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La fonte anonima: “Massimo D’Alema doveva incontrarsi con esponenti del governo libanese”

Dopo essersi messo in contatto con la fonte anonima ‘Beirut 1’, l’ex magistrato Carlo Palermo aveva iniziato a raccogliere informazioni sull’operazione “Esmeraldo” riguardante il sequestro e l’uccisione di Aldo Moro e dei giornalisti Italo Toni e Graziella De Palo. ‘Beirut 1’ è un fiume in piena: già la prima parte del suo flusso di coscienza registrato nel nuovo video di Carlo Palermo ha lambito numerose zone d’ombra della storia internazionale.
Tra queste gli intrecci finanziari presenti in Libano: “Pensi che in Beirut andavano a braccetto banchieri ebrei, banchieri arabi, banchieri siriani e banchieri libanesi” ha detto la fonte anonima a l’ex magistrato.
Inoltre Italo Toni e Graziella De Palo, secondo quanto riportato dalla fonte, erano stati informati che un certo giorno in Libano un grosso esponente politico italiano si sarebbe dovuto incontrare in segreto con alcuni membri del governo libanese per trattare sulle questioni del terrorismo. “Ma questo politico lei lo conosce?” Ha chiesto Palermo, “anche lei lo conosce” ha risposto ‘Beirut 1’, “è Massimo D’Alema”, uomo, ha continuato, che aveva “entrature grosse in Libano”.
La fonte si è soffermata anche sulla ‘Zanoobia’, la famigerata ‘nave dei veleni’ che secondo quanto riportato “partiva da vari porti”, tra cui anche quello di Genova, per portare dei fusti di scorie radioattive in Libano che venivano poi sotterrati nella Valle della Beqá.
Infine ‘Beirut ha parlato anche di altri particolari inquietanti in seno al medio oriente. Tra cui la presenza di numerosi gerarchi nazisti, tratti in salvo dagli stessi americani alla fine del secondo conflitto mondiale.
Il discorso tra l’ex magistrato e la fonte anonima è estremamente articolato e complesso e se l’autorità giudiziaria dovesse trovare dei riscontri oggettivi si aprirebbero nuovi scenari processuali che, si auspica, possano far luce su molti episodi ancora rimasti irrisolti. Primo fra tutti l’omicidio di Italo Toni e Graziella De Palo.
In seguito riportiamo integralmente lo scritto di Carlo Palermo pubblicato sulla sua pagina Facebook in concomitanza con l’uscita del video.

