Il mancino che si suicidò con la mano destra, iniettandosi eroina pur non essendo tossicodipendente, resta una delle pagine più vergognose della storia di una certa magistratura antimafia, palermitana o romana non fa differenza, che ha fatto tanta carriera quanto maggiori sono state le sue archiviazioni, i suoi insabbiamenti, i suoi rifiuti ostinati nella ricerca della verità.
Sarebbe interessante, e necessario, che la famiglia dell’urologo Attilio Manca - è a lui che ci stiamo riferendo parlando del mancino che si suicidò con la mano destra, a casa sua, a Viterbo, nell’ormai lontano 12 febbraio del 2004 - si rivolgesse all’Europa, seguendo magari gli stessi canali seguiti prevalentemente sin qui dai mafiosi italiani d’eccellenza che tanto clamore mediatico hanno sollevato in questi anni.
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Un'immagine del ritrovamento di Attilio Manca
Che Attilio Manca, urologo di chiarissima fama, venne assassinato dopo avere operato l’allora capo di Cosa Nostra, Bernardo Provenzano, a Marsiglia, durante il periodo della sua latitanza che precedette il suo arresto, risulta ormai acclarato dalle tante voci di dentro la stessa Cosa Nostra, voci che indagini frettolose e faziose furono tuttavia costrette a registrare.
Ne scrivemmo in passato, altre volte. Ne scrive qui Giorgio Bongiovanni, con il suo solito scrupolo cronistico.
Siam voluti tornarci perché, di questi tempi, è bene che l’Europa abbia le idee chiare sul tipo di giustizia che si pratica dalle nostre parti.
E’ bene che l’Europa sappia che sul delitto di Attilio Manca indaga la nostra commissione parlamentare antimafia, intervenuta a far luce, visto e considerato che sin qui, alla magistratura, il buio investigativo è andato benissimo.
D’altra parte è risaputo che da noi, quando indaga una commissione parlamentare d’inchiesta, c’è, per forza di cose, puzza di bruciato.
Non sarebbe male, poi, che all’intero dossier fosse allegata la foto del volto deturpato di Attilio Manca, a guisa di semplificazione di quanto in effetti accadde.
E non abbiamo dubbi che un caso del genere troverà senz’altro accenti indignati nel lavoro della ministra della giustizia, Marta Cartabia, che avrà tempo e modo per sollecitare i magistrati competenti, a Roma, a non prendere per buona la tesi del mancino che si suicidò con la mano destra.
Non sarà facile insabbiare all’infinito una vicenda del genere.
Lo si deve ad Attilio Manca.
Lo si deve alla sua intera famiglia costretta a fare i conti, sino a oggi, con uno Stato coinvolto e colluso con la mafia. E siamo convinti che la verità, anche in questo caso, ce la chiede l’Europa.
Foto © Paolo Bassani
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La rubrica di Saverio Lodato
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