Durante i lavori tolta la parola all’ex procuratore generale di Palermo
Il decreto Omnibus-intercettazioni è stato convertito in legge in via definitiva dal Senato (con cento voti a favore, 71 contrari e un astenuto) dopo il via libera arrivato dalla Camera giovedì scorso.
Il testo mette insieme norme sulle intercettazioni nei processi con altre che puntano a limitare gli incendi boschivi, o altre ancora per il recupero di persone tossicodipendenti e sulla riorganizzazione del ministero della Cultura; l’altro si occupa di licenze dei taxi, della presenza del granchio blu nel mar Mediterraneo, dello stipendio dei manager della società incaricata di realizzare il ponte sullo Stretto di Messina e del contrasto al rincaro dei biglietti aerei.
Il punto più critico è sulle intercettazioni: infatti, se da una parte è stata fatta una lunga indagine conoscitiva sul tema presso la commissione giustizia del Senato, con questa mossa l’esecutivo ha sostanzialmente dato un colpo di spugna a tutto il lavoro. Come? Escludendo le intercettazioni 'a strascico' proprio per i reati contro la pubblica amministrazione. Eppure nell'indagine era emerso che i costi delle intercettazioni sono in costante calo e c'è un saldo infinitamente positivo con i miliardi recuperati dallo Stato grazie alle indagini fatte proprio con le intercettazioni. Inoltre, con la norma che vieta la trascrizione del materiale non rilevante si è causato, de facto, un grave danno al diritto della difesa e un conferimento di potere sproporzionato alla Polizia giudiziaria, la quale ora potrà decidere cosa è importante in una intercettazione e cosa non lo è. Tutto questo senza il controllo del pubblico ministero.
Ma sono le modalità di lavoro “fasciste” con le quali questo decreto è stato approvato che hanno causato la reazione accesa delle opposizioni.
A Palazzo Madama il governo ha posto la questione di fiducia tagliando in modo innaturale i tempi del dibattito. L’esame degli emendamenti in Commissione, infatti, non è stato completato e il testo è arrivato in Aula per la discussione generale senza che fosse stato votato il mandato ai relatori.
Ecco, dunque, che davanti agli occhi dell’opinione pubblica si è consumato l’ennesimo atto anti - democratico. Un atto reso ancor più grave dal momento che in sede di commissione è stata anche tolta la parola all’ex procuratore generale di Palermo Roberto Scarpinato, oggi Senatore.
Per protesta i senatori del Movimento 5 stelle hanno abbandonato la seduta congiunta delle commissioni Affari costituzionali e Giustizia: “Ci siamo rifiutati di prendere parte ad un’autentica farsa”, hanno comunicato in una nota i senatori pentastellati Anna Bilotti, Roberto Cataldi, Ada Lopreiato, Alessandra Maiorino e Scarpinato. “Con il governo Meloni il Parlamento è ridotto a un teatro nel quale si recita, si fa finta di esaminare le leggi. Parliamo di un decreto omnibus che riguarda materie di ogni genere, da importanti modifiche delle norme sulle intercettazioni limitative dei diritti della difesa e della tutela dei cittadini, a norme che autorizzano le forze di polizia a manipolare i sistemi informatici e telematici, a norme sulla salvaguardia degli orsi marsicani, senza che ci sia stato consentito di discutere seriamente”.
Scarpinato, durante la seduta, ha rilasciato le seguenti dichiarazioni:
“Signor Presidente, devo ammettere che provo un forte disagio a prendere la parola oggi. Più va avanti la mia nuova esperienza di senatore, più sono costretto a prendere atto di quanto si vada progressivamente svuotando il ruolo e la funzione dei parlamentari e sempre più mi sembra di essere una sorta di figurante di una democrazia recitativa, cioè svuotata di reale sostanza e ridotta a un mero rituale recitativo messo in scena per il pubblico.