Il teste scomodo
Graziella De Palo
nacque a Roma il 17 giugno 1956. Giornalista, venne rapita a Beirut il 2 settembre 1980 assieme al collega Italo Toni. Nel 1980 aveva iniziato a collaborare al quotidiano Paese Sera, sul quale aveva pubblicato pezzi importanti di politica internazionale, dedicati al traffico di armi tra Italia e vicino Libano, interessandosi alla figura del colonnello (piduista) Stefano Giovannone, allora capocentro del Sismi a Beirut tra i quali si segnala quello uscito su Paese Sera il 21 marzo 1980, intitolato False vendite, spie e società fantasma.
Per approfondire queste tematiche il 22 agosto 1980 Graziella, in compagnia del collega Italo Toni, partì per il Libano con un viaggio organizzato e pagato da Nemer Hammad, rappresentante dell’OLP in Italia. Il 24 agosto Graziella e Italo passano in macchina la frontiera tra Siria e Libano e arrivano a Beirut dove Al Fatah, la principale organizzazione dell'OLP guidata da Yasser Arafat, offre loro una stanza presso l’Hotel Triumph e un interprete, il prete palestinese monsignor Ibram Ayad.
Il 1º settembre i due giornalisti si recano all’ambasciata italiana a Beirut dove comunicano di voler visitare il sud del Libano e il Castello di Beaufort, postazione dell'OLP spesso attaccata dalle forze israeliane durante la guerra civile libanese. Avvisano che se entro tre giorni non dovessero fare ritorno all'hotel Triumph, l'ambasciata dovrà provvedere a cercarli. La mattina del 2 settembre Graziella e Italo sarebbero dovuti partire per il sud del Libano su una jeep del Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina di Nayef Hawatmeh. Da quel momento non si hanno più tracce dei due giornalisti.
L’ambasciata italiana si allerta solo il 15 settembre, in seguito alle richieste della famiglia di Graziella: la madre Renata Capotorti e il fratello Giancarlo De Palo. Agli inizi di ottobre il Ministero degli Esteri decide di aprire un fascicolo, affidando l'inchiesta al capo centro del Sismi a Beirut, il colonnello Stefano Giovannone. Il 14 gennaio 1982 la Procura di Roma apre un'istruttoria, affidandola a Giancarlo Armati, sostituto procuratore della Procura.
La scomparsa di Graziella De Palo e Italo Toni venne messa in relazione con il sequestro dei missili ad Ortona nella notte tra il 7 e l'8 novembre 1979, un sequestro che portò all'arresto di Abu Anzeh Saleh, palestinese con passaporto giordano, responsabile della struttura militare clandestina del FPLP in Italia ed anche contro George Habbash, leader del FPLP. In quell'occasione il FPLP accusò l'Italia di non aver rispettato i patti, riferendosi al lodo Moro (ovvero un presunto patto di neutralizzazione per i palestinesi del territorio italiano in cambio di una promessa mancata esecuzione di attentati terroristici contro cittadini italiani) annunciando pesanti ritorsioni.
Il processo contro Habbash e Saleh iniziò proprio nell'agosto del 1980, quando Graziella De Palo e Toni si stavano recando prima a Damasco e poi in Libano.
Il dott. Armati non rinvenne però prove di collegamenti tra la vicenda di Ortona, l'arresto di Habbash e il caso De Palo-Toni. Il giudice accertò che i due giornalisti italiani furono prelevati all'hotel Triumph dai miliziani di Habbash, interrogati e uccisi pochi giorni o poche ore dopo.
Nella fase istruttoria, il Colonnello Giovannone oppose il segreto di Stato sui rapporti tra OLP e Governo italiano.
Nell’agosto del 1984 il presidente del consiglio Bettino Craxi confermò l’apposizione del segreto di Stato sulla vicenda.
All’epoca, Armati chiese il rinvio a giudizio del colonnello Giovannone e del generale Santovito, direttore del Sismi, per favoreggiamento, ma, a causa della morte di questi ultimi, l’inchiesta si concluse con un nulla di fatto. Nel 1986, George Habbash fu assolto in tutti i gradi di giudizio per insufficienza di prove, venendo solo rinviato a giudizio e poi condannato un funzionario (Balestra) per una ipotesi di depistaggio collegata.
Nell’ambito delle indagini svolte dalla Procura della Repubblica di Roma emersero responsabilità di favoreggiamento ed in generale di depistaggio da parte di alcuni funzionari dei servizi segreti. Uno di detti funzionari, il Colonnello Stefano Giovannone, durante gli interrogatori riguardanti la sorte dei due giornalisti scomparsi - come accennato - oppose il segreto di stato, essendovi - a suo dire - collegamenti tra quelle indagini ed i rapporti tra la Repubblica Italiana e le organizzazioni palestinesi. Di tale segreto di stato (opposta da Giovannone anche sul nome dei suoi collaboratori) vi fu espressa conferma da parte del Presidente del Consiglio in carica Bettino Craxi in data 28.08.1984. Tale situazione, di fatto, interruppe e non consentì la prosecuzione delle indagini impedendo ai familiari delle vittime non solo di “avere giustizia”, ma anche di conoscere lo svolgimento dei tragici eventi.
Il segreto di stato sul Lodo Moro risulta in particolare su due specifici documenti del procedimento penale relativo alla uccisione dei due giornalisti e risulta confermato sino ad oggi dai vari presidenti del Consiglio che si sono succeduti anche in questi ultimi anni.
In occasione di un colloquio avvenuto in data 25 luglio 2015 tra il sottoscritto (nel contesto di proprie ricerche di elementi utili alla riapertura delle indagini sul subito attentato di Pizzolungo nel 1985) un dipendente della amministrazione dello Stato cui per asserite ragioni di sicurezza (quale dipendente del Col. Stefano Giovannone nel 1980) sarebbero state cambiate le proprie generalità, ha spontaneamente dichiarato che, nella vicenda della sparizione dei due giornalisti, egli è un “teste scomodo” essendo direttamente a conoscenza di alcune vicende relative all’avvenuto sequestro, trovandosi egli all’epoca a Beirut alle dipendenze di Stefano Giovannone.
Ha anche fornito al sottoscritto una propria nota sul depistaggio eseguito in relazione a tale episodio nei primi anni Ottanta dal piduista Elio Ciolìni, spiegandone le modalità di esecuzione. Anch’essa verrà qui spiegata, come anche altre sue dichiarazioni sul sequestro Moro, sulla strage di Ustica e su traffici di scorie nucleari.
Rispettando le manifestazioni di volontà della madre di Graziella, Renata Capotorti (di ormai 98 anni) cui riferii il contenuto delle dichiarazioni del “teste scomodo” e successivamente alla denuncia presentata - sinora senza esito noto da oltre due anni - contenente i vari elementi acquisiti dal sottoscritto successivamente alle spontanee dichiarazioni ed all’apprendimento del segreto di Stato sul Lodo Moro (avvenuto su autorizzazione della magistratura), inizio a spiegare gli elementi di parte esposti alla autorità giudiziaria, auspicando che sui nuovi elementi di cui si è avuta conoscenza, sui segreti accordi di stato, sui depistaggi sin ad ora consumati, sui fatti omicidiari e di strage nonché su altri illeciti che su quegli accordi secretati si siano potuti nascondere, venga fatta piena luce.

La Rubrica "L'altra storia d'Italia" di Carlo Palermo"

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