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Il Presidente del tribunale di Palermo audito in commissione giustizia al Senato assieme al procuratore Luca Turco

Dobbiamo tenere conto che "rinunciare alle forme più moderne di intercettazione significherebbe portare la nostra giustizia e tutta la nostra attività di contrasto alla criminalità ad un'altra epoca storica, quella del secolo scorso". Va tenuto conto che vi è stata una rapidissima espansione del sistema mondiale delle "comunicazioni e delle modalità di azione degli ambienti criminali" tanto che "non c'è dubbio che si impone un corrispondente mutamento dei metodi di indagine. Anche la recentissima vicenda della cattura di Matteo Messina Denaro che ha visto la giustizia proprio qui a Palermo, divenire un grande fattore di rafforzamento della credibilità del nostro paese nel contesto internazionale. Questa vicenda rappresenta una prova inequivocabile dell'assoluta necessità di non compiere nessun passo indietro nella utilizzazione delle intercettazioni come mezzo di ricerca della prova".
Sono state queste le parole del Presidente del tribunale di Palermo Antonio Balsamo intervenuto questa mattina in commissione giustizia al Senato nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulle intercettazioni.
L'anno scorso a Palermo, ha continuato il presidente del tribunale, "nel cento per cento dei processi per criminalità organizzata si è fatto uso di intercettazioni però al tempo stesso gli sviluppi delle nuove tecnologie pongono complessi problemi di regolamentazione giuridica di strumenti investigativi che trasformano profondamente il volto e le potenzialità invasive dei tradizionali strumenti di ricerca della prova".
Quindi "impongono un aggiornamento dell'intero sistema delle garanzie perché è chiaro che le potenzialità intrusive di una perquisizione on line o anche del semplice sequestro di uno smartphone con tutto il suo contenuto non sono neanche lontanamente paragonabili a quella di una normale perquisizione o di un sequestro di documenti di tipo tradizionale", ha detto il magistrato sottolineando le esigenze del mondo investigativo e giudiziario a "proposito della necessità di raccogliere le prove su attori e reti di corruzione prevalentemente contraddistinti dal carattere della segretezza e sulla necessità di fare luce su quelle zone grigie di contatto tra criminalità organizzata, corruzione, riciclaggio e criminalità economica che sono sicuramente le manifestazioni più moderne e più inquietanti della criminalità del ventunesimo secolo".


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© Imagoeconomica


Balsamo ha poi condiviso con i commissari alcuni suggerimenti dati alcuni giorni fa, sempre in commissione giustizia, dal procuratore Nazionale antimafia Giovanni Melillo. Quest'ultimo aveva detto che "gli altri Paesi nell'impiego delle tecnologie ai fini investigativi sono molto più avanti di quanto non sia l'Italia. Le nostre forze di polizia, a cui è tradizionalmente riconosciuto un primato di professionalità e competenza, oggi sono escluse dai tavoli dove sono le tecnologie digitali a governare le intercettazioni". "È bene sapere che oggi gran parte delle indagini in materia di narcotraffico e riciclaggio ci vedono richiedere la trasmissione dei dati alle autorità olandesi, belghe, francesi e tedesche - ha aggiunto Melillo - che bucano le piattaforme criptate nelle quali sono presenti le tracce dell'operatività delle organizzazioni mafiose italiane. Si è giunti a bucarle 'live'".
"Da procuratore nazionale antimafia io ho il dovere di dire che ridurre la possibilità dell'uso del trojan nei reati contro la pubblica amministrazione minerebbe anche le indagini sulla criminalità organizzata. Molte di esse, soprattutto quelle riferite alle componenti più sofisticate del ciclo mafioso, che si occupano di riciclaggio, nascono dalle indagini sulla pubblica amministrazione. E non è certo un caso che vengano sciolti comuni, città capoluoghi di provincia. In provincia di Napoli c'è una città di oltre 60mila abitanti i cui organi elettivi sono stati sciolti quattro volte in trent'anni". "È del tutto evidente - ha detto - che non stiamo parlando di un uso incontrollato. Io sto anche provando a sostenere che alcune funzioni del trojan devono essere richiamate nell'alveo della disciplina delle intercettazioni e lì ricevere la disciplina più rigorosa della destinazione, di tutto ciò che è irrilevante e inutilizzabile, verso l'archivio delle intercettazioni".
In conclusione Milillo aveva evidenziato l'importanza di iniziare a impiegare "hacker etici. È chiaro che se i criminali usano il dark web o delle piattaforme criptate ho bisogno di penetrarle e per farlo ho bisogno no del vecchio agente provocatore ma ho bisogno di impiegare professionalità e software in funzione aggressiva. Oggi lo Stato ha imparato a utilizzare gli hacker etici ma solo in funzione difensiva per testare affidabilità dei sistemi". "Credo che sia arrivato il momento di pensare a queste nuove frontiere normative - ha aggiunto - perché altrimenti pagheremo seri prezzi anche nei confronti delle mafie e del terrorismo".


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Il procuratore nazionale antimafia, Giovanni Melillo © Deb Photo


Luca Turco
L'adeguatezza dei prodotti che vengono forniti per le intercettazioni da società private e i controlli continuativi sulle loro attività. Sono questi i problemi che sono stati segnalati dal procuratore aggiunto di Firenze Luca Turco.
"Questo è un settore che attualmente è lasciato esclusivamente al mercato da una parte e alla gestione del singolo ufficio giudiziario. Nonostante che da decenni gli uffici giudiziari espongono questo problema al ministero della giustizia affinché si faccia carico di un'assunzione di responsabilità su questa materia". Perché "all'interno degli uffici di procura noi non abbiamo le capacità necessarie per verificare l'adeguatezza dei servizi che queste società forniscono e l'adeguatezza dei prodotti".

Cantone boccia la stretta sulle intercettazioni
Raffaele Cantone
, che da anni è alla guida dei pm di Perugia dopo aver combattuto a Napoli la camorra e aver diretto l'Autorità anticorruzione, è stato ascoltato recentemente alla commissione giustizia per spazzare via notizie ‘false’ e dubbi, come quelle che hanno investito l'indagine a Perugia sull'ex presidente dell'Anm Luca Palamara, una delle prime a utilizzare il captatore informatico. In quelle intercettazioni "non è emersa alcuna manipolazione" assicura Cantone, che parlando dell'uso molto contenuto che il suo ufficio fa del trojan limitandolo al contrasto a criminalità organizzata, terrorismo e corruzione, ha fatto riferimento anche dell'indagine perugina su Alfredo Cospito, rivelando che è stata uno degli elementi per l'applicazione del 41 bis "perché noi contestavamo specificatamente l'ipotesi di istigazione a delinquere fatta mentre era in carcere". Il cuore dell'audizione è però il ridimensionamento all'annuncio di Nordio sulle intercettazioni. Le intercettazioni sono "fondamentali" e per questo irrinunciabili, ha rilanciato Cantone. Sono "determinanti" nella lotta alla criminalità organizzata, anche quando è possibile avvalersi dei collaboratori di giustizia. E in materia di corruzione costituiscono "l'unico strumento per penetrare nel rapporto omertoso che c'è tra corrotto e corruttore". Senza gli ascolti, inoltre, "è difficile anche aggredire la criminalità comune". Quanto alle fughe di notizie sulle intercettazioni, il fenomeno, assicura, è stato limitato dalla legge Orlando: l'archivio delle conversazioni che devono restare segrete che sta funzionando "abbastanza bene".

Foto di copertina © Imagoeconomica

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