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Il Procuratore di Napoli spiega gli effetti della riforma Cartabia e l’indifferenza dell’Europa nella lotta alla mafia

Nicola Gratteri, attuale Procuratore Capo di Napoli e rinomato esperto in materia di mafia, ha recentemente condiviso le sue riflessioni in un’intervista con il “Domani”. Ha commentato la direzione intrapresa dall’attuale esecutivo in termini di giustizia e lotta alla criminalità organizzata, sottolineando la necessità di porre rimedio alla crescente crisi di vocazione che sta colpendo sia il ruolo del magistrato che dell’investigatore. Inoltre, l’attenzione del Procuratore Capo di Napoli si è soffermata soprattutto sull’intenzione del ministro Carlo Nordio di voler diminuire il numero delle intercettazioni. “Dice che costano troppo. La settimana scorsa, a Napoli, abbiamo sequestrato l’equivalente di 1,8 milioni di euro in bitcoin, li abbiamo convertiti e sono già nella disponibilità delle casse del ministero - ha ribadito Gratteri - pronti per essere spesi. Così accade in altri distretti dove grazie a indagini accurate si riescono a confiscare ingenti profitti. Ebbene, il valore dei beni provento di attività illecite è dieci volte superiore rispetto alla spesa per le intercettazioni. La verità è che non si vuole intercettare chi corrompe, chi fa concussione e chi fa peculato; non si vuole toccare la zona grigia che si frappone tra la politica e le associazioni criminali”. Contemporaneamente, si riscontrano carenze importanti nell’organico dei magistrati, che inevitabilmente rallentano anche la rapidità dei processi. “Si sono fatti nuovi concorsi, ma chi li supererà assumerà le funzioni tra almeno quattro anni; nel contempo nessuno spiega come mai continuino ad esserci così tanti magistrati fuori ruolo. Una soluzione - ha spiegato Gratteri - sarebbe quella di richiamare al lavoro i magistrati in pensione per ricoprire questi incarichi: nel 2015 si è abbassata l’età pensionabile a 70 anni, ma a quell’età si è ancora in grado di lavorare. Guardi: il ministro Nordio di anni ne ha 75”. E ancora: “Penso che oggi ci sia una crisi di vocazione sia per il lavoro di magistrato che per quello di investigatore. Vede: con la riforma Cartabia sono stati introdotti dei termini capestro anche per le indagini. Si figuri che se si superano questi termini, e magari nelle more il Gip sta vagliando una complessa richiesta cautelare, bisogna informare gli indagati, che ben potrebbero fuggire o inquinare la prova, sapendo che potrebbero essere arrestati. Per cui questa vera e propria ossessione per il rispetto dei termini crea una paura di sbagliare, spingendo a non approfondire questioni complesse, preferendo così archiviare il caso. Io invece credo che chi è ai vertici di un ufficio debba dare fiducia ai propri collaboratori, spingendo a fare le indagini”.

Le mafie all’estero
Il Procuratore Capo di Napoli, che per anni ha combattuto la ‘Ndrangheta anche all’estero con i primi arresti avvenuti trent’anni fa in Olanda, ha commentato anche la presenza delle mafie all’estero e l’aumento costante delle attività criminali internazionali, osservando con particolare preoccupazione la crescita di altre forme di criminalità organizzata, come ad esempio quella albanese. Per di più, Gratteri ha spiegato come l’interesse dei narcotrafficanti sembra volersi concentrare su alcuni Paesi in modo particolare. “La Spagna, per esempio, è stata trasformata dai colombiani in un grande supermercato che stocca tonnellate e tonnellate di cocaina. La Spagna ha un sistema giudiziario e una capacità di reazione molto lenta. In Italia, se decidiamo di intercettare un indagato, impieghiamo al massimo un quarto d’ora. In Spagna - ha ribadito Gratteri - se tutto va bene, ci vogliono una ventina di giorni e nel frattempo l’indagato ha cambiato utenza tre volte, come spesso accade tra gli appartenenti ai cartelli internazionali. È un problema di comprensione e accettazione del fenomeno”. Una scarsa accettazione del fenomeno mafioso, dunque, che in Europa potrebbe essere contraddistinta anche da una bassissima volontà di contrasto. Purtroppo, la mancanza di limitazioni sull'uso del contante sembra voler confermare questa tendenza. “Io non credo che l’Europa abbia interesse a contrastare le mafie. Ciò lo si coglie da un dato significativo: in Europa non esiste alcun limite all’utilizzo del contante, così che chiunque può recarsi a Francoforte e comprare un’auto da 100mila euro portando con sé il denaro in una valigetta, senza che nessuno chieda conto della loro provenienza. Difatti, l’euro è diventata la nuova moneta del narcotraffico. In Spagna circola il 75 per cento delle banconote da 500 euro e qui si compra la cocaina dal Sud America. Nel mercato nero, una banconota da 500 viene pagata 530 euro, ed è preferita rispetto al dollaro per una ragione: un milione di euro in banconote pesa 1,2 kg; lo stesso valore in dollari pesa cinque volte tanto. Il riciclaggio di denaro in Europa non viene contrastato perché non conviene; non limitando la circolazione del contante, i proventi illeciti vengono calcolati nel Pil”.

Foto © Imagoeconomica

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