nel maggio 1977 per inidoneità al servizio “per turbe nevrotiche post-traumatiche”. Per quindici anni in Polizia, alcuni trascorsi a Palermo a partire dal 1973, Aiello ha ricevuto una valutazione professionale inferiore alla media. “La sua scheda matricolare - ha ricordato Lia Sava - ci descrive un personaggio poco significativo, un ex poliziotto calabrese, protagonista di una carriera che, alla stregua delle risultanze ufficiali, non appare memorabile”. In pratica, “un’insignificante meteora della polizia di Stato”, ha riassunto la Pg ricordando i dati ufficiali del ministero degli Interni. Dopo il congedo, però, Aiello “sparisce dai radar”. Fino a quando “negli anni 2000, risulterà residente in Calabria”. Sono almeno 23 anni di buio. Nel frattempo, in Sicilia, dove aveva prestato servizio e dove aveva negato di aver rimesso piede dopo il congedo, è successo di tutto: il fallito attentato all’Addaura contro il giudice Falcone, l’omicidio Agostino e le stragi di mafia. Tutte vicende dove il nome di Aiello, come si è dimostrato in requisitoria, è spuntato più e più volte. Nei primi anni 2000, dunque, Aiello riappare. E’ un umile pescatore e risiede in una baracca in riva al mare nella sua Montauro. “Ma qualcosa non torna - ha subito osservato il magistrato - in questa ricostruzione in chiave minimalista della figura di Aiello, che trae in inganno ed ha determinato troppi rallentamenti nel percorso ricostruttivo del ruolo di ‘faccia di mostro’ in questo duplice omicidio”.


aiello bolzoni

Giovanni Aiello "faccia da mostro"


La procura generale ha parlato di “ambiguità inquietante del soggetto”. Aiello, infatti, “sparisce per lunghi periodi e nessuno sa dove va”. Questo dato, secondo Lia Sava, “è assolutamente incompatibile con la figura di semplice pescatore, pensionato e dedito a una vita semplice. Ed è invece uno dei molteplici e inquietanti indici del suo ruolo di anello di congiunzione tra consorterie mafiose e pezzi deviati dei servizi segreti”. Ne è indice il fatto, a detta dell’accusa, “che per lunghi periodi, a dispetto delle sue affermazioni, si è recato in Sicilia oltre il suo congedo dalla polizia di Stato”. Tra le varie stranezze raccolte nei riguardi di “Faccia da mostro” sono state ricordate le due utenze telefoniche a lui riconducibili che “stranamente venivano contattate”, negli anni in cui, ufficialmente, era pensionato, da “un’utenza intestata al Decimo Reggimento Trasmissioni” e da una “intestata all’Aeronautica Militare 31° stormo”. “Quella che effettua i voli di Stato”. Alla procura generale, inoltre, risulta che “tutte le informazioni di natura più strettamente personale non appaiono del tutto congrue ad un uomo con un profilo così modesto”. Aiello, infatti, era “sposato con un’ex giudice di pace, ha una figlia che insegna in un’università di San Diego, Stati Uniti, e a fronte di un reddito dichiarato di 22.000 euro l’anno possedeva titoli per un miliardo e centonovantacinque milioni delle vecchie lire”. “Cosa c’è di modesto in questo?”, si è chiesta Lia Sava. E’ probabile che il suo profilo sia in realtà un camuffamento. Come lo fu la necessità di “cambiare aspetto” tingendosi frequentemente i capelli. Un modo, questo, per tentare di rendersi irriconoscibile data l’inconfondibilità del viso butterato a causa, non di un colpo di fucile accidentalmente partito dall’Aiello stesso come questi sosteneva, ma da un proiettile arrivato durante uno scontro a fuoco in Sardegna nel corso della cattura di un latitante. Un “dato che costituisce un ulteriore indizio del ruolo di Aiello utilizzato per operazioni rischiose ed estremamente peculiari”. Ben lontano, dunque, dall’immagine di poliziotto semplice.


