Questo sito utilizza cookie tecnici e di terze parti per migliorare la navigazione degli utenti e per raccogliere informazioni sull’uso del sito stesso. Per i dettagli o per disattivare i cookie consulta la nostra cookie policy. Chiudendo questo banner, scorrendo questa pagina o cliccando qualunque link del sito acconsenti all’uso dei cookie.

I due capi di Cosa nostra erano a Roma per spiare il conduttore televisivo


Questo articolo, che riproponiamo ai nostri lettori, è stato scritto in data 23-12-2023


Il boss di San Giuseppe Jato, Giovanni Brusca, aveva detto che erano come "il secchio e la corda", cioè stavano sempre insieme. Questa connessione tra Matteo Messina Denaro e Giuseppe Graviano emerge ancora più chiaramente quando li vediamo seduti tra il pubblico del teatro Parioli di Roma, nell'inverno del 1992, durante uno spettacolo del Maurizio Costanzo Show. Sempre insieme, uniti da un legame particolare che affonda le radici anche nella conoscenza reciproca dei segreti indicibili di Salvatore Riina: il pentito Giovanni Brusca aveva detto ai pm durante il processo di Caltanissetta contro la primula rossa di Castelvetrano che il capo dei capi, durante un incontro, si era lasciato andare ad alcune confidenze, già riportate da ANTIMAFIADuemila nel 2017: Totò Riina mi ebbe a dire che, qualora lui fosse arrestato o che gli succedeva qualche cosa, i picciotti, Matteo Messina Denaro e Giuseppe Graviano, sapevano tutto. Queste cose me le dice alla fine del 1992, tra novembre e dicembre. Era il periodo in cui non avevamo più notizie e lui iniziava a preoccuparsi che poteva essere arrestato”.
Con la recente scomparsa di "u Siccu" lo scorso settembre, Graviano, noto come "madre natura", è forse l'unico rimasto a custodire tali segreti.
Le foto pubblicate da 'Repubblica' ritraggono i due capi di Cosa Nostra seduti uno accanto all'altro, all'epoca già latitanti.
La ricerca di quell’immagine era partita da quando lo stesso capomafia palermitano, intercettato durante il passeggio nel carcere di Ascoli Piceno, aveva fatto dei commenti con il compagno d’ora d’aria Umberto Adinolfi. “Nel 1992 a Roma, quando c'era Falcone al Costanzo, dove si sedeva, c'erano 8 persone... 8 persone - diceva Graviano il 24 settembre 2016 - Eravamo io, ... palermitani, due di Brancaccio, mici, due di… incompr... che poi se ne sono andati che avevano un matrimonio, e altri due che si sono fatti entrambi pentiti uno di Castelvetrano e uno di Mazara del Vallo, Sinacori e Geraci”. La puntata più nota in cui Falcone partecipò al Maurizio Costanzo Show fu quella dedicata, in tandem con Samarcanda di Michele Santoro, alla memoria dell’imprenditore Libero Grassi, ucciso nell’agosto del 1991. Puntata che andò in onda proprio nel settembre 1991.


mmd graviano costanzoshow
Giuseppe Graviano, a sinistra, e Matteo Messina Denaro, a destra


