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Il pentito di Cosa nostra sentito dai pm di Firenze che indagano sulle bombe del 1993-94

Ulteriori, rilevanti, novità arrivano dal delicato lavoro d’inchiesta della procura di Firenze che sta indagando sugli attentati mafiosi del 1993-1994. Dopo le ultime rivelazioni del boss stragista Giuseppe Graviano sull’ex premier Silvio Berlusconi  (indagato a Firenze in qualità di “mandante esterno” delle stragi con Marcello Dell’Utri), oggi nuove rivelazioni di rilievo arrivano alle cronache su quella stagione di attentati. Pare infatti, come riporta Il Fatto Quotidiano, che il collaboratore di giustizia Gaspare Spatuzza, un tempo boss della famiglia di Brancaccio, abbia dichiarato ai procuratori aggiunti Luca Tescaroli e Luca Turco che l’attentato contro il conduttore televisivo Maurizio Costanzo, avvenuto in via Fauro a Roma nel ’93, vada assimilato a quello fatto contro il magistrato Paolo Borsellino nell’estate del ’92. I pm della Dda, coordinati dal procuratore Giuseppe Creazzo, sono andati a sentire il pentito che rubò la Fiat 126 ,poi utilizzata come autobomba contro Borsellino, il 24 settembre 2020. Ai magistrati Spatuzza ha reso un verbale pieno di informazioni utili alle indagini - tra le varie pagine ci sono vari omissis - poi depositato il 14 dicembre scorso al Tribunale del Riesame di Firenze. La finalità dell’autobomba esplosa in via Fauro il 14 maggio 1993, alla quale Costanzo riuscì a scampare per un errore di valutazione dei killer di Cosa nostra, “era l’uccisione del predetto, non un atto dimostrativo”, sostiene Spatuzza.


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Strage di Via D'Amelio © Shobha


Totò Riina aveva già ordinato ad altri in passato di pedinare a Roma e poi sparare al conduttore nel 1992. Poi il “Capo dei capi” ordinò lo stop e avviò la stagione degli attentati a Capaci il 23 maggio 1992. Il pentito ha quindi spiegato in questo verbale inedito il movente delle stragi del 1993 e il cambiamento della modalità di svolgimento di queste ultime con il tritolo che prende posto alle pallottole: “Se nel 1992 Costanzo era un nemico di Cosa Nostra che si vuole vendicare per gli attacchi subiti da lui in televisione, e per questo va ucciso con le armi, così da mettere la firma, nel 1993 invece è prevista l’utilizzazione nei confronti di Costanzo dell’esplosivo e da ciò deduco che questa azione si è collocata nell’ambito di quello che ho prima definito un’unica strategia del colpo di Stato con metodi terroristici (…) Credo si debba fare un’assimilazione con l’attentato di Via D’Amelio: come Paolo Borsellino era un ostacolo alla Trattativa, Costanzo rappresentava un ostacolo al raggiungimento degli obiettivi che con la strategia stragista si dovevano perseguire e per tale ragione si è fatto ricorso all’impiego dell’esplosivo abbandonando l’impiego delle armi leggere”.


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L'ex senatore, Marcello Dell'Utri © Imagoeconomica


Tra i vari punti delicati affrontati dai pm nel verbale c’è anche quello relativo al famoso incontro al Bar Doney, sempre a Roma nel gennaio 1994, in cui sempre Spatuzza raccontò al processo Trattativa Stato-mafia di aver incontrato Giuseppe Graviano che euforico gli avrebbe detto che grazie a Berlusconi e Dell’Utri “c’eravamo messi il Paese nelle mani”. Quel giorno, nella Capitale, all’hotel Majestic, sito esattamente a poche decine di metri dal Bar Doney, ci sarebbe stato anche Marcello Dell’utri presente a una convention di Forza Italia. Una circostanza, questa, oggetto di forti discussioni nel corso degli anni, sulla quale anche i pm di Firenze stanno cercando di far luce. I magistrati, infatti, sulla datazione dell’incontro e sulla presenza a Roma quei giorni di gennaio di Dell’Utri, hanno depositato lo stralcio di un’informativa del 2011 della Dia di Firenze. La Dia da un lato ricostruisce le date della presenza di Dell’Utri alla vigilia delle elezioni del 1994 a Roma, in particolare all’hotel Majestic di via Veneto, dove Dell’Utri è registrato nella notte del 18 gennaio. Nell’informativa la Dia riporta le celle telefoniche impegnate dal telefonino di Spatuzza che lo localizzano nella zona di Roma dal 18 al 21 gennaio. Spatuzza ha sempre detto di essere andato dopo l’incontro al Doney, con Graviano, a Torvaianica, una frazione di Pomezia. La Dia ipotizza quindi che la data più probabile dell’incontro Spatuzza-Graviano al Doney sia il 21 gennaio del 1994 perché alle 11 e alle 21 di quel giorno il telefonino di Spatuzza aggancia la cella di Pomezia.


