Le parti civili concordano con la descrizione dei fatti fornita dalla procura generale, ma ne mettono in luce alcune particolarità rilevanti. In particolare, Francesco Paolo Rizzuto va considerato “colpevole” per essere stato reticente e aver dichiarato il falso.
Non ha dubbi l’avvocato Calogero Monastra (in copertina, accanto all'avv. Fabio Repici), legale di Salvatore Agostino, intervenuto ieri mattina davanti alla Corte d’Assise di Palermo presieduta da Sergio Gulotta (giudice a latere Monica Sammartino) nell’ambito del processo per il duplice omicidio del poliziotto Nino Agostino e della moglie incinta Ida Castelluccio, avvenuto il 5 agosto 1989 a Villagrazia di Carini. L’avvocato Monastra rappresenta una delle parti civili: Salvatore Agostino, fratello di Nino. Oltre a lui sono intervenuti anche gli avvocati Giustino Ferraro, legale di Michelina D’Alessandro; Aurora Romeo, legale della famiglia Castelluccio e Salvatore Dario Carollo; Claudio Alongi, legale di Francesco e Giulia Carollo; e Domenica Grassa, legale del Centro Studi Pio La Torre e dell’Associazione Libera.
La Corte d'Assise di Palermo presieduta da Sergio Gulotta (giudice a latere Monica Sammartino)
Nelle scorse settimane, la procura generale ha chiesto l’ergastolo per il boss dell’Acquasanta Gaetano Scotto, accusato di duplice omicidio aggravato in concorso, e l’assoluzione per Francesco Paolo Rizzuto, sedicente amico d’infanzia dell’agente accusato di favoreggiamento. “In questo processo è emerso che l’agente Agostino raccoglieva informazioni sui latitanti nel territorio del mandamento di Resuttana - ha premesso Monastra -. Un fatto così importante da risultare decisivo nella valutazione di quella che deve essere la responsabilità di chi faceva parte di questa compagine criminale. Quindi non solo Nino Madonia (giudicato in un procedimento parallelo con rito abbreviato, ndr) ma anche Scotto Gaetano, suo stretto collaboratore. L’agente Agostino nell'ambito di questa attività riservata di ricerca dei latitanti, o di collaborazione con i servizi segreti, è venuto a conoscenza di fatti e circostanze indicative di rapporti di ambigue contiguità tra esponenti di Cosa nostra ed esponenti deviati delle istituzioni”. Da qui la sua volontà di prendere le distanze dal contesto nel quale operava “in modo riservato e non ufficiale” per evitare di finire nel “calderone”, come disse il procuratore generale Umberto De Giglio nel corso della sua requisitoria.
Ma quale pista passionale: Agostino fu ucciso perché cercava latitanti
Nel corso della sua arringa, l’avvocato Monastra ha voluto rimarcare le modalità del duplice omicidio per sottolineare la sua matrice mafiosa evidente fin dal principio. “Per noi non solo non si può parlare di movente passionale ma c'è anche la prova del contrario”, ha detto l’avvocato facendo riferimento alle testimonianze dell’ispettore Domenico La Monica rispetto alle confidenze che Agostino gli rivelò già nel 1989. "Eravamo in barca, a pescare, quando Nino Agostino mi disse che stava cercando di catturare l'allora latitante Bernardo Provenzano, poi mi disse che aspettava un collega del nord che lavorava con lui - disse l’ispettore nel 2021 dinnanzi alla Corte d’Assise di Palermo -. Dopo l'omicidio di Nino scrissi tutto in una relazione (datata 6 agosto 1989 e che verrà seguita anche da una successiva del gennaio 1993, ndr). Di questo parlai con il dottor La Barbera, capo della Squadra Mobile, e fu proprio lui a ricordarmi il nome della persona, Paolilli".
