Il procuratore aggiunto di Firenze intervistato a TgR Toscana
Questo articolo, che riproponiamo ai nostri lettori, è stato scritto in data 02-12-2023.
“Prima dell'intervento dei collaboratori di giustizia tutti i processi di mafia erano destinati all’assoluzione. Il riconoscimento dell'esistenza della mafia, di strutture mafiose nel nostro paese, è stato possibile grazie ai collaboratori di giustizia”.
Sono state queste le parole del procuratore aggiunto di Firenze Luca Tescaroli intervistato ieri da Walter Rizzo per TgR Toscana (Rai News). Quello illustrato dal magistrato è il punto cardine del suo ultimo libro "Pentiti. Storia, importanza e insidie del fenomeno dei collaboratori di giustizia (Rubbettino)". Il perno di tutto è la collaborazione con la giustizia: lasciare l'organizzazione criminale di appartenenza per affidarsi allo Stato, raccontando all'autorità giudiziaria tutto quello di cui si è a conoscenza.
Era il 3 aprile del 1986 quando Tommaso Buscetta entrò nell'aula bunker dell’Ucciardone a Palermo. Quei passi che lo conducevano al pretorio segnarono l'inizio della fine per la cupola di Omertà che aveva reso fino a quel momento inattaccabile la mafia. Il suo racconto svelò dall'interno Cosa nostra i suoi segreti, le sue regole e soprattutto i nomi dei suoi capi.
Tuttavia l'istituto dei collaboratori di giustizia, già sofferente per diverse critiche di tipo normativo, oggi è soggetto a continui attacchi.
Nella relazione della Commissione antimafia, che ha avuto modo di sentire le doglianze di oltre sessanta tra collaboratori e testimoni di giustizia, senza mezzi termini si parla di “inadeguatezza del Servizio centrale di protezione”.
“E’ dal 2008 che non vi è più una collaborazione importante insieme alle organizzazioni mafiose” ha detto Tescaroli spiegando che "se noi cancellassimo per un momento gli apporti forniti dai collaboratori, nessuno dei più grandi processi avrebbe potuto giungere a conclusione, con condanne per i responsabili dei delitti più gravi che hanno insanguinato il Paese, ivi comprese le stragi del triennio '92-'94”.
Si ha l'impressione che ci sia stata una sorta di disincentivazione delle collaborazioni?
“Per chi collabora deve essere conveniente. Il ‘gap’ differenziale nel trattamento tra il mafioso irriducibile e il collaboratore di giustizia si è ridotto. Occorrerebbe aprire una riflessione per cercare di creare le condizioni idonee” al fine di “per agevolare le collaborazioni qualitativamente importanti”.
Va ricordato che dopo la modifica della legge sull'ergastolo ostativo anche i boss "irriducibili" (cioè coloro che non si sono pentiti e che sanno le verità indicibili dietro le stragi del '92 e del '93) potranno ottenere benefici anche senza collaborare con la giustizia. Una modifica che di fatto rende nulla la differenza di trattamento tra chi collabora con lo Stato e chi sceglie il silenzio, negando il diritto alla verità alle vittime.
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