Questo sito utilizza cookie tecnici e di terze parti per migliorare la navigazione degli utenti e per raccogliere informazioni sull’uso del sito stesso. Per i dettagli o per disattivare i cookie consulta la nostra cookie policy. Chiudendo questo banner, scorrendo questa pagina o cliccando qualunque link del sito acconsenti all’uso dei cookie.

Spagna, Irlanda, Sudafrica, Venezuela, Brasile, Cile, Colombia, Bolivia, Cina. Si diffonde il sentimento di amicizia nei confronti della Palestina

Più prosegue il dramma nella Striscia di Gaza, più la Palestina riscopre la solidarietà di paesi fuori dal mondo arabo. Un mondo spesso disomogeneo - e per questo spesso criticato dai palestinesi - in contrapposizione tra le varie potenze che lo compongono. Basti pensare allo Yemen che ha elevato la sua difesa al popolo palestinese ad azioni di sabotaggio contro le navi israeliane e occidentali nel canale di Suez, applaudite a Gaza come in Cisgiordania, e agli Emirati Arabi che nonostante i 119 giorni di massacro intende mantenere gli accordi di normalizzazione con Israele stipulati quattro anni fa. In questo marasma di contraddizioni interne alla galassia levantina e alla Lega Araba, i palestinesi trovano braccia aperte in altre parti del Mondo: Europa, Latinoamerica, Estremo Oriente e Africa. Spagna, Irlanda, Sudafrica, Venezuela, Brasile, Cile, Colombia, Bolivia. Pur con le differenze e i dovuti distinguo, le ragioni della loro postura propalestinese sono spesso da rintracciare nella storia recente di questi paesi e nella loro situazione di politica interna e di geopolitica. Ma sono comunque visti con grande ammirazione e fiducia dal popolo palestinese.

L’Africa

Il più famoso di questi è indubbiamente il Sudafrica che è riuscita a trascinare Israele davanti alla Corte Internazionale di Giustizia dell’Aja con l’accusa, pesantissima, di genocidio. Una mossa coraggiosa, senza precedenti, che ha avuto un grande riverbero internazionale oltre che un buon risultato in termini legali con la prima espressione dei giudici dell’Aja. La Corte, infatti, dopo aver ascoltato e visionato l’elenco di prove e documenti sudafricani ai danni di Israele ha respinto la richiesta di archiviazione del caso presentata da Tel Aviv e denunciato il modo in cui Israele sta conducendo questa guerra, affermando che possono esserci “alcuni atti in grado di rientrare nella convenzione sul genocidio”. Tra Sudafrica e Palestina c’è un rapporto di amicizia storico dovuto alla storia comune di colonialismo che hanno subito. La lotta palestinese, inoltre, è vista come simile alla lotta di liberazione del Sudafrica dal regime di apartheid sofferto per decenni.

Nelson Mandela in persona si fece portavoce di questo sentimento di solidarietà: “Sappiamo bene che la nostra libertà è incompleta senza la libertà del popolo palestinese”, affermava.

Al tempo, il partito ANC di Nelson Mandela ha stretto rapporti con l’Organizzazione per la liberazione della Palestina di Yasser Arafat e anni dopo anche con Hamas, diventando uno dei pochi paesi al mondo ad avere rapporti diplomatici con l’organizzazione islamista.

L’Europa

In Europa, il governo socialista spagnolo di Pedro Sánchez è uno dei paesi del continente che più ha condannato le operazioni militari di Israele a Gaza. Ed è sempre uno dei pochi paesi che ha assicurato all’Unrwa (l’organizzazione Onu che assiste i rifugiati palestinesi) i finanziamenti dopo che buona parte delle altre nazioni europee ha chiuso i rubinetti a seguito delle accuse - ancora da verificare - che ha investito l’agenzia circa alcuni membri di Gaza che avrebbero partecipato al massacro del 7 ottobre. Membri che sono stati immediatamente sanzionati dal commissario generale di Unrwa Philippe Lazzarini.

Non solo. Il governo spagnolo ha dichiarato che il primo impegno in politica estera è di “lavorare in Europa e in Spagna per il riconoscimento di uno Stato palestinese”.

Sánchez è stato anche tra i primi leader occidentali a mettere in dubbio che Israele stia rispettando il diritto umanitario, date le ingenti vittime civili a Gaza, definendo la situazione nella Striscia “inaccettabile”.

La Spagna ha condannato il massacro del 7 ottobre a opera di Hamas. Tuttavia, la posizione spagnola è esplicitamente a favore della causa palestinese, come testimoniato anche da numerose manifestazioni di appoggio nel Paese. Attualmente la maggioranza è composta anche da un gruppo di movimenti di sinistra radicale come Sumar, che è saldamente pro Palestina. L’Irlanda è l’altro paese europeo apertamente e storicamente schierato a favore della Palestina. Diversi sono stati gli interventi di europarlamentari irlandesi che hanno denunciato i crimini israeliani a Bruxelles. Il premier Leo Varadkar ha parlato di “vendetta” da parte israeliana, il ministro degli Esteri Micheál Martin ha definito la reazione israeliana come “sproporzionata”, mentre deputati dell’opposizione hanno accusato Israele di omicidi di massa.

