Manca la querela delle vittime e la Procura di Palermo è costretta a chiedere l'inefficacia della misura cautelare per tre boss, imputati di lesioni aggravate dal metodo mafioso.
Le vittime, interpellate dal giudice come prevede la norma, si sono infatti rifiutate di querelare i capimafia e ai pm Dario Scaletta, Federica La Chioma e Bruno Brucoli, coordinati dall’aggiunto Paolo Guido, non è rimasto che chiedere la revoca della misura.
Sono questi gli effetti della Riforma Cartabia entrata da poco in vigore e che introduce la querela come condizione di procedibilità per reati come quelli di lesioni e sequestro.
La vicenda riguarda i boss del clan Pagliarelli Giuseppe Calvaruso, reggente del mandamento, Giovanni Caruso (RPT Caruso) e Silvestre Maniscalco.
Il 14 dicembre del 2022, i tre sono stati condannati in primo grado con l’abbreviato per una serie di reati. Pene alte visto che a Calvaruso, ritenuto il nuovo capofamiglia, sono stati inflitti 16 anni di carcere, tre in meno per Caruso, mentre a Maniscalco sono toccati 4 anni e 4 mesi.
Oltre ai reati di associazione mafiosa ed estorsione, i tre rispondevano in questo procedimento, a vario titolo, di sequestro di persona e lesioni aggravate dal metodo mafioso. Secondo quanto emerso dalle indagini, a seguito delle quali i tre furono arrestati, gli indagati sarebbero responsabili del sequestro e del pestaggio di due persone ritenute dalla cosca responsabili di una rapina ai danni di un commerciante non autorizzata da Cosa nostra.
L'ex ministra Marta Cartabia © Imagoeconomica
I fatti risalgono al 2019: il proprietario dell’esercizio commerciale, che aveva subito due rapine in cinque giorni, decise di affidarsi al “servizio di sicurezza” di Cosa Nostra. Caruso e Maniscalco, allora, avevano individuato i rapinatori e li avevano convocati all’interno di un autolavaggio. Li avevano bloccati, senza la possibilità di scappare, in attesa che arrivasse anche Calvaruso, il capomafia. Alla presenza del padrino, gli altri due avevano cominciato un pestaggio violentissimo: a uno dei tre ladri verrà diagnosticato un trauma cranio facciale, con la perdita di alcuni denti.
I tre mafiosi sono stati arrestati prima dell'entrata in vigore della legge: in questo caso vige, dunque, il regime transitorio che impone al giudice di verificare la volontà querelatoria delle persone offese. Qualora le vittime non vogliano procedere con la querela, la misura cautelare è inefficace. Interpellate sulla volontà di querelare i tre mafiosi le vittime si sono rifiutate. I tre boss resteranno comunque in carcere perché destinatari di altre misure cautelari, ma la questione allarma i magistrati perché il caso si può riproporre.
Infatti l’Associazione nazionale magistrati ha lanciato un allarme al governo: “Le recenti notizie di stampa in ordine alla probabile revoca di misure cautelari per reati diventati procedibili a querela, pur quando sia contestata l’aggravante del metodo mafioso o dell’agevolazione mafiosa, impongono un ripensamento, in tempi rapidi, delle scelte del legislatore”, ha detto Giuseppe Santalucia, presidente dell’Anm all’Ansa. “In presenza di tal tipo di aggravanti anche il reato che, in astratto, può sembrare di non particolare gravità – aggiunge il magistrato – assume una fisionomia incompatibile con l’affidamento alle singole persone offese della possibilità di perseguirlo in concreto, secondo logiche di deflazione del carico giudiziario che sono accettabili soltanto in riferimento a reati autenticamente bagatellari”.
In foto di copertina: il boss del clan Pagliarelli, Giuseppe Calvaruso
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