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Il procuratore aggiunto di Firenze sulla necessità dei collaboratori: “Serve una disciplina per favorire le collaborazioni

E’ importante continuare a svolgere un’opera di memoria e di ricordo rispetto alle stragi che hanno insanguinato il nostro Paese nel triennio ‘92-’94. Occorre continuare a svolgere un’attività di promozione del ricordo, soprattutto per ricordare le vittime innocenti e il pericolo generato per la nostra democrazia”. Lo ha ribadito il procuratore aggiunto di Firenze, Luca Tescaroli, durante l’iniziativa organizzata dalla Fondazione “Mario Dodaro”, in collaborazione con Fondazione Carical e Video Calabria, e intitolata “Dal sogno alla memoria: voci di resistenza del Sud contro le mafie”. L’evento che si è svolto lo scorso sabato 28 ottobre al Parco degli Enotri a Mendicino, è stato un'occasione significativa non solo per commemorare il sacrificio di Mario Dodaro, un imprenditore ucciso il 18 dicembre 1982 per aver sfidato il racket delle estorsioni, ma anche per ripercorrere le storie di numerose vittime della mafia e ricordare la necessità di non abbandonare mai l’impegno utile per contrastare le organizzazioni criminali e il sistema mafioso. Nel suo intervento, avvenuto in collegamento verso la conclusione dell'evento, il procuratore aggiunto Tescaroli ha enfatizzato l'importanza di perseverare nell'opera di memoria commemorativa e, soprattutto, nel perseguire la ricerca della verità riguardo alle stragi di mafia che hanno insanguinato il nostro Paese; questo perché “senza una verità completa, non può esserci giustizia”. In risposta alle domande che sono state poste dalla giornalista del Quotidiano del Sud, Luciana De Luca, e dal caporedattore di ANTIMAFIADuemila, Aaron Pettinari, il magistrato che indaga sui mandanti occulti delle stragi del ‘93 e del ‘94 si è soffermato anche sui quesiti rimasti ancora irrisolti dopo la morte del boss stragista Matteo Messina Denaro. “Sussistono spunti investigativi che sono meritevoli di approfondimento - ha spiegato Tescaroli - che impongono di continuare a indagare per verificare se sia dimostrabile sul piano processuale una convergenza di interessi che riguardano altri soggetti estranei al sodalizio mafioso, sia nella ideazione che nell'esecuzione delle stragi. Vi sono vari interrogativi rimasti insoluti, le cui risposte potrebbero squarciare i veli che avvolgono i cosiddetti mandanti a volto coperto.” - prosegue - “Abbiamo una serie di dati che meritano una riflessione. Occorre chiedersi perché Paolo Bellini, appartenente ad Avanguardia Nazionale e recentemente condannato con sentenza di primo grado per aver partecipato alla strage di Bologna del 2 agosto 1980, si incontrò con Antonino Gioè mentre erano in corso i preparativi della strage di Capaci, alla quale Gioè ha contribuito attivamente. Non sappiamo cosa sia successo a Milano, in via Palestro, dai giorni che vanno dal 23 al 26 di luglio del ‘93. Non conosciamo la donna vista in via Palestro dal testimone oculare Luca Invernizzi, che vide il punto dove si trovava la Fiat Uno imbottita di esplosivo”. E ancora: “Non sono state individuate con certezza le ragioni che hanno causato l'accelerazione della morte di Paolo Borsellino e dei suoi cinque agenti di scorta”, avvenuta a soli 57 giorni dalla stragi di Capaci, provocando per questo l’inasprimento della lotta alla mafia attraverso una maggiore intesa delle varie forze politiche. Oppure, quali sono le ragioni che hanno spinto la campagna delle stragi ad arrestarsi e non è stato riproposto il fallito attentato allo Stadio Olimpico di Roma, nonostante “le risorse presenti all’interno dell’organizzazione mafiosa, sia in termini di uomini che di mezzi idonei”. Inoltre, vanno considerati i legami che alcuni esponenti delle istituzioni hanno instaurato con la mafia, creando “interlocuzioni con il mafioso Vito Ciancimino e spingendo i mafiosi a percepire le stragi come un vantaggio”. Infine, Tescaroli ha sottolineato il ruolo cardine sia dei collaboratori che dei testimoni di giustizia nelle indagini che riguardano la mafia. Difatti, il procuratore aggiunto di Firenze ha ribadito il ruolo di queste due figure, “centrale nell'azione di contrasto al crimine mafioso”, dal momento che hanno permesso l’accesso a numerose informazioni utili nel corso delle indagini sulle stragi di mafia. Per questo motivo, occorre creare le condizioni che rendono “la collaborazione vantaggiosa, proprio come lo è stato nel passato, favorendo una disciplina capace di stimolare le collaborazioni qualitativamente importanti ”. Tuttavia - ha concluso Tescaroli - vi sono anche insidie che non devono essere sottovalutate, “come il rischio di falsi collaboratori, oppure il rischio che la collaborazione venga strumentalizzata per finalità di vendetta. Per questo motivo, le dichiarazioni dei collaboratori vanno sempre verificate”.

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