Sono trascorsi 41 anni da quando, il 14 novembre 1982, Calogero Zucchetto, per gli amici “Lillo”, venne assassinato da Cosa nostra a Palermo, in via Notarbartolo. Grazie alle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia emerse che in quell’agguato parteciparono in tre: Giuseppe Lucchese, Mario Prestifilippo e Pino Greco “Scarpuzzedda".
Si arruolò nella Polizia di Stato in giovanissima età e, anche se per una breve parentesi, ha fatto parte della scorta di Giovanni Falcone, nei tempi in cui l’Unità paragonava Palermo a Beirut a causa dei morti ammazzati in strada.
Agli inizi degli anni Ottanta, dopo l’incarico nel reparto scorte, divenne stretto collaboratore del Commissario Ninni Cassarà alla Squadra mobile della Questura di Palermo occupandosi di criminalità mafiosa, in particolare nella "Catturandi”: una sezione specializzata nella cattura dei latitanti. “Lillo” era un poliziotto vecchio stile, nonostante la giovane età. Preferiva stare in strada più che in ufficio, pur di trovare piste utili alle indagini.
Lucchese, Prestifilippo e “Scarpuzzedda” conoscevano Zucchetto perché erano cresciuti assieme nel quartiere di Ciaculli. Inoltre, si erano incontrati con l’agente pochi giorni prima, in maniera del tutto casuale. Il giovane poliziotto era in Vespa con Ninni Cassarà, il capo della Mobile. Anche lui ucciso barbaramente dalla mafia tre anni dopo. I due giravano per le borgate palermitane in cerca di latitanti. Un lavoro delicato volto innanzitutto a raccogliere informazioni. Zucchetto quando casualmente incontrò in strada i tre mafiosi, si rese subito conto di essere stato riconosciuto. Nonostante ciò, Lillo non rinunciò al suo lavoro. Dopo settimane di appostamenti a Ciaculli riconobbe il latitante Salvatore Montaldo, ma trovandosi da solo e senza mezzi dovette rinunciare alla cattura che avvenne poi il 7 novembre 1982 con un blitz di Cassarà.
Zucchetto era un vero fuoriclasse nonostante i suoi 27 anni. Aveva collaborato con il commissario Ninni Cassarà al "rapporto Greco Michele + 161" che descriveva il nuovo assetto di Cosa Nostra dopo l’inizio della guerra di mafia del 1981. Riuscì a entrare in contatto anche con il pentito Totuccio Contorno che con le sue preziose confessioni diede un impulso importante sul piano investigativo, spiegando anche quelli che erano i contatti tra il potere mafioso e pezzi della politica e dell’imprenditoria. Spunti che portarono al MaxiProcesso del 1986. Anni dopo furono condannati come mandanti i componenti della cupola mafiosa di Cosa Nostra, tra cui Totò Riina, Bernardo Provenzano e Raffaele Ganci.
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