vicolo pipitone palermo

Vicolo Pipitone, Palermo

Aiello all’Addaura e in vicolo Pipitone

Quell’immagine di poliziotto semplice viene inoltre smentita dalla presenza di Aiello in due luoghi peculiari nella storia recente di Cosa nostra: la villa all’Addaura di Giovanni Falcone, dove, nel giugno 1989, Cosa nostra aveva piazzato l’esplosivo per uccidere il giudice. E Vicolo Pipitone, dove il gotha della mafia siciliana - specialmente Nino Madonia (condannato in primo e secondo grado proprio per l’omicidio Agostino) - si riuniva in gran segreto, organizzava progetti criminali e talvolta eseguiva omicidi. Nel primo caso Aiello venne individuato da una donna che ricordava un uomo deturpato con la “faccia da mostro” - era la prima volta che venne coniato questo appellativo - “a bordo di un’auto poco prima del ritrovamento dei 58 candelotti di esplosivo in prossimità del passaggio che conduceva al mare della villa di Giovanni Falcone”, ha ricordato Lia Sava. Nel secondo caso, invece, Aiello era stato riconosciuto da diversi esponenti della famiglia mafiosa dei Galatolo, che vivevano in Vicolo Pipitone e oggi sono collaboratori di giustizia. Nello specifico Vito e Giovanna Galatolo, entrambi sentiti a processo. “Entrambi hanno raccontato la contestuale presenza di Aiello e Contrada (l’ex numero capo della Squadra mobile ed ex numero tre del Sisde) in Vicolo Pipitone, oltre di aver conoscenza del fatto che Aiello apparteneva ai servizi segreti deviati”, ha affermato la procuratrice generale. “In particolare - ha aggiunto - Vito Galatolo affermava: ‘Io posso dire che c’erano rapporti con appartenenti ai servizi segreti. Nino Madonia li ha avuti sempre. Da noi (a vicolo Pipitone, ndr) venivano Giovanni Aiello, mentre era in certe riunioni con Nino Madonia, con Gaetano Scotto, veniva Contrada’. Inoltre Vito Galatolo afferma di aver riconosciuto Giovanni Aiello come la persona che andava spesso a vicolo Pipitone a incontrarsi con Nino Madonia, tra cui c’era presente anche Gaetano Scotto e una volta sono venuti insieme con Giovanni Aiello. I due camminavano insieme su due lati diversi della strada’”.


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Il fallito attentato contro la villa in cui soggiornava Giovanni Falcone all'Addaura, Palermo, 1989 © Franco Zecchin


E ancora. “Galatolo raccontò che lo zio Pino Galatolo gli disse che Aiello ‘era un uomo appartenente... era nei servizi segreti, era una persona di fiducia di Nino Madonia, era a disposizione e si mettevano fra di loro sia Cosa nostra che appartenenti ai servizi segreti deviati’. E aggiungeva che lo zio pagava quelli delle forze dell’ordine per i propri favori alle consorterie mafiose. Sottolineava poi di aver visto Aiello 1987 fino ad aprile-maggio 1989, prima del fallito attentato all’Addaura. E precisa che quando venne arrestato Nino Madonia, 29 dicembre 1989, già Aiello non si vedeva più a Vicolo Pipitone. E ammonta altresì che Piazza ed Agostino, che andavano in vicolo Pipitone a fare dei controlli di polizia, erano lì in concomitanza con Gaetano Scotto, Aiello, e Contrada”.

Alle parole di Vito Galatolo si aggiungono anche quelle della sorella Giovanna Galatolo che “nel corso degli interrogatori ha più volte riconosciuto in foto un soggetto da lei denominato come ‘lo sfregiato’ conosciuto come Giovanni Aiello. La Galatolo ha confermato di aver visto questo soggetto entrare in Vicolo a piedi con il padre. La Galatolo evidenzia con chiarezza di aver visto molte volte Aiello a Vicolo Pipitone prima dell’attentato all’Addaura. E comunque anche antecedentemente al 1989”. “E’ di tutta evidenza - ha riassunto Lia Sava - che proprio la pluralità di particolari che la Galatolo rammenta in ordine allo sfregiato, costituisce pieno riscontro alle ulteriori e molteplici dichiarazioni in ordine alla presenza di Aiello a Vicolo Pipitone ed alla sua frequentazione stretta con la famiglia Galatolo, spesso in concomitanza con Bruno Contrada”.

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