Il dibattito di oggi sul disegno di legge di conversione è paradigmatico di questo processo di progressiva erosione della democrazia parlamentare, come prevista dalla nostra Costituzione e della sua surrettizia sostituzione con una nuova Costituzione materiale, che procede a tappe forzate e senza validi anticorpi nella direzione della marginalizzazione del Parlamento e della crescita anomala e ipertrofica dei poteri del Governo.
Il disegno di legge è stato incardinato ieri alle ore 14, sono state concesse ai senatori solo due ore e mezzo, sino alle ore 17,30, per lo studio e la presentazione di emendamenti, sicché personalmente alle 17,30 sono rimasto con la penna in mano perché era scaduto il termine per scrivere gli emendamenti. Sappiamo tutti che il dibattito di oggi, ove pure si fosse svolto sui singoli emendamenti, sarebbe stato puramente formale, perché non ci sarebbero stati i tempi per un reale e produttivo confronto e che la scelta di porre il voto di sfiducia si limita a stracciare ogni velo di ipocrisia e a rendere pubblico che il Senato è ridotto a luogo di ratifica notarile di decisioni già prese altrove.
Mi permetto di dubitare che tutti i senatori presenti abbiano un'esatta cognizione delle norme che si apprestano a ratificare per disciplina di partito. Quanti, per formulare un solo esempio, si rendono conto che si sta approvando una norma che scrimina penalmente attività illegali delle Forze di polizia, consistenti nell'introdursi all'interno di un sistema informatico telematico, danneggiandolo, alterandolo, attivando false identità digitali, assumendo il controllo occulto dello spazio informatico dei cittadini? Quanti lo sanno qui dentro? Com'è possibile ritenere che si possa approvare a scatola chiusa una norma che attribuisce poteri così incisivi e gravidi di conseguenze sui diritti dei cittadini senza che vi sia stato il tempo e il modo di discutere e meditare emendamenti che garantiscano e documentino una piena tracciabilità a posteriori degli interventi manipolativi e informatici effettuati?
Quanti si rendono conto che stanno approvando con lo strumento della conversione di un decreto-legge una norma sulla salvaguardia degli orsi marsicani, qualificando questo intervento legislativo come un caso straordinario di necessità e urgenza ai sensi dell'articolo 77 della Costituzione? Vi sembra un modo serio questo di fare i legislatori?
Non avrei fatto questa premessa se si trattasse di un caso sporadico o eccezionale, ma si tratta invece di un paradigma costante.
Com'è già stato osservato da autorevoli costituzionalisti, dal momento in cui si è insediato, il Governo Meloni ha deliberato in undici mesi ben 39 decreti-legge, battendo tutti i record dei precedenti Governi per produzione mensile: la produzione legislativa di iniziativa parlamentare è quantitativamente e qualitativamente residuale; i decreti-legge vengono utilizzati come un ordinario strumento di produzione legislativa, come se si trattasse di disegni di legge, tant'è che ormai è prassi che il Governo preannunci di riservarsi di presentare emendamenti.
È un vero e proprio esproprio della funzione parlamentare, tanto più se si tiene conto che nella maggior parte dei casi si tratta di decreti-legge omnibus, che riguardano le più svariate materie e non sono affatto configurabili i casi straordinari di necessità e urgenza che ai sensi dell'articolo 77 della Costituzione legittimano l'adozione dei decreti-legge.
Tale esproprio della funzione parlamentare, spiace dirlo, avviene con la quiescenza passiva dei Presidenti della Camera e del Senato, che hanno abdicato alla loro funzione di garanti del ruolo della dignità delle Camere, trasformandosi in cinghia di trasmissione delle decisioni del Governo, abdicazione, questa, fortemente agevolata dal fatto che l'attuale maggioranza ha riservato a se stessa la Presidenza delle due Camere, rompendo la precedente pluriennale prassi che prevedeva che una delle due fosse assegnata alla minoranza. Si tratta di un esproprio della funzione e della dignità parlamentari che si realizza anche con la connivenza adesiva della maggioranza che sostiene questo Governo, divenuta complice dell'Esecutivo nel disegno di utilizzare decreti-legge come strumento ordinario di produzione legislativa, strozzando così i tempi e modi del dibattito parlamentare e comprimendo oltre misura lo spazio politico delle minoranze.
