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La Procura: "Imprenditori collegati a cosca dei Gallace di Guardavalle"

Si parla di imprenditori “collegati all'articolazione 'ndranghetista dei Gallace di Guardavalle, esponenti politici e dirigenti di enti pubblici" e di contiguità con la 'Ndrangheta nella "gestione dei rifiuti, specificamente dei reflui e dei fanghi industriali, prodotti nel distretto conciario ubicato tra le province di Pisa e di Firenze".
Gli inquirenti fiorentini hanno ipotizzato l'esistenza di un sistema che vede coinvolti l'Associazione Conciatori e i singoli consorzi, "consapevoli, nell'ambito del rispettivo ruolo, dal conferitore allo smaltitore dei rifiuti prodotti, di far parte di un circuito collaudato e strutturato, tanto che i soggetti di vertice di quello che appare essere un 'sistema' figurano anche nelle compagini societarie o amministrative delle società coinvolte".
La Procura Distrettuale Antimafia di Firenze ha predisposto due avvisi di conclusione delle indagini preliminari nell'ambito di due procedimenti tra loro collegati - inchiesta Calatruria e inchiesta Keu (dal nome dell'inerte finale derivante dal trattamento dei fanghi prodotti dagli scarti della concia delle pelli) - che hanno consentito di far emergere, fra l'altro, una contiguità con la 'Ndrangheta da parte di imprenditori indagati.
Il duplice atto precede la richiesta di rinvio a giudizio che interesserà 12 indagati nel primo procedimento e 26 indagati nel secondo. L'inchiesta Calatruria è "caratterizzata da novità sotto il profilo delle emergenze investigative per il distretto toscano", come precisa il procuratore aggiunto distrettuale antimafia Luca Tescaroli in un comunicato.

Propaggine 'ndranghetista in fase di consolidamento
Le investigazioni svolte durante l'inchiesta Calatruria, ha spiegato il procuratore aggiunto Tescaroli, hanno consentito di far emergere "una propaggine 'ndranghetista in fase di consolidamento, con individuazione della presenza sul territorio di esponenti di tale struttura mafiosa, proiettata a generare un regime di monopolio illecito nel trasporto degli inerti nella zona del Valdarno aretino, nonché di ricostruire l'impiego del metodo mafioso nella commissione di un'estorsione ai danni di un imprenditore di origine calabrese e in plurimi reati di illecita concorrenza con minaccia e violenza, finalizzati a estromettere e/o assoggettare alle proprie strategie commerciali gli altri imprenditori locali. In tale contesto è stata delineata anche un'ipotesi di corruzione". Nell'ambito di questo procedimento nell'aprile del 2021 sono state emesse cinque misure cautelari custodiali (quattro in carcere e una agli arresti domiciliari). L'impostazione accusatoria sarà oggetto di vaglio nelle successive fasi processuali. Il secondo avviso di conclusione delle indagini per l'inchiesta Keu nei confronti dei 26 indagati e di 6 persone giuridiche riguarda "i delitti di associazione a delinquere finalizzata alle attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti e l'inquinamento ambientale, di corruzione anche in materia elettorale e di indebita erogazione di fondi pubblici ai danni della pubblica amministrazione, di falso e di impedimento del controllo da parte degli organi amministrativi e giudiziari". La Procura distrettuale antimafia ha mosso, inoltre, "la contestazione in ordine alla responsabilità degli enti per illecito amministrativo da reato commesso dai propri rappresentanti, direttori e preposti".
"Il comparto industriale della concia delle pelli - ha detto il magistrato - rappresenta un settore di particolare impatto ambientale la cui gestione illecita provoca conseguenze in termini di contaminazione dei siti e dei corpi ricettori nei quali vengono recapitati gli scarichi e dei suoli nei quali vengono riutilizzati i rifiuti, fittiziamente recuperati o sottoposti a procedure di gestione insufficienti. Gli esiti investigativi inducono a ritenere che il meccanismo costruito che avrebbe dovuto assicurare un riciclo praticamente totale dei rifiuti prodotti dal comparto, con un conferimento in discarica sostanzialmente residuale, di fatto non raggiunge il risultato di ottenere un ciclo che recupera i rifiuti efficacemente e lecitamente". "Alla stregua dell'ipotesi investigativa, il peso economico del comparto associativo menzionato ha consentito ai suoi referenti di avere contatti diretti che vanno oltre i normali rapporti istituzionali con esponenti politici e amministrativi di più Enti Pubblici territoriali, che a vario titolo hanno agevolato in modo sostanziale il sistema", ha osservato sempre il procuratore Tescaroli.  Secondo Luca Tescaroli, "la gravità dei fatti contestati emerge anche da preoccupanti risultati delle analisi delle acque di falda che risultano essere state a contatto con tali rifiuti. Naturalmente, l'ipotesi d'accusa dovrà essere vagliata nel prosieguo del procedimento penale".

