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"Poco fa leggevo una riflessione sulla precarietà di questa vita e sul ricordo che lasceremo alle generazioni future. Non ho potuto fare a meno di pensare a tutti coloro che sgomitano per avere soldi, visibilità, successo, spesso immeritato, facili carriere, ma poi finiranno nel nulla. Fra qualche generazione nessuno li ricorderà più, mentre Attilio, con il suo sacrificio, sarà ricordato per sempre come tutti coloro che hanno sacrificato la loro vita per non scendere mai a compromessi, per portare fino in fondo i loro principi ed i loro valori".
Il passato del nostro Paese è un passato degli estremi:
Troppi morti, troppe stragi, troppi 'suicidi' - omicidi, troppe Trattative, troppi 'non ricordo', troppi silenzi, troppi complici, troppe latitanze dorate, troppi depistaggi e depistatori.
E chi meglio di Angela Manca, autrice del testo (virgolettato) di cui sopra, può trasmettere quel peso terribile che scaturisce da "una lunga attesa" che si protrarrà "forse, fino alla fine dei miei giorni".
"Mi illudevo di sapere qualcosa dalla Procura di Roma, ma dovrò ancora aspettare dopo le ferie; pensavo che, dopo decine di denunce ed un giardino distrutto, la Procura di Barcellona mi desse una risposta, invece, fino ad oggi non so nulla. Sono stanca e amareggiata, ma mai rassegnata".
In Italia la memoria è corta. Ma non tutti, come Angela, sono disposti a dimenticare. Non tutti sono disposti a giocare al moderno sport del revisionismo.
Attilio Manca, il giovane urologo siciliano trovato morto il 12 febbraio del 2004 nella sua casa di Viterbo è destinato, e altri come lui, ad essere ricordato a lungo.
Altri, invece, ad essere consegnati all'oblio: araldi dell'arrivismo, ducetti dilettanti, professionisti delle passerelle, adulatori dalla lingua facile, servi (per non dire cani) del monarca di turno, gli assassini, i ladri e i corrotti.
Per loro non rimarrà che l'ultima pagina del libro dell’Infamia.

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