Si è dato vita a un perfetto gioco di squadra tra Governo e maggioranza governativa che può essere sintetizzato nei seguenti termini: il Governo emana decreti-legge a getto continuo sui temi più eterogenei, dettando al Parlamento l'agenda dei lavori, e apre così corsie temporali di urgenza di appena sessanta giorni per la conversione in legge; le maggioranze parlamentari, a loro volta, approfittano di questa limitazione dei tempi e della compressione del dibattito parlamentare per salire sul carro in corsa ed effettuare veri e propri colpi di mano, inserendo nella forma mascherata di semplici emendamenti - e talora all'ultimo momento - nuove norme innovative e di grande valenza e impatto politico, sottraendosi così in modo sleale a un reale confronto sia nel Parlamento sia nel Paese.
Esemplare è il disegno di legge di conversione di oggi: com'è noto, in Commissione giustizia al Senato è stata svolta un'ampia indagine conoscitiva sul fenomeno delle intercettazioni, durata vari mesi, nel corso della quale sono state audite decine di esperti e che si è conclusa con una relazione nella quale si è dato atto di vari profili problematici, proponendo soluzioni aperte, che avrebbero poi dovuto essere discusse in un successivo dibattito parlamentare.
Tutto tempo sprecato e carta straccia: avremmo potuto risparmiarci la fatica, perché con un colpo di mano, poco prima della scadenza dei termini di conversione in legge di questo decreto-legge, alle Camere le forze di maggioranza hanno introdotto modifiche rilevantissime agli articoli 267, 268 e 278 del codice di procedura penale sulle intercettazioni, sottraendosi così a un serio confronto non solo in Parlamento, ma nel Paese.
Ed è proprio grazie a questo sleale colpo di mano, all'abuso della forza dei numeri e allo svilimento del Senato che entreranno così in vigore norme che costituiscono gravi violazioni dei diritti dei difensori degli indagati e che allargano ulteriormente gli spazi di impunità per i reati dei colletti bianchi.
È stato introdotto il divieto di trascrivere anche sommariamente il contenuto delle conversazioni intercettate ritenute non rilevanti per le indagini e poiché nessun pubblico ministero ha il tempo di ascoltare personalmente ore di intercettazioni - che a volte sono centinaia di ore - è stato così attribuito al personale di polizia addetto all'ascolto - che si alterna e a volte non conosce neanche le linee portanti delle indagini - il compito delicatissimo di stabilire quali conversazioni siano rilevanti per l'accusa e quali per la difesa.
E ciò senza che vi sia la possibilità di consentire a posteriori, sia al pubblico ministero sia agli avvocati, di verificare se sia stata omessa la trascrizione sintetica di contenuti intercettivi rilevanti per l'accusa e per la difesa, perché delle conversazioni che la polizia ha ritenuto di qualificare non rilevanti non resta nessuna traccia e gli avvocati non si possono orientare.
È stata introdotta una modifica dell'articolo 270, che consente l'utilizzazione di intercettazioni in altri procedimenti se si tratta di reati per i quali è previsto l'arresto in flagranza, tipo i reati di strada come i furti aggravati, ma non consente l'utilizzazione di intercettazioni per i reati dei colletti bianchi, neanche quando vi sia la connessione probatoria, facendo un passo indietro rispetto alle sezioni unite della sentenza "Cavallo".
Ecco, dunque, che questo non è un normale passaggio parlamentare. Questa è una tappa significativa, perché si è superato il limite della decenza istituzionale, ed essa sarà ricordata come un ulteriore scivolamento verso la degenerazione di questa democrazia e lo svuotamento della Costituzione. E siccome il Movimento 5 Stelle è il partito che più ha a cuore la democrazia costituzionale, noi non ci stiamo e non votiamo questo decreto”.
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