Il padre dell’ambasciatore assassinato: “Siamo contrari alla pena di morte, rinunciamo alla costituzione di parte civile”
I giudici congolesi hanno accolto la richiesta di pena di morte contro le sei persone accusate dell’omicidio dell’ambasciatore italiano Luca Attanasio insieme al carabiniere Vittorio Iacovacci e il loro autista, Mustapha Milambo, uccisi nel febbraio 2021 presso la zona est della Repubblica Democratica del Congo in circostanze non ancora del tutto chiare.
La richiesta avanzata nel processo in corso a Kinshasa contro Bahati Kiboko, Murwanashaka Mushahara André, Issa Seba Nyani, Amidu Sembinja Babu, Marco Prince Nshimimana e di Amos Mutaka Kiduhaye (ancora latitante, ndr), accusati a vario titolo di omicidio, associazione a delinquere e detenzione illegale di armi e munizioni da guerra - ha reso noto Ansa -, spesso viene richiesta e comminata nella RDC in casi di sicurezza nazionale, tuttavia, non viene applicata da 20 anni ed è sistematicamente commutata in ergastolo.
Alla decisione dei giudici congolesi si è aggiunta quella della famiglia Attanasio che, attraverso un atto formale, ha ritirato la costituzione di parte civile e ha notificando la decisione anche al Consiglio dei ministri.
“Il sottoscritto, Salvatore Attanasio - si legge nel documento presentato dai legali della famiglia e pubblicato da “Il Fatto Quotidiano” - in qualità di padre della vittima, l’Ambasciatore Luca Attanasio, visto che all’udienza dell’8 marzo 2023 tenutasi al tribunale militare di Kinshasa/Gombe il procuratore ha chiesto la pena di morte per gli imputati, nonostante la moratoria con la quale la Repubblica Democratica del Congo si impegna a non eseguire la pena di morte e visto che tale moratoria non garantisce che essa non sarà eseguita nel futuro, dichiara di rinunciare alla costituzione di parte civile nel dossier contro gli imputati”.
Si tratterebbe quindi di una decisione coerente sia con i valori che hanno caratterizzato la vita dell’ambasciatore Luca Attanasio sia con l’azione intrapresa dallo Stato Italiano, da tempo impegnato su scala internazionale contro le sentenze capitali. "Aggiungere morte a morte non serve a nulla; se non a portare altro dolore. Noi siamo contrari, Luca sarebbe stato contrario - ha ribadito Salvatore Attanasio ai microfoni del “Corriere della Sera” -. Noi siamo contro la pena di morte. Lo dicono la nostra Costituzione, il nostro senso civico, la nostra formazione cattolica. Sono gli stessi principi in cui si identificava nostro figlio. La pena capitale non potrà mai alleviare il dolore della nostra famiglia. Il pm in Congo - ha ricordato il padre di Attanasio - ha sostenuto che non si è trattato di un agguato né di un tentativo di rapimento degenerato, come ricostruito inizialmente, ma di una vera e propria esecuzione." - prosegue - “Il 25 maggio, a Roma, è prevista l'udienza preliminare nei confronti di due dipendenti del Pam (il Programma alimentare e mondiale dell'Onu che aveva organizzato la spedizione durante la quale fu ucciso Luca Attanasio, ndr): confido - ha concluso il padre di Attanasio - che possano emergere molti aspetti chiarificatori”.
Intanto, la difesa ha avanzato una richiesta di assoluzione per i sei imputati perché: “Non hanno commesso il fatto”. Una richiesta che sarebbe motivata sia dal fatto che sussistono molti dubbi sulle loro responsabilità, sia dal fatto che gli imputati hanno negato il loro coinvolgimento nell’omicidio, ritrattando le ammissioni iniziali perché - hanno sostenuto gli imputati - sarebbero state estorte con la violenza.
Il Pm congolese ha replicato che non vi sono dubbi sulle responsabilità degli imputati sulla base dei verbali di confessione nei quali ognuno descrive il proprio ruolo. I verbali - ha puntualizzato il Pm - sono stati confermati sia dai filmati mostrati in aula, sia dalla perizia balistica. Il Pm ha inoltre ammesso di prendere atto della richiesta italiana contro il ricorso alla pena di morte, tuttavia, ha deciso di confermare le richieste di condanna alla massima pena per assenza di circostanze attenuanti.
Foto © Imagoeconomica
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