In centinaia per dire no alle riforme costituzionali proposte dall'esecutivo
Nonostante la pioggia e la nebbia sono stati centinaia le lavoratrici e i lavoratori oggi presenti a Portella della Ginestra per commemorare i caduti nella strage del primo maggio 1947.
Fu la prima strage del periodo repubblicano; la prima di una lunga serie di attentati terroristici che hanno attraversato gli anni della nostra storia. Quel primo maggio di 77 anni fa il sangue dei contadini, delle donne e dei bambini riuniti per la festa dei lavoratori si unì alla terra di Piana degli Albanesi mentre alcuni individui, appostati sui roccioni del monte Pelavet, spararono sulla folla. Sullo sfondo di quel massacro che costò la vita ad undici persone e che ne ferì altre ventisette, è possibile riconoscere alcune sagome che non possono corrispondere a quelle di semplici banditi.
Il processo di Viterbo prima e quello svoltosi presso la Corte d'Appello di Roma dopo sentenziarono che il solo responsabile della strage era il “re di Montelepre”, Salvatore Giuliano.
Tuttavia uno degli imputati, Antonio Terranova, "denunziò come organizzatori della strage l'onorevole Bernardo Mattarella, l'onorevole Tommaso Leone Marchesano e il principe Gianfranco Alliata. Tramite tra i mandanti e il capo banda, sarebbe stato l'onorevole Giacomo Cusumano Geloso, qualificato 'ambasciatore' tra la banda e Roma".
Presente la segretaria del Pd Elly Schlein e il presidente del Movimento 5 Stelle Giuseppe Conte per la manifestazione promossa dalla Cgil. Il leader del M5s ha annunciato che firmerà il referendum della Cgil contro il jobs act. “Oggi è la festa del primo maggio - ha spiegato Conte - ma non dei lavoratori sotto pagati, dei lavoratori poveri, dei lavoratori precari. Dignità del lavoro significa avere un lavoro che dà soddisfazione, un lavoro che consenta anche di poter curare gli interessi personali, la vita familiare e affettiva, e consenta la giusta retribuzione. Un lavoro che non sia ‘nero’. E deve essere la festa anche di chi non ha in questo momento un lavoro e vorrebbe averlo”. Parole che vanno a braccetto con quelle della segretaria democratica Elly Schlein: “E’ una giornata di lotta contro il lavoro povero, contro il lavoro precario e anche per la sicurezza sul lavoro - ha detto - perché non è possibile in Italia continuare a morire di lavoro”.
Sul posto era presente anche Giuseppe Antoci, capolista del M5S nella circoscrizione "isole" alle elezioni europee: "Oggi con Giuseppe Conte abbiamo ricordato la strage di Portella della Ginestra avvenuta l'1 Maggio 1947. Un'occasione importante per ribadire l'importanza del diritto al lavoro come strumento di giustizia sociale e di lotta alla mafia".
"Il sud continua ad avere il più alto tasso di disoccupazione in Italia - ha aggiunto Antoci -; tasso ancora più elevato tra le donne. E proprio nel disagio si insinua la criminalità organizzata. C'è fame di lavoro, di dignità. Di lavoro retribuito giustamente, di sicurezza nei cantieri, di lotta costante allo sfruttamento e alle discriminazioni. Di misure efficaci contro la disoccupazione e la fuga dei giovani all'estero in cerca di un lavoro dignitoso". Anche Antoci, insieme a Conte, ha firmato a sostegno della proposta referendaria.
Mario Ridulfo, segretario generale della Camera del Lavoro di Palermo, ha dichiarato davanti alla folla radunata che "il primo maggio, la festa dei lavoratori, non è mai un punto di arrivo di un percorso, ma è un punto che dà continuità alla mobilitazione per il lavoro, che non si è mai fermata, né in tempo di pandemia, né in tempo di guerra. Un mondo in cui la guerra torna ad essere l'unico strumento di risoluzione dei problemi e un mondo in cui esiste un solo vincitore, appunto l'industria delle armi. Nella guerra, infatti, noi tutti siamo perdenti. Allora lo dobbiamo gridare tutti. Pace in Europa, pace in Ucraina, pace nel Mediterraneo, in Palestina e anche in Israele".
In seguito ha parlato anche dei principi costituzionali nati dalla lotta partigiana e di come l'attuale governo stia cercando, e in certi casi ci è già riuscito, di trasformare la repubblica democratica in una repubblica di stampo corporativo: "Questa è la situazione. Il lavoro è diventato come il denaro. Si prende dove costa meno e si colloca dove rende di più".