Indagini sul settore conciario e orafo
Nel corso del mese di aprile 2021 erano state eseguite sei misure di custodia cautelare (una in carcere e cinque agli arresti domiciliari) e sette misure cautelari di interdizione dall'attività imprenditoriale (eseguite simultaneamente con quelle di cui al primo procedimento), due sequestri preventivi di impianti di gestione di rifiuti e un provvedimento di sequestro per equivalente per oltre 20 milioni di euro, che sono stati confermati in sede di gravame. I successivi accertamenti hanno consentito di far emergere, a livello di ipotesi da verificare nel corso del prosieguo del procedimento penale, "ulteriori illeciti commessi da nuovi indagati, collegati ad altre due aziende della provincia di Arezzo, attive nella gestione dei rifiuti provenienti dalle lavorazioni auro-argentifere, le quali, analogamente a quanto emerso per l'illecita gestione del rifiuto Keu, proveniente dal comparto conciario pisano, hanno fatto confluire ingenti quantitativi di scorie pericolose, prodotte a conclusione del proprio ciclo produttivo, presso l'impianto di Bucine (Arezzo), ove erano miscelate proprio al suddetto Keu per poi essere interrate o destinate a siti esterni con modalità non consentite". L'indagine del comparto conciario e del comparto orafo, spiega la Procura distrettuale antimafia, "sono risultate connesse in quanto entrambi i flussi dei rifiuti contaminati avevano una medesima destinazione verso lo stesso impianto di produzione di materiali inerti venduti poi come materie prime". L'indagine, infatti, ha consentito di "disvelare, secondo la prospettazione accusatoria, una prassi abusiva particolarmente pericolosa e dannosa per l'ambiente, ovverosia quella di declassificare i rifiuti pericolosi e le ceneri dei fanghi di depurazione contaminati, facendoli figurare come se fossero rifiuti recuperabili nella lavorazione di materiali inerti per l'edilizia, così da consentire un occultamento dei rifiuti più inquinanti provenienti dal comparto conciario (ceneri contaminate da elevatissime concentrazioni di cromo) e dal comparto orafo (fanghi cancerogeni ed ecotossici contaminati da arsenico, boro, selenio) e causare anche gravi eventi di inquinamento ambientale, essendo quei rifiuti ceduti a terzi ignari e utilizzati come materie prime in terreni agricoli, in fondazioni per attività edilizie residenziali, in ripristini ambientali, in opere infrastrutturali, quali strade e aeroporti".
Correlativamente, nel gennaio 2022, il Tribunale di Firenze ha emesso un sequestro di prevenzione di beni per un valore di oltre cinque milioni di euro, su richiesta della Dda fiorentina, nei confronti di uno degli imprenditori di origini calabresi legato alla cosca 'ndranghetista Gallace di Guardavalle, nell'ambito di un correlato procedimento di prevenzione. "Il relativo procedimento è in corso di celebrazione e il Tribunale si sta adoperando, nel quadro di una sinergia istituzionale che coinvolge quest'ufficio, più prefetture del distretto e organi territoriali, per mettere in sicurezza i depositi oggetto di sequestro", precisa il procuratore aggiungo Luca Tescaroli.