Un'analisi approfondita ha condotto all'identificazione di Graviano e Messina Denaro in due occasioni, sempre seduti nella platea: il 13 novembre e il 30 dicembre 1992. Le immagini, specifichiamo, sono parte dell'indagine sui mandanti esterni delle stragi del 1992, nella quale l'ex senatore Marcello Dell'Utri è sotto indagine, così come lo era anche Silvio Berlusconi, deceduto nel mese di giugno. L’inchiesta è coordinata dai procuratori aggiunti di Firenze Luca Turco e Luca Tescaroli e dal pm Lorenzo Gestri. I due boss erano in missione a Roma per conto di Salvatore Riina con lo scopo di studiare uno degli obiettivi da colpire, Maurizio Costanzo. Questo episodio precede di alcuni mesi l’evento drammatico del 14 maggio 1993: in via Fauro a Roma, poco distante dal teatro in cui si era tenuto lo show, un'autobomba esplose, ma Maurizio Costanzo e Maria De Filippi ne uscirono vivi.
Quella sera con Costanzo non c'era il solito autista, con la sua Alfa 164, ma un sostituto in Mercedes. Fu quella sorpresa a causare l'attimo di esitazione per i killer, e solo quell'attimo evitò la strage che causò comunque il ferimento di sette persone.
In carcere ad Ascoli Piceno Graviano aveva parlato anche di quell’attentato: “Meschino il cane saltò. Quando c’è stato l’attentato il cane scappò e non si è fatto più vedere. Avevano il finestrino aperto e quello scappò a razzo”.
Su questo attentato il pentito Gaspare Spatuzza aveva dato una sua chiave di lettura. Totò Riina aveva già ordinato ad altri in passato di pedinare a Roma e poi sparare al conduttore nel 1992. Poi il “Capo dei capi” ordinò lo stop e avviò la stagione degli attentati a Capaci il 23 maggio 1992. Il pentito ha quindi spiegato ai pm di Firenze (le dichiarazioni sono state acquisite in un verbale depositato presso il medesimo tribunale il 14 dicembre 2020, ndr) il movente delle stragi del 1993 e il cambiamento della modalità di svolgimento di queste ultime con il tritolo che prende posto alle pallottole: “Se nel 1992 Costanzo era un nemico di Cosa Nostra che si vuole vendicare per gli attacchi subiti da lui in televisione, e per questo va ucciso con le armi, così da mettere la firma, nel 1993 invece è prevista l’utilizzazione nei confronti di Costanzo dell’esplosivo e da ciò deduco che questa azione si è collocata nell’ambito di quello che ho prima definito un’unica strategia del colpo di Stato con metodi terroristici (…) Credo si debba fare un’assimilazione con l’attentato di Via d’Amelio: come Paolo Borsellino era un ostacolo alla Trattativa, Costanzo rappresentava un ostacolo al raggiungimento degli obiettivi che con la strategia stragista si dovevano perseguire e per tale ragione si è fatto ricorso all’impiego dell’esplosivo abbandonando l’impiego delle armi leggere”.
Anche l’avvocato Antonio Ingroia, a marzo 2023, nel corso della sua discussione al processo 'Ndrangheta stragista in rappresentanza della parte civile dei familiari dei carabinieri uccisi nel 1994, si era espresso in merito dicendo che la bomba di via Fauro era "certamente un attentato alla persona fisica (di Maurizio Costanzo, ndr) ma anche un messaggio a Silvio Berlusconi".

Fonte: repubblica.it

Realizzazione grafica by Paolo Bassani

ARTICOLI CORRELATI


Stragi, Brusca: ''Falcone, Borsellino, Bellini. Messina Denaro sapeva''

Strage di via Fauro, Tescaroli: ''Costanzo vivo per errore degli attentatori''


Ingroia: ''L'attentato a Maurizio Costanzo era un messaggio diretto a Berlusconi''

Spatuzza: ''Costanzo era ostacolo alla strategia stragista come Borsellino alla Trattativa''

Stragi '92-'94, Tescaroli: ''Ci sono domande che impongono di continuare a indagare''

I segreti del Lago d'Orta: dalle stragi all'arresto di Baldassare Di Maggio

Stragi del '93: sparite alcune carte dell'inchiesta su Berlusconi e Dell'Utri

ANTIMAFIADuemila
Associazione Culturale Falcone e Borsellino
Via Molino I°, 1824 - 63811 Sant'Elpidio a Mare (FM) - P. iva 01734340449
Testata giornalistica iscritta presso il Tribunale di Fermo n.032000 del 15/03/2000
Privacy e Cookie policy

Stock Photos provided by our partner Depositphotos