Ida Castelluccio e Nino Agostino
La Monica, che con Agostino lavorava al commissariato San Lorenzo, rispondendo alle domande dei sostituti Pg, Domenico Gozzo e Umberto De Giglio, ha raccontato di quelle confidenze raccolte in diversi momenti, da cui emergeva come Agostino fosse impegnato in un'attività parallela al servizio ufficiale. Parlò di “tre i momenti”. “In un'occasione mi disse della cattura di Provenzano (nella relazione di servizio scrisse anche che Agostino fece riferimento a Riina, ndr) poi del suo lavoro con i servizi. Quando? Parlando del nostro funzionario, Lorenzo Antinoro, gli dissi che si avvaleva di buoni confidenti e collaboratori e che uno di questi era Alberto Volo. Lui mi rispose: 'E mi vuoi far conoscere a me Alberto Volo?' e dopo questa frase mi disse: 'Mi sai parlare dei servizi segreti?'. E a mò di sfottò io dissi a lui: 'Tu lavori per i servizi?'. E lui rispose di sì".
Rizzuto? Ha dichiarato il falso nel 2018
Nella sua arringa, l’avvocato Calogero Monastra ha ampiamente parlato della posizione di Francesco Paolo Rizzuto, sedicente amico di infanzia di Nino Agostino che all’epoca del duplice omicidio aveva sedici anni. I due si conoscevano bene e la notte prima dell’esecuzione avevano trascorso la serata a pescare per poi pernottare in casa dell’agente Agostino. Rizzuto, all’epoca un ragazzino appunto, quel 5 agosto chiese con insistenza ai familiari di Agostino “ma quando arriva Nino”. Salvo poi allontanarsi all’improvviso. Lui è accusato di favoreggiamento aggravato. La procura generale, però, ha chiesto l’assoluzione anche se, secondo De Giglio, “ha dichiarato il falso” in ordine a quanto accaduto nel giorno e nel luogo in cui fu commesso il delitto - al quale avrebbe addirittura assistito secondo il pentito Francesco Marino Mannoia - e in generale, su quanto a sua conoscenza. Falsità che avrebbe reso in un verbale di sommarie informazioni del 9 agosto 1989. Nello specifico, come ha spiegato De Giglio durante la requisitoria, “quelle informazioni risultano false e reticenti nella parte in cui Rizzuto omette di riferire di essersi allontanato con un motorino poco prima dell’omicidio, omettendo di precisare quello che aveva fatto e chi aveva incontrato in quel frangente. Risultano false e reticenti nella parte in cui dichiara di essersi allontanato dal luogo dell’omicidio subito dopo aver visto Agostino a terra, omettendo invece di riferire di essere stato presente al momento dell’omicidio o comunque omettendo di riferire di essersi avvicinato a Nino tanto da macchiarsi la maglietta del suo sangue. E infine risultano false nel momento in cui dichiara di essersi allontanato dal luogo dell’omicidio per tornare a casa invece di riferire di essere scappato a casa dello zio Antonio Castiglione”.
L'avvocato Calogero Monastra
Per l’avvocato Monastra, invece, non è lì la reticenza poiché la stessa “è parametrata sulla base delle dichiarazioni contraddittorie incomplete o contrastanti con le prove già acquisite”. “Riteniamo - ha aggiunto - che nel 1989 Rizzuto Francesco Paolo non abbia commesso il reato di favoreggiamento perché non gli vengono fatte alcune domande sulle circostanze inerenti all’omicidio o sulle circostanze dalle quali con gli elementi di prova che sono emersi adesso possano derivare o possano dimostrare che in quel momento abbia sviato le indagini o sia stato reticente”. Tutto questo “perché in realtà le domande che gli sono state rivolte (al tempo, ndr) sono talmente scarne e al di fuori del contesto dell’omicidio che non si può dimostrare che gli elementi di prova acquisiti adesso siano dimostrativi di una circostanza di favoreggiamento perché quella circostanza non esiste nell'89”.
Sui fatti del 5 agosto Rizzuto verrà risentito diversi anni dopo sulla base di intercettazioni raccolte dagli inquirenti, il 22 febbraio 2018. Ed è qui che secondo l’avv. Monastra sussiste la reticenza dell’imputato. L’avvocato ha ritenuto configurabile il delitto così come contestato nel capo di imputazione e commesso in data 22 febbraio 2918 “quando sentito in qualità di persona informata sui fatti (Rizzuto Francesco Paolo, ndr) ha riferito circostanze false idonee a sviare le investigazioni che in quel momento si stavano svolgendo”. Le informazioni riguardavo, tra le altre cose, il motorino con cui lui si allontanò dai pressi dell’abitazione degli Agostino.
Foto © Paolo Bassani
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