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Il capo dell’Eliseo insiste: “Nessun limite nel sostegno a Kiev se i russi avanzano verso Odessa o Kiev”

Da Parigi arrivano pericolosi venti di guerra e dichiarazioni sconcertanti che proiettano futuri scenari foschi per l’Europa.
Il presidente francese Emmanuel Macron ha ricevuto questo giovedì diversi leader politici per discutere del conflitto in Ucraina, presentando loro i risultati della conferenza internazionale per aumentare il sostegno militare a Kiev, organizzata la settimana scorsa.
Durante l’incontro, il capo dello Stato ha chiarito ai leader del partito che non ci sarà “nessun limite”, “nessuna linea rossa” per il sostegno dalla Francia all’Ucraina, in guerra contro la Russia, secondo Fabien Roussel, primo segretario del Partito Comunista e Jordan Bardella, presidente del Raggruppamento Nazionale (RN), intervenuto davanti all'Eliseo.
Secondo Roussel, Macron ha in delineato, con una mappa a supporto, lo scenario di un'avanzata del fronte "verso Odessa o verso Kiev", "che potrebbe avviare un intervento" dirette delle truppe francesi perché "non dovrebbe in alcun modo essere necessario lasciare che succeda”.
In sostanza, il leader dell’Eliseo sarebbe pronto domani a impegnarsi in “un’escalation bellicosa che potrebbe essere pericolosa”.
Marine Tondelier, segretaria nazionale degli Ecologisti, ha chiarito, al termine dell’incontro che giudica "estremamente preoccupante vedere un presidente della Repubblica francese che spiega, di fronte a qualcuno che detiene un'arma nucleare, che noi stessi deteniamo, che dobbiamo dimostrare che non abbiamo limiti”.
“Abbiamo un presidente che purtroppo, come sempre, gioca”, a “strumentalizzare la guerra” e ad “avvicinarsi alle elezioni europee con i panni di un leader di guerra”, ha deplorato dal canto suo il primo segretario del Partito socialista, Olivier Faure.
In seguito il presidente francese, commentando al canale BFMTV, ha ponderato la sue dichiarazioni sulla possibilità di inviare personale militare in Ucraina, affermando che “non escludere qualcosa non significa farlo”.
"Non escludere qualcosa non significa farlo. Adesso sei davanti a me e non pranzi al tuo tavolo. Ma non escludi che ad un certo punto ti siederai a pranzare al tuo tavolo, perché devi mangiare”, ha detto, parlando con i giornalisti.

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Mentre la maggior parte dei leader europei aveva preso le distanze dalle sue precedenti esternazioni rilasciate lunedì 26 febbraio, quando aveva già dichiarato appunto che non si dovrebbe scartare l’ipotesi di un impegno diretto, da allora altri segnali sinistri si sono succeduti, come a fare eco alla profezia di un futuro scenario infausto.
Il segretario alla Difesa statunitense Lloyd Austin pochi giorni fa ha affermato che la Nato entrerà in guerra con la Russia se dovesse avere la meglio in Ucraina
"Sappiamo che se Putin avrà successo non si fermerà… Se sei un Paese baltico, sei molto preoccupato se sarai il prossimo: conoscono Putin, sanno di cosa è capace - ha aggiunto il numero uno del Pentagono - e francamente, se l'Ucraina cade credo davvero che la Nato entrerà in guerra con la Russia", ha detto il capo del Pentagono.
Nel frattempo la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen durante la seduta plenaria a Strasburgo, annuncia che “la pace non è permanente” e dunque gli Stati nei prossimi 5 anni dovranno aumentare gli investimenti in armi.
La pace non è più un’opzione per la leadership europea e l’impasse dei 60 miliardi promessi da Washington che ritarderebbero solo di poco l’ineluttabile sconfitta ucraina, segnano un cambio di rotta nella politica estera statunitense, ulteriormente evidenziata dalle dimissioni del sottosegretario di Stato Victoria Nuland, fautrice del piano di destabilizzazione della Russia attraverso l’Ucraina.
La nuova fronda repubblicana, contraria ad ulteriore impegno militare nei confronti di Kiev, vede ora nella possibile ascesa di Donald Trump la realizzazione di un nuovo assetto strategico che vede trasferire all’Unione Europea i costi umani ed economici della guerra contro Mosca.
Suonano come un oscuro presagio in questo senso le promesse del Tycoon pronunciate qualche giorno fa durante un evento elettorale in Carolina del Nord.
"Se gli alleati della NATO non pagheranno, non li proteggeremo. Capisci?", ha detto Trump, rimettendo in discussione la chiave di volta dell’Alleanza, ovvero l’articolo 5 del Trattato dell’Atlantico del Nord, che, in ogni caso, non obbliga esplicitamente all’intervento militare in caso di attacco ad uno dei membri, ma ad intraprendere “immediatamente, individualmente e di concerto con le altre parti, l'azione che giudicherà necessaria, ivi compreso l'uso della forza armata”.
Moniti che lasciano presagire un impegno diretto dell’Europa nella guerra con la Russia in Ucraina affinché il conflitto rimanga su scala convenzionale.
Non sarebbe la prima linea rossa varcata dalla Nato nella guerra con Mosca. Sono già migliaia di “volontari” stranieri sul suolo ucraino, provenienti soprattutto da Polonia, Romania, ed altri paesi dell’Est, ma anche da Francia, Gran Bretagna, Germania e Stati Uniti. Il cancelliere tedesco Olaf Scholz ha ammesso pochi giorni fa che le forze francesi e britanniche stanno operando con missili da crociera che sono apparentemente sotto il controllo ucraino. A fine gennaio, la Russia affermò di aver ucciso una sessantina di mercenari francesi nel bombardamento di un albergo impiegato come caserma a Kharkiv. Parigi negò l’accaduto, ma pochi giorni dopo convocò l’ambasciatore russo accusando Mosca di aver ucciso due operatori umanitari francesi in Ucraina.


