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Invincibile, ti crediamo ancora così anche se le ore passano sulla tua assenza e continueranno a farlo senza pietà, siamo tutti attaccati a te, alla voglia di non lasciarti andare

«''Mia cara, nel bel mezzo dell’odio, ho scoperto che vi era in me, un invincibile amore”: è Albert Camus, le scrivo, ho pensato a te».
Letizia: «È bellissima» .
Invincibile: ti abbiamo creduto così Letizia mentre il male, anzi i mali, scarnivano il tuo viso, solcavano le rughe che si piegavano su se stesse come ferite dal nucleo sempre più inespugnabile, cercavano di fermare le tue gambe quei mali che ti «consumavano», come dicevi tu.
«Come ti senti?».
«Sto male e bene, bene e male, ma vado avanti. Allora cosa dobbiamo fare? ».

La memoria sa essere una lama, taglia, manipola il tempo, illumina e oscura, censura, dai ricordi ci si protegge spesso, e inconsapevolmente, in un tentativo di consolazione e assoluzione. E questo è quello che non hai mai fatto tu, tu hai fatto a calci e pugni con te stessa, l’hai affrontata e attraversata la tua storia, una Storia che è privata e collettiva, non ti sei lasciata paralizzare dal male, quello che era fuori e poi dentro di te. Ti sei ribellata, lo hai fatto con quella tua energia indomabile, che sgorgava e finiva da e verso un punto imprevedibile, e che era voglia di prendere a morsi il mondo, per cambiarlo, non lasciare nessuno scampo alle sue regole imperanti di odio, indifferenza, convenienza e potere di contaminare, corrodere il bello che c’è.

Invincibile, ti crediamo ancora così Letizia, anche se le ore passano sulla tua assenza e continueranno a farlo senza pietà, siamo tutti attaccati a te, alla voglia di non lasciarti andare, e così continuo a pensare che tu ti sia presa una pausa, come quando andavi via all’improvviso dicendo: «Ho bisogno di stare sola con me stessa», e ti facevi così piccola.

Invincibile, mentre fumavi nonostante il tumore ai polmoni, mentre continuavi a muoverti con il bastone e poi, ultimamente, sulla sedia a rotelle, mentre tossivi e parlavi con un filo di voce ma intanto progettavi, progettavamo il futuro, lo aggrappavi con la stessa tenacia, e profondità, ma anche dolcezza e rispetto con cui aggrappavi la macchina fotografica per metterci dentro gli invisibili e, con loro, il tuo respiro di giustizia e verità.

«Sì, ma la mia avventura non è ancora finita»: mi avevi detto quando ti ho proposto di raccontare insieme in un libro la tua storia, ripercorrere l’orrore della seconda guerra di mafia che negli anni Ottanta a Palermo ha fatto 700 morti e 300 lupare bianche, sentivo che fosse necessario conservarti, tu e il tuo coraggio, tra le pagine, metterti in qualche modo al sicuro dal passare del tempo che facilmente cancella, mette sullo sfondo, a volte dimentica, altre mistifica. E ora guardo il nostro libro e mi sembra prezioso come mai ma anche, improvvisamente, così fragile, e non so spiegarti ancora bene perché, forse perché eri fragile anche tu e non lo abbiamo capito, accettato, fino in fondo. E, forse, quel continuare a progettare con te era una mia, una nostra necessità, di tenerti stretta, forse avresti voluto che fossimo noi a permetterti di essere fragile quando tu non lo permettevi a te stessa, costantemente spinta dall’urgenza di quella bambina che ti ha sempre abitato e parlato dentro e che voleva riprendersi il diritto al futuro, a sua immagine, solo suo, esattamente come lo sognava lei, senza concessioni, no le concessioni non fanno per te.

Eri felice di parlare di quel tempo che doveva ancora venire, delle azioni, delle fotografie da fare, sembrava senza fine quella pellicola di libertà con cui hai rivoluzionato la tua vita, e il modo di raccontare, e testimoniare, la vergogna dei morti ammazzati dalla mafia, per la strada senza essere più visti, senza più dignità, facendone un atto di partecipata denuncia civile, una presa di responsabilità, un terreno di resistenza personale e politico.

Non eri invincibile Letizia, oggi fa male pensare di averlo, senza essercene accorti, pensato, o peggio preteso da te.

Ma sì, il tuo amore lo è, uno su tutti quello per Palermo dove tra quei vicoli poveri che «puzzano splendidamente», come dicevi tu, risuonerà sempre la tua voce, quel suono inconfondibile, mentre cerchi di «organizzare la bellezza come puoi».

È il grido, e il seme, di combattimento di una poetica guerriera: questo sì Letizia, è invincibile.

Tratto da: espresso.repubblica.it

Foto © Letizia Battaglia

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