A seguire l'intervento di Serena Sorrentino, segretaria generale della Funzione Pubblica Cgil. Anche lei ha parlato delle politiche governative sempre più indifferenti ai diritti dei lavoratori ma estremamente attente a soddisfare i desiderata delle elitè economiche. Nel suo discorso ha toccato la riforma costituzionale del premierato in cui si "mette sotto accusa la democrazia parlamentare. Si costituzionalizza un sistema elettorale alterando il rapporto tra il voto espresso liberamente dai cittadini e i seggi attribuiti alle maggioranze parlamentari. Si cambia l'equilibrio nel rapporto tra il potere legislativo e il potere esecutivo. E' un'altra idea di Repubblica. E' un altro modello di democrazia. E' il superamento dello Stato sociale con uno Stato minimo in cui il potere è concentrato sempre di più nelle mani di una sola persona. Noi difendiamo come lavoratrici e lavoratori del settore pubblico, come lavoratrici e lavoratori che difendono e si riconoscono nella Costituzione il ruolo dello Stato, il ruolo delle autonomie locali, il ruolo delle amministrazioni pubbliche per garantire nella difesa dei diritti quell'unitarietà che è fondamentale per noi, ma soprattutto difendiamo l'idea della democrazia e della partecipazione anche di quella delle assemblee elettive e ancora oggi noi facciamo una battaglia per restituire dignità a quegli enti che sono stati completamente devastati da riforme istituzionali che ne hanno cancellato la funzione democratica a partire dalle province. Guardate cosa è successo con la riforma delle province, immaginate che cosa succederà con l'autonomia differenziata del premierato. redistribuzione della ricchezza, giustizia sociale, guardando anche ai pericoli che si affacciano, andando verso le elezioni europee. Noi continuiamo a credere nell'Europa di pace, noi continuiamo a credere nell'Europa del benessere, noi continuiamo a credere che essere per la difesa significa essere contro l'offesa e che quindi l'articolo 11 della nostra Costituzione vada rispettato. L'Italia deve ripudiare la guerra come strumento di risoluzione dei conflitti" ha detto. "Su questo non ci possono essere ambiguità. Lo diciamo con forza. Se vuoi la pace, prepara la pace" ha aggiunto.
Dietro le quinte di una strage atlantista
In un articolo senza data contenuto negli atti della Commissione parlamentare antimafia, si prospettava addirittura l'ipotesi che Scelba fosse stato al corrente di questo traffico di armi tra l'agente Stern e il bandito Giuliano. Il governo italiano si difese in via preventiva, prima che l'accusa fosse formulata apertamente.
La politica ebbe la sua parte: il ministro Mario Scelba il 2 maggio 1947 alla Camera dei Deputati, a meno di ventiquattro ore dai fatti sostenne che si trattò di un episodio di arretratezza feudale.
Il 5 luglio 1950, il bandito fu assassinato a Castelvetrano, in provincia di Trapani. Ufficialmente in uno scontro a fuoco con uomini del CERB (Comando forze repressione banditismo in Sicilia, gruppo interforze di polizia e carabinieri, istituito l'anno prima proprio per dare la caccia a Giuliano), ma poi venne avanzata la teoria per cui sarebbe stato piuttosto il suo luogotenente e cugino Gaspare Pisciotta a ucciderlo. Questi morirà in carcere quattro anni più tardi, avvelenato dopo aver affermato di voler rivelare i nomi dei mandanti della strage. Eppure, negli ultimi tempi vi sono forti dubbi sul fatto che Pisciotta fosse il vero autore dell'omicidio di Giuliano.
Molti dubbi sulla modalità della morte del bandito permangono nel tempo.
Ma le indagini non furono d'aiuto nella ricerca della verità: i magistrati fecero accertamenti frettolosi e superficiali; nessuna autopsia sui corpi delle vittime e le perizie balistiche per accertare il tipo di armi usate nella strage.
Ad essere chiaro però fu il messaggio: la Democrazia Cristiana deve essere il solo partito che deve governare. Nelle elezioni del 18 aprile 1948 si afferma come partito di maggioranza relativa, dopo una campagna elettorale volta a esorcizzare il "pericolo rosso".
A fare da spalla fu anche il vaticano: il cardinale Ernesto Ruffini, a proposito della strage di Portella e degli attentati del 22 giugno, scrive che era "inevitabile la resistenza e la ribellione di fronte alle prepotenze, alle calunnie, ai sistemi sleali e alle teorie antiitaliane e anticristiane dei comunisti".
Influssi sulla campagna elettorale del 1948 si ebbero anche dal National Security Council che, quaranta giorni prima del voto, scrisse in un documento raccolto dal Foreign Relations of the United States: "La dimostrazione di una ferma opposizione degli Stati Uniti al comunismo e la garanzia di un effettivo sostegno... potrebbero incoraggiare gli elementi non comunisti in Italia a fare un ultimo vigoroso sforzo anche a rischio di una guerra civile, per prevenire il consolidarsi di un controllo comunista".
Aggiungendo che gli USA sono disponibili a "fornire ai clandestini anticomunisti assistenza finanziaria e militare" ben sapendo - perché Washington ne era stata informata dall'ambasciatore James Dunn a inizio 1949 - che "l'Italia sta istituendo organizzazioni di polizia segreta anticomunista sotto il ministro dell'Interno e con esponenti dell'ex polizia segreta fascista come parte determinante a livello strutturale e organizzativo".
Insomma, occorreva non lesinare mezzi per tutelare gli interessi degli Stati Uniti nell'area del Mediterraneo, relativi ai problemi di sicurezza, che risultano seriamente minacciati dalla possibilità che il Fronte Popolare ottenesse una partecipazione al governo attraverso elezioni nazionali: "Nel caso in cui i comunisti dovessero riuscire a ottenere la guida del governo attraverso sistemi legali. Sono da prendere delle misure immediate, compreso ciascun tipo di misura coercitiva".
Insomma, una dichiarazione di guerra contro la libertà e l'autodeterminazione di tutto il popolo italiano.
Una guerra che nel corso degli anni mieterà molte vittime e i cui effetti sono in vigore ancora oggi.
Foto © ACFB
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