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In questo contesto non suonano di buon auspicio gli accordi bilaterali sulla sicurezza tra Italia e Ucraina, firmati il 24 febbraio dal presidente del Consiglio Giorgia Meloni e dal presidente ucraino Volodymyr Zelensky, che prevedono un’assistenza decennale a Kiev.
Un’intesa che, seppur non vincolante, stabilisce che i due Paesi “lavoreranno insieme e con altri partner dell’Ucraina per garantire la capacità delle forze di sicurezza e di difesa dell’Ucraina di ripristinare completamente l’integrità territoriale dell’Ucraina all’interno dei suoi confini riconosciuti a livello internazionale e di aumentare la resilienza dell’Ucraina affinché sia sufficiente a scoraggiare e difendersi da futuri attacchi e coercizioni”.
Nessun appello alla pace, nessun piano B, in una guerra che l’Ucraina non potrebbe vincere, nemmeno se Biden adempisse alle promesse di stanziamento dei famosi 60 miliardi di dollari bloccati dal congresso.
Come evidenzia Responsible Statecraft, questa somma impallidisce in confronto ai 113 miliardi di dollari in aiuti approvati dal Congresso nel 2022, durante un periodo della guerra in cui l’equilibrio delle forze era molto più favorevole alle Forze Armate dell’Ucraina (AFU), rispetto ad ora.
L’AFU sta affrontando una serie di sfide critiche, che vanno dalla crescente carenza di truppe e il grave deficit di munizioni e i fondi elargiti denaro non si tradurrebbero direttamente in proiettili prontamente disponibili. La Russia, secondo le stime della RUSI dell’inizio di quest’anno, spara 10.000 colpi di artiglieria al giorno, mentre la produzione annuale europea nel febbraio 2023 ammontava a soli 300.000 colpi, più o meno quanto la Russia ha speso ogni mese in Ucraina.
Da cosa dipendere la vittoria totale dell’Ucraina non negoziabile, non è ancora dato sapere.
“L’Occidente collettivo sta cercando di portare avanti i suoi piani irrealistici per infliggere una sconfitta strategica al nostro paese in Ucraina… Continuando a fornire assistenza militare e tecnico-militare su larga scala, l'Occidente sta effettivamente partecipando nel conflitto armato", ha affermato ieri segretario del Consiglio di sicurezza russo Nikolay Patrushev, che ha poi citato i moniti di Vladimir Putin nei confronti di un Occidente che si sta spingendo sempre più in prima linea nello scontro: “Anche noi abbiamo armi capaci di raggiungere i vostri territori… Tutto quello che l'Occidente sta escogitando porta veramente alla minaccia di un conflitto con armi nucleari e quindi all'annientamento della civiltà".
La dottrina della pace non permanente promossa dalla Ursula von der Leyen ci porterà dunque a questo scenario?

Foto di copertina © Imagoeconomica

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