Il figlio gli venne ucciso nel febbraio del 2004. Attilio Manca, giovane medico siciliano, 'suicidato' perché aveva toccato quei fili micidiali che difendevano la latitanza del boss corleonese Bernardo Provenzano. Il marito, Gioacchino Manca, per tutti Gino, morì il 19 agosto del 2023, dopo una lunghissima ed estenuante battaglia contro una fibrosi polmonare.
Angela Gentile, da tutti conosciuta come Angela Manca, era rimasta sola; eppure gli venne riservata una crudele beffa: un'agonia iniziata già nel lontano 2011 e continuata fino a oggi. Si parla di veleni quotidiani che qualcuno sversava di notte nel loro giardino facendo diventare l'aria irrespirabile, che bruciava la gola, che uccideva le piante e forse non solo quelle.
Per questa storia, come riportato dalla gazzettadelsud.it ora c'è un indagato, un nome noto: il nipote Ugo Manca, il loro parente e vicino di casa, che è stato raggiunto da un atto di chiusura delle indagini preliminari con contestuale informazione di garanzia, siglato dal sostituto procuratore Carlo Bray e controfirmato dal procuratore capo di Barcellona Pozzo di Gotto Giuseppe Verzera. L’ipotesi d’accusa a carico di Ugo Manca, che risulta assistito dall’avvocato Franco Bertolone, è quella di atti persecutori.
Secondo gli inquirenti potrebbe essere stato lui ad aver versato in numerose occasioni (nei mesi di maggio e agosto del 2022, nonché nei mesi di aprile, maggio, giugno, luglio e agosto del 2023) sostanze nocive nel giardino dei genitori di Attilio.
Per la Procura tali atti avrebbero generato in loro un fondato timore per la propria incolumità. Li ha costretti ad alterare le proprie abitudini di vita, a tenere chiuse porte e finestre della propria casa anche d’estate, a non uscire in giardino. E infine ad abbandonare la propria casa. Tutto questo è accaduto, secondo la Procura, sin dal mese di maggio del 2022, e la condotta sarebbe ancora in atto.
Angela è tornata da un paio di giorni a Barcellona, nella sua casa, in attesa che la Procura di Roma si decida ad indagare sulla morte del figlio che, ricordiamo, è stato un omicidio, come già aveva scritto la precedente commissione parlamentare antimafia.
Ugo Manca, ricordano le carte della commissione, la "prima mattina del 13 febbraio" era "arrivato intorno alle ore 07:00 alla stazione Termini di Roma" e si era diretto "nel capoluogo viterbese accompagnato in auto da un’amica" e "arrivato a Viterbo, chiedeva insistentemente" di "entrare nell’abitazione di Attilio, in quel momento posta sotto sequestro, asseritamente per recuperare dei vestiti da utilizzare per vestire la salma. Inoltre, la famiglia segnalava il costante contatto telefonico intercorso tra il predetto Ugo Manca e tale Lorenzo Mondello, altro barcellonese di lui amico, che veniva aggiornato continuamente sugli sviluppi degli accadimenti".


Le stranezze non si fermano qui: tra le carte si ricorda la "presenza dell’impronta di Ugo Manca su una piastrella del bagno" (della casa di Attilio ndr) che "riferiva di averla lasciata a metà dicembre 2003, allorché fu ospitato una notte dal cugino Attilio in previsione di un intervento chirurgico che gli venne praticato proprio da quest’ultimo all’ospedale 'Belcolle' di Viterbo.
Sul punto va evidenziato un dato singolare. L'appartamento, dopo la permanenza di Ugo Manca, fu frequentato dai genitori di Attilio, ospiti del figlio nei giorni di Natale 2003, e da diversi amici del medico, che trascorsero la serata a casa sua il 6 febbraio 2004, quindi meno di una settimana prima della sua morte. Eppure nessuna delle loro impronte veniva rilevata dalla polizia scientifica".


L'omicidio che non si può più nascondere

Perché tanto accanimento contro i familiari di Attilio? Avrebbero ricevuto lo stesso trattamento se si fossero arresi sin da subito e avessero accettato supinamente la versione della procura di Viterbo? Certamente no.
Sono vivi ancora i ricordi di quando si creò il vuoto appena si iniziò a parlare di Provenzano; ci sono molte voci che accreditano questa versione.
Sul punto basta ricordare l'intercettazione ambientale del 13 gennaio 2007 (confluita nell’operazione antimafia di Messina denominata "Vivaio"), in cui Vincenza Bisognano, sorella del boss barcellonese Carmelo Bisognano (oggi collaboratore di giustizia), mentre si trova in auto assieme al suo convivente Sebastiano Genovese e a una coppia di amici.
I quattro iniziarono a parlare della vicenda di Attilio Manca, collegandola alla presenza di Provenzano a Barcellona Pozzo di Gotto finché uno degli uomini in macchina, Massimo Biondo, affermò con estrema certezza che il capo di Cosa Nostra si nascose per un periodo proprio nella cittadina messinese e, riferendosi ad Attilio Manca, aggiunse: "Però sinceramente, stu figghiolu era a Roma a cu ci avia a dari fastidio? (questo ragazzo era a Roma, a chi doveva dare fastidio?)". A quel punto, Vincenza Bisognano rispose: "Perché l’aveva riconosciuto". Questo è solo uno dei tanti elementi di prova che rafforzano la pista mafiosa e non solo.
Ma quanto è costato alla famiglia di Attilio Manca denunciare la verità? E chi non vuole che venga alla luce?
Con rammarico dobbiamo constatare che lo Stato si è mosso colpevolmente in ritardo; e intanto i veleni hanno agito indisturbati.

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