I familiari non saranno parte civile al processo italiano per il giovane ambasciatore ucciso in Congo
La famiglia di Luca Attanasio, l’ambasciatore italiano in Repubblica Democratica del Congo ucciso, nel febbraio 2021, insieme al carabiniere Vittorio Iacovacci e all’autista del Programma Alimentare Mondiale, Mustapha Milambo, non si costituirà parte civile nel processo italiano.
La scelta viene motivata dal padre, Salvatore Attanasio, con la volontà e la priorità della famiglia di garantire alle tre figlie del giovane ambasciatore il futuro che il padre gli avrebbe, certamente, potuto dare. La stessa decisione era già stata presa dalla moglie, Zakia Seddiki. Anche lei aveva preferito non costituirsi parte civile al processo, a favore di un risarcimento da destinare alle figlie. Nello spiegare la scelta, a Ilfattoquotidiano.it, il padre ha detto: “Non ci accontenteremo di alcuna somma o verità di comodo. Pretendiamo che il processo faccia emergere tutte le responsabilità che sono dietro all’uccisione di mio figlio”. Il processo vede imputati due funzionari del Pam (Programma alimentare mondiale), Rocco Leone e Mansour Luguru Rwagaza con l’accusa di omicidio colposo e omesse cautele. Salvatore Attanasio ha poi denunciato un disinteresse da parte dello Stato: “Le istituzioni italiane - ha detto - non dovrebbero costituirsi parte civile a scopo risarcitorio, almeno economicamente parlando, ma come atto di forza, di dignità, di rispetto per due suoi servitori caduti nell’esercizio delle loro funzioni e anche di vicinanza alla famiglia e alla Procura di Roma. (…) Il messaggio che passa, invece, è che mentre la Procura chiede di andare a processo, lo Stato si tira indietro. Perché lo fa?”.
Foto © Imagoeconomica
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