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Vescovo di Mazara del Vallo: “Scelta incresciosa e arbitraria saranno presi provvedimenti disciplinari"

Era il 21 giugno 2014 quando, durante l’omelia celebrata nella Piana di Sibari, Papa Francesco scomunicò la mafia. “I mafiosi non sono in comunione con Dio, sono scomunicati”, tuonò davanti a migliaia di fedeli. Quelle parole echeggiarono lungo tutti i continenti della Terra. Eppure, dieci anni dopo quella severa condanna, quanto accaduto qualche giorno fa durante le esequie di Gaetano Riina, fratello del capo di Cosa nostra Totò Riina, dimostrano che su questo punto c’è ancora molta strada da fare.
Come ha scritto Fanpage, domenica scorsa don Nicola Misuraca, rettore della Chiesa del cimitero di Mazara del Vallo, ha celebrato la messa delle 11.30 in ricordo del fratello del “Capo dei capi”, deceduto giovedì scorso all’età di 90 anni. “Oggi siamo qui anche per il nostro amatissimo fratello Gaetano - ha detto -. Non avendo potuto fare il funerale, preghiamo per lui perché noi siamo e dobbiamo essere una chiesa che ascolta e asciuga ogni lacrima, una chiesa con la quale condividiamo gioie e dolori”. Le sue parole hanno riportato alla cronaca il complesso e ambiguo rapporto che Cosa nostra e Chiesa hanno intrattenuto per oltre un secolo. Un passato insidioso con cui lo Stato pontificio sembra non aver ancora chiuso definitivamente la partita. O che, più precisamente, alcuni “soldati di Dio” non seguono la linea del Santo padre.
Gaetano Riina, dopo avere finito di scontare una condanna per mafia, era sottoposto alla misura della sorveglianza speciale. Gli ultimi anni di detenzione li ha trascorsi agli arresti domiciliari per gravi problemi di salute. Il questore di Trapani Salvatore La Rosa ha vietato i funerali pubblici. Era stato stabilito il percorso che il carro funebre ha dovuto seguire per raggiungere il camposanto dove si è svolta una veloce tumulazione intorno alle 20 di venerdì 23 febbraio. Erano presenti solo i parenti più stretti.
Ciò nonostante, Don Misuraca ha deciso di celebrare ugualmente la messa all’interno della Chiesa del cimitero mazarese in ricordo del defunto, alla presenza della moglie, della figlia Concetta, di familiari ed amici. Circa una ventina i presenti.


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Papa Francesco © Imagoeconomica


Durante l’omelia il parroco aveva sottolineato che “non saremo giudicati dalla Chiesa ma da Dio a cui nessuno si può sostituire. Lui è l’unico giudice della nostra vita. Cristo è morto per tutti, ha versato il suo sangue per tutti, nessuno escluso. Nella misura in cui qualcuno esprime un giudizio sull’anima della persona, questo è nel peccato”. “Se per esempio io commetto un furto – aveva continuato il sacerdote – devo essere condannato e questo è un giudizio sul comportamento ma il giudizio dell’anima non spetta a nessuno se non a Dio. Ecco perché la nostra preghiera deve essere rivolta a tutti e nessuno può giudicare. E aggiungo che se io commetto un furto ma ho fatto tante opere di bene, Dio su quelle mi giudicherà e non sull’unico gesto brutto che ho commesso nella mia vita”. Parole preoccupanti perché, seppur velatamente, tradiscono un sentimento più profondo di mancanza di riconoscimento nel Pontefice e nella sua scomunica alla mafia. “Questa è una messa che ho voluto offrire io, una solennità per papà – aveva detto rivolgendosi alla figlia Concetta Riina – per il nostro fratello Gaetano e pregherò per lui sia nella prossima domenica che fino alla fine del mese. Adesso lo vogliamo benedire". Stando alle sue parole, dunque, Don Misuraca si sarebbe offerto di celebrare il rito di sua spontanea volontà. Al termine della celebrazione il parroco ha anche incensato e cosparso di acqua benedetta una foto del defunto posta su un tavolino davanti all’altare.
Tempestiva la dissociazione da parte del vescovo di Mazara del Vallo, monsignor Angelo Giurdanella. Il vescovo di Mazara del Vallo, infatti, ha condannato la messa per il fratello di Totò Riina. Per Giurdanella si è trattato di una scelta “incresciosa e arbitraria" del cappellano, verso il quale saranno presi "provvedimenti disciplinari". “Ribadisco che la posizione della Chiesa nei confronti di suddetta associazione e dei suoi singoli componenti, è chiara e inequivocabile - ha detto -. L'associazione è inconciliabile con il Vangelo e con la fede della Chiesa, tutti coloro che ne fanno parte si autoescludono, direttamente o indirettamente, dalla comunità ecclesiale".
Il mancato riconoscimento della scomunica di Papa Francesco (“non saremo giudicati dalla Chiesa ma da Dio a cui nessuno si può sostituire”), che - per i credenti - è il portavoce di Dio sulla Terra, e la liturgia offerta al defunto da Don Misuraca, avvengono in una terra, la Sicilia, in cui, come ha detto il giornalista Saverio Lodato in una recente intervista di History Channel,per decenni la mafia è andata a braccetto con la Chiesa e quest’ultima ha fatto finta di non accorgersene. Ha fatto finta di non capire”. Inoltre, c’è un particolare che non molti ricordano. Mazara del Vallo fu una delle località in cui lo stesso Totò Riina, fratello del defunto, trascorse parte della sua latitanza, anche in compagnia del boss Leoluca Bagarella. Per questo non è accettabile che un rappresentante della Chiesa locale agisca in questo modo. La mafia si nutre di messaggi e di simboli. E nell’altalenante rapporto tra mafia e Chiesa, fatto di accordi e disaccordi che da oltre 150 anni hanno attraversato il Paese facendo anche il bello e il cattivo tempo della politica italiana, la bussola deve essere quella di Papa Francesco: “Coloro che nella loro vita hanno questa strada del male come i mafiosi non sono in comunione con Dio, sono scomunicati”.

In foto: messa in suffragio di Gaetano Riina tratta da Fanpage.it

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