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Un poliziotto d'altri tempi, nonostante la giovane età. Questi era Calogero Zucchetto, per gli amici “Lillo”, nato a Sutera in provincia di Caltanissetta il 3 febbraio 1955.
Si arruolò nella Polizia di Stato a diciannove anni per poi svolgere, seppur in una breve parentesi, anche il compito di scorta del giudice Giovanni Falcone.
Agli inizi degli anni ottanta, dopo l’incarico nel reparto scorte, divenne stretto collaboratore del Commissario Ninni Cassarà alla Squadra mobile della questura di Palermo occupandosi di criminalità mafiosa, in particolare nella sezione "Catturandi", specializzata nella cattura dei latitanti, all'epoca molto numerosi.
“Lillo” era un poliziotto vecchio stile, nonostante la giovane età. Preferiva stare in strada più che in ufficio, pur di trovare piste utili alle indagini.
Anche grazie a quel suo carattere aperto e solare trovò agganci importanti in quegli ambienti in cui la criminalità, piccola e grande, affondava le proprie radici.
Un contributo importante, il suo, riconosciuto anche nella stesura del cosiddetto “rapporto Greco Michele + 161” che offriva un quadro completo della seconda guerra di mafia iniziata nel 1981 e del nuovo assetto delle cosche, segnalando nello specifico l’ascesa del clan corleonese di Luciano Leggio, Totò Riina e Bernardo Provenzano.
Riuscì a entrare in contatto anche con il pentito Totuccio Contorno che con le sue preziose confessioni diede un impulso importante sul piano investigativo, spiegando anche quelli che erano i contatti tra il potere mafioso e pezzi della politica e dell’imprenditoria.

calogero zucchetto lapide tratta da nuovi vespri

Spunti che portarono al MaxiProcesso del 1986.
Venne ucciso a Palermo il 14 novembre del 1982, due mesi dopo la morte di Carlo Alberto dalla Chiesa in via Carini, con cinque colpi di pistola sparati dai killer che lo stavano aspettando all’uscita del bar Collica in via Notarbartolo.
Grazie alle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia emerse che in quell’agguato parteciparono in tre: Giuseppe Lucchese, Mario Prestifilippo e Pino Greco "scarpuzzedda".
Quei tre volti Zucchetto li conosceva. Erano cresciuti nello stesso quartiere di Ciaculli.
Inoltre si erano incontrati con l’agente pochi giorni prima, in maniera del tutto casuale.
Il giovane poliziotto era in Vespa con Ninni Cassarà, il capo della Mobile che sarà ucciso tre anni dopo. Giravano per le borgate palermitane a cercare latitanti e a raccogliere informazioni. Un incontro che aveva molto preoccupato quel servitore dello Stato. «Mi hanno riconosciuto», aveva detto ai colleghi.
Nonostante ciò Lillo non rinunciò al suo lavoro. Dopo settimane di appostamenti a Ciaculli riconobbe il latitante Salvatore Montaldo, essendo da solo e senza mezzi dovette rinunciare alla cattura che avvenne poi il 7 novembre 1982 con un bliz di Cassarà.
La mafia non poteva correre altri rischi. Così lo uccise.
Una verità giudiziaria sul delitto arrivò solo nel 2001. Oltre ai killer furono condannati come mandanti i componenti della “cupola Palermitana”, cioè Salvatore Riina, Bernardo Provenzano, Raffaele Ganci e altri.
Calogero Zucchetto, come Ninni Cassarà e molti altri ragazzi in prima linea furono protagonisti di una stagione straordinaria che non si ripeté più. Quella in cui la mafia, quella cosa fino ad allora sconosciuta, stava venendo scoperta e contrastata. Erano ragazzi che amavano il loro mestiere e lo Stato che avevano scelto di servire. Loro fecero una scelta, così come dovremmo farla anche noi.

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