Alcuni di loro si sono presentati in parlamento indossando la keffiah palestinese e hanno chiesto, senza ottenerlo, che l’Irlanda deferisse Israele alla Corte internazionale di giustizia per crimini di guerra. Centinaia di insegnanti universitari hanno firmato petizioni chiedendo di interrompere i rapporti con le università israeliane.

Il Latinoamerica

Storicamente i Paesi dell’America Latina hanno sempre sostenuto la causa palestinese. Il forte sentimento anti-imperialista (in realtà mai sopito) di quelle nazioni nate proprio dalle guerre contro un’occupazione secolare che ha prodotto, in molti casi, una vera e propria pulizia etnica, è stato motore della solidarietà latinoamericana verso i palestinesi. Il Cile, la Colombia e l’Honduras, a seguito dell’indiscriminata controffensiva nella Striscia di Gaza, hanno richiamato i propri ambasciatori a Tel Aviv. Partendo dal Paese centroamericano, il 3 novembre il governo di Tegucigalpa ha preso questa decisione “a causa della grave situazione umanitaria in cui versa la popolazione civile palestinese nella Striscia di Gaza”.

Il presidente del Cile Gabriel Boric, Paese che ospita la più grande comunità palestinese al di fuori del Levante, di fronte “alle inaccettabili violazioni del diritto internazionale umanitario”, ha richiamato il proprio rappresentante diplomatico perché “le operazioni militari israeliane sono diventate una punizione collettiva della popolazione civile palestinese a Gaza”. Il presidente cileno ha preferito sottolineare la sua condanna, “senza esitare”, nei confronti di Hamas, ma niente, però “giustifica questa barbarie”. Molto più netta la posizione del blocco bolivariano, formato da Cuba, Venezuela, Nicaragua. I tre paesi sono gli unici a non aver condannato gli attacchi del 7 ottobre giustificando le incursioni di Hamas e la lotta armata palestinese. Il presidente nicaraguense, Daniel Ortega, si è dichiarato “sempre solidale con la causa palestinese, sempre fraterno, sempre vicino” e si è opposto all’”aggravamento” del “terribile” conflitto israelo-palestinese. Sulla falsariga, Nicolás Maduro in Venezuela e Miguel Diaz-Canel a Cuba hanno ricordato che il conflitto non è iniziato il 7 ottobre, ma che l’offensiva dei miliziani è stata la conseguenza, come ricorda il presidente cubano, di “75 anni di violazione permanente dei diritti inalienabili del popolo palestinese e della politica aggressiva ed espansionistica di Israele». Per questo, da Caracas si chiede la fine dei “bombardamenti indiscriminati” e lo stop al “genocidio”. All’asse bolivariano si è aggiunta la Bolivia, che non ha mai condannato apertamente gli attacchi di Hamas. Inoltre, il governo socialista di Luis Arce ha recentemente deciso di rompere le relazioni diplomatiche con Tel Aviv “nel ripudio e nella condanna dell’aggressiva e sproporzionata offensiva militare israeliana nella Striscia di Gaza, che minaccia la pace e la sicurezza internazionale”, chiedendo un cessate il fuoco.

L’estremo Oriente

Tornando all’Asia, un altro dei paesi che si è distinto nella difesa dei diritti del popolo palestinese è la Cina di Xi Jinping. Il dragone si è schierato apertamente a favore della causa palestinese e sostiene la coesione del mondo islamico di fronte al conflitto tra Hamas e Israele.

Il ministro degli Esteri Wang Yi, raffinata mente esecutiva delle strategie diplomatiche del presidente Xi Jinping, ha completato la svolta del Dragone in tre mosse tra Usa e, soprattutto, Arabia Saudita e Iran, i due Paesi tornati a relazioni normalizzate con la mediazione di Pechino.

"Il conflitto si sta intensificando e rischia di sfuggire al controllo", ha affermato il Capo della Diplomazia di Pechino. “La convocazione di un incontro internazionale” deve farsi “il più presto possibile per raggiungere un ampio consenso" sulla creazione dei due Stati - la Palestina in aggiunta a Israele -, indispensabile per gettare le basi di una pace stabile e duratura.

ARTICOLI CORRELATI

Gaza decine di palestinesi uccisi a Rafah e Khan Yunis. Le vittime salgono a quasi 27milla

Aja, il Sudafrica elenca le accuse contro Israele: ''Superato ogni limite, questo è genocidio’’

A Londra in 800mila per Gaza: è la seconda manifestazione più grande di sempre nel Regno
  

ANTIMAFIADuemila
Associazione Culturale Falcone e Borsellino
Via Molino I°, 1824 - 63811 Sant'Elpidio a Mare (FM) - P. iva 01734340449
Testata giornalistica iscritta presso il Tribunale di Fermo n.032000 del 15/03/2000
Privacy e Cookie policy

Stock Photos provided by our partner Depositphotos