Tescaroli: "Recidere rapporti con esponenti dello Stato"
"Non si è riusciti a incidere adeguatamente su questo rapporto tra alcuni esponenti dello Stato ed esponenti della criminalità di tipo mafioso" ha detto Luca Tescaroli a un convegno sulle mafie a Scandicci (Firenze), città dove è esposta in questi giorni l'auto distrutta della scorta di Giovanni Falcone. "Sarebbe estremamente importante - ha aggiunto - che ci fosse la presa di consapevolezza che i rapporti di questo tipo devono essere recisi, e devono essere oggetto anche di sanzioni in termini di consenso elettorale, e di consenso sociale". Le mafie, ha spiegato Tescaroli, sono riuscite "a instaurare rapporti con gli esponenti delle istituzioni e del mondo economico-finanziario per riuscire a raggiungere i propri risultati, entrando quindi a pieno titolo nella gestione della cosa pubblica, nel controllo degli appalti, e anche penetrando le pubbliche amministrazioni, tessendo rapporti con esponenti politici, dando vita a rapporti di interscambio consistenti prevalentemente nel sostegno elettorale a fronte di benefici erogati dagli esponenti delle pubbliche amministrazioni. Questo è un anello estremamente importante per gli esponenti delle organizzazioni mafiose, che consente a queste organizzazioni di raggiungere risultati qualitativamente superiori a quelli che potrebbero raggiungere come mera congrega di criminali". "La mafia c'è, è vitale, porta avanti strategie di inabissamento ricorrendo agli atti di violenza solo quando è indispensabile: proprio per questo è più insidiosa e pericolosa, ragione in più per essere attenti nell'azione di contrasto e nell'azione preventiva da parte di tutti” ha affermato il magistrato. "Anche se non si è assistito a forme di aggressione al cuore dello Stato com'è avvenuto nel '92 e poi nel '93 - ha proseguito Tescaroli -, oggi con diverse modalità operativa le organizzazioni mafiose operano, sono presenti anche nel nostro distretto, e quindi iniziative come queste sono estremamente importanti, perché consentono di sensibilizzare le istituzioni e i cittadini tutti su questo pericolo così consistente che l'Italia vive". Secondo il magistrato "la criminalità organizzata nel nostro paese è un pericolo costante, immanente, è ancora presente, ed è un pericolo consistente", ma allo stesso tempo "i giovani e i cittadini devono sapere che lo Stato c'è, che è capace di intervenire, e molti risultati sono stati ottenuti". Tescaroli ha sottolineato che contro le mafie "disponiamo di strumenti e straordinari che il mondo intero ci invidia", citando provvedimenti come la legge Rognoni - La Torre, la legge sui collaboratori di giustizia del 1991, il Dl 306/1992 sul 41 bis e sull'ergastolo ostativo. Strumenti che sono "una risorsa preziosa, insostituibile, e bisogna vigilare affinché questi strumenti vengano conservati". "Il periodo in cui Giovanni Falcone ha lavorato alla direzione generale degli affari penali del ministero della Giustizia - ha aggiunto - è stato uno dei periodi più proficui di elaborazione di strumenti legislativi e amministrativi funzionali a contrastare il crimine mafioso. Una primavera per la stagione dell'antimafia: e una delle ragioni per le quali si è deciso di colpire il magistrato era anche una ragione di vendetta riconducibile a quello che egli aveva fatto anche al ministero, che allora si chiamava di Grazia e Giustizia". "E' stata introdotta una normativa che monitora, svolge un'attività di controllo sulle movimentazioni finanziarie che vengono effettuate in contanti - ha osservato ancora -sono stati introdotti strumenti per disporre lo scioglimento degli organi territoriali, Comuni, Province e altri enti locali dove vi sono infiltrazioni mafiose".

Foto © Imagoeconomica

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