Il secondo episodio del podcast sull'urologo assassinato
Sulla tragica dipartita di Attilio, la Procura di Viterbo si è mossa con una superficialità degna di un romanzo.
Le indagini sono state condotte omettendo molti accertamenti indispensabili, tra cui gli esami sulle impronte digitali trovate sul luogo del crimine, gli accertamenti genetici sulle cicche di sigaretta e le analisi sulle impronte trovate sulle due siringhe usate per l'iniezione della dose letale.
Inoltre, nessuna prova è stata portata a sostegno di uso di eroina da parte di Attilio: i suoi colleghi escludevano che potesse farne uso; la persona alla quale era legato da una relazione sentimentale mai ne aveva avuto sentore; per non parlare del suo stato di salute che, a detta dei suoi amici e colleghi, era impeccabile, così come la sua diligenza sul lavoro. Nonostante tutto questo la Procura di Viterbo aveva indicato come unico responsabile una donna: Monica Mileti, indagata una decade dopo la morte di Attilio. Per anni, infatti, è stata accusata di essere l'autrice della cessione della presunta dose di eroina. Una sorta di capro espiatorio contro cui buttare tutte le colpe.
Una menzogna colossale, destinata a essere cestinata.
E cosi avvenne: il 16 febbraio 2021, dopo un lungo calvario giudiziario.
Eppure anche in quel processo sono accadute cose strane: Cesare Placanica, l'avvocato della donna, intervistato del giornalista Paolo Borrometi, dichiarò che la Procura della Repubblica di Viterbo gli disse di far confessare il reato alla sua assistita, anche se innocente. Ad oggi non risultano essere arrivate smentite ufficiali.
Se Mileti avesse confessato il reato avrebbe messo una pietra tombale sull'omicidio di Attilio.
Ma perché c'era così tanto accanimento nel voler far condannare una persona completamente estranea ai fatti?
Ad oggi non ci è dato sapere. Ma un dettaglio salta subito all'occhio: il totale disinteresse per la pista che porta a Bernardo Provenzano e ai misteri della sua latitanza.
Ad oggi esiste un documento che ricostruisce i fatti come sono realmente accaduti. Si tratta della relazione della commissione parlamentare antimafia della scorsa legislatura che, chissà per quale motivo, qualcuno ha cercato di censurare prima della sua pubblicazione ufficiale.
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