Non c'erano metastasi al cervello quando il giornalista Andrea Purgatori è morto lo scorso 19 luglio. È l'esito concorde degli esami istologici che sono stati completati ieri nell'ambito dell'indagine avviata dalla procura di Roma nei confronti di due medici per omicidio colposo. Ieri i consulenti dei pm e quelli delle parti hanno fatto il punto della situazione alla luce delle attività peritali svolte in queste settimane all'istituto di medicina legale del Policlinico di Tor Vergata. "In relazione ai risultati preliminari della consulenza tecnica, circolati oggi, la famiglia Purgatori prende atto dell'assenza di metastasi cerebrali a carico di Andrea Purgatori e, come fin dall'inizio di questa vicenda, continua a confidare nell'operato della Magistratura, con l'unico intento di far accertare la verità degli eventi e le eventuali responsabilità" affermano in una nota gli avvocati Alessandro e Michele Gentiloni Silveri, legali della famiglia di Andrea Purgatori. Non si esclude che le metastasi potessero essere scomparse dopo la chemioterapia. Nel procedimento, avviato dopo una denuncia dei familiari, sono indagati due medici per omicidio colposo: si tratta del professor Gianfranco Gualdi, responsabile della radiologia della Casa di Cura Pio XI di Roma, e del dottor Claudio Di Biasi, un membro della sua équipe, cioè i due professionisti che hanno effettuato la prima diagnosi di tumore in stadio avanzato, con metastasi anche al cervello, da curare con una radioterapia ad alto dosaggio.
La malattia del giornalista: le cure facilitarono la sua morte?
Se le metastasi fossero state confermate molto probabilmente il caso sarebbe stato archiviato. Ma ora la battaglia legale è più aperta che mai.
Era lo scorso 24 aprile che Purgatori si era ricoverato nella clinica privata Villa Margherita: i medici avevano rilevato valori delle analisi sballati in seguito a una tac e una biopsia. I risultati vengono girati alla Casa di Cura Pio XI, dove viene formulata la diagnosi di “tumore al polmone con metastasi diffuse agli organi vicini e al cervello”. Il giornalista era stato poi spostato in un’altra clinica dove aveva iniziato i cicli di radioterapia.
Purgatori all'inizio si era sentito bene ma alla metà di maggio aveva iniziato a sentirsi stanco e affaticato. Nella prima clinica dove era stato diagnosticato il cancro in fase avanzata gli era stato detto che la terapia stava funzionando e che le metastasi si erano ridotte.
Le sue condizioni, nonostante le cure, erano peggiorate tanto da costringere Purgatori a un nuovo ricovero, sempre a Villa Margherita.
L'esito di un'atra tac è l'opposto di quello della Casa di Cura Pio XI: non c’è nessuna metastasi al cervello, soltanto alcune ischemie cerebrali.
Nonostante la diagnosi sia completamente diversa i medici hanno continuato con la radioterapia, poiché, secondo loro, era compatibile con il quadro clinico del paziente. Una risonanza magnetica eseguita nei giorni successivi aveva escluso la presenza di metastasi, ancora una volta l'esito era totalmente opposto di quello della Casa di Cura Pio XI. A questo punto l'esame viene ripetuto un'altra volta "incrociandolo con quello eseguito alla Pio XI, prima di emettere il suo verdetto: non solo le metastasi non ci sono, ma non ci sarebbero mai state”, come aveva ricostruito 'Il Domani'. Ma poi, nei giorni successivi, un’altra versione: il declino fisico di Purgatori stava continuando tanto da rendere necessario un ricovero all’Umberto I nei primi giorni di luglio. I famigliari, in ospedale, avevano parlato con un radiologo “che in quei momenti concitati si preoccupa di confermare alla famiglia la presenza delle famose metastasi al cervello”. Si tratta di un medico che oltre a lavorare nell’ospedale romano, collaborava con Gualdi alla Pio XI ed “era uno dei firmatari del referto del giorno 8 maggio da cui era partita la diagnosi”. Dopo undici giorni, il 19 luglio, sopraggiunge la morte.
Foto © Paolo Bassani
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