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Il boss di Brancaccio, Giuseppe Graviano


Tornando al verbale del pentito, Tescaroli e Turco hanno chiesto “in ordine alle informazioni da lei ricevute da Giuseppe Graviano nel corso dell’incontro al Bar Doney in Roma. Lei ha riferito di Silvio Berlusconi e Marcello Dell’Utri come dei soggetti con i quali l’accordo si era concluso, che Graviano le aveva detto che i due erano persone più che affidabili, che l’attentato ai Carabinieri allo stadio Olimpico doveva essere portato a compimento nei termini programmati perché ‘gli dobbiamo dare il colpo di grazia’. Può dirci come entrano le stragi nell’accordo? Nello stesso rientrava la realizzazione delle stragi? A cosa doveva servire l’attentato all’Olimpico?”. Spatuzza ribadisce ciò che già aveva affermato in sedi giudiziarie e non. “Graviano disse che serviva portarci dietro un po’ di morti così si ‘davano una scossa’; aggiunse che c’era in piedi una cosa che se andava a buon fine ne avremmo tratto dei benefici anche per i carcerati”. Poi precisa: “Entrammo nel bar Doney, Graviano era tranquillo ed euforico e mi disse come ho più volte riferito ‘abbiamo il paese nelle mani’ (…) l’attentato doveva servire per dargli il colpo di grazia. Nel senso che già la vittima, intesa come lo Stato, al 90 per cento era spacciata, occorreva rafforzare quello che noi avevamo già nelle mani e cioè l’accordo con Berlusconi e Dell’Utri”. A questo punto al collaboratore di giustizia viene chiesto: “Graviano le disse se aveva incontrato Silvio Berlusconie/o Marcello Dell’Utri o comunque lo comprese se vi fosse stato l’incontro?”. Spatuzza risponde: “No, non mi disse di aver incontrato tali persone ma da come era euforico posso dire che qualcuno poco tempo prima gli aveva dato informazioni che lo avevano reso così”. Su questo aspetto dell’incontro al Bar Doney il pentito, come ricorda Il fatto Quotidiano, non era stato ritenuto attendibile dalla Corte di Appello di Palermo che ha poi condannato Dell’Utri nel 2010 per concorso esterno in associazione mafiosa ma lo ha assolto per i fatti dopo il 1992.
Ciononostante le dichiarazioni sul punto di Spatuzza, ritenuto attendibile da più procure, sono comunque utili al lavoro della procura di Firenze. Ad ogni modo la sentenza di Cassazione che condannava Dell’Utri è stata depositata al Tribunale del Riesame dai pm di Firenze, come scrive Il Fatto, per puntellare i sequestri presso terzi e l’accusa contro Dell’Utri e Berlusconi per le bombe del 1993. Nella nota di deposito del pm Tescaroli è riportato un estratto che resta attuale. I giudici ermellini nel passaggio citato dal magistrato descrive “un accordo che prevedeva la corresponsione da parte di Berlusconi di rilevanti somme di denaro in cambio della protezione accordata da parte di Cosa Nostra palermitana. Tale accordo era fonte di reciproco vantaggio per le parti che ad esso avevano aderito grazie all’impegno profuso dal Dell’Utri”. Il lavoro dei magistrati è complesso e si immerge in vari aspetti di quegli anni frenetici dei primi anni ’90. Dopo l’archiviazione, nel 2011, del fascicolo sui mandanti esterni delle stragi del ’93, ora che da qualche anno lo stesso è stato riaperto e le indagini stanno proseguendo a ritmo spedito, forse è arrivato il momento per l’Italia di ottenere chiarezza su quanto accaduto al tempo.

Foto di copertina © Imagoeconomica

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