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"Mi sono addolorato quando ho avuto nelle mani qualche pratica dalle congregazioni romane: come mai si è arrivata a questa strada di ingiustizia e disonestà?" Ha domandato Papa Francesco durante un'udienza di un gruppo di sacerdoti e vescovi siciliani.
Per Bergoglio, in Sicilia "anche la Chiesa risente della situazione generale con le sue pesantezze e le sue svolte, registrando un calo di vocazioni al sacerdozio e alla vita consacrata, ma soprattutto un distacco crescente dei giovani".
Tale situazione va a danno soprattutto dei giovani i quali "stentano a percepire nelle parrocchie e nei movimenti ecclesiali un aiuto alla loro ricerca del senso della vita; e non sempre vi scorgono la chiara presa di distanza da vecchi modi di agire, errati e perfino immorali, per imboccare decisamente la strada della giustizia e dell'onestà", ha aggiunto.
Di conseguenza se "nel sentimento della gente di Sicilia, prevale l'amarezza e la delusione per la distanza che la separa dalle zone più ricche ed evolute del Paese e dell'Europa; se tanti, soprattutto giovani, aspirano ad andare via per trovare standard di vita più ricchi e comodi, mentre chi rimane si porta dentro sentimenti di frustrazione; a maggior ragione noi pastori siamo chiamati ad abbracciare fino in fondo la vita di questo popolo".
Certamente, come ha ricordato lo stesso Francesco, non sono mancate quelle figura che hanno abbracciato completamente il popolo siciliano: don Pino Puglisi e Rosario Livatino ne sono un esempio, come anche altre figure meno note.
Vi sono "tanti sacerdoti in mezzo alla gente sfiduciata o senza lavoro, in mezzo ai fanciulli o agli anziani sempre più soli". "Il nostro non è un mestiere - ha aggiunto - ma una vocazione; non è lavoro, ma missione. State attenti al carrierismo, il carrierismo alla fine delude e ti lascia solo, perduto".
"Si assiste in Sicilia a comportamenti e gesti improntati a grandi virtu' come a crudeli efferatezze. Come pure, accanto a capolavori di straordinaria bellezza artistica si vedono scene di trascuratezza mortificanti. E ugualmente, a fronte di uomini e donne di grande cultura, molti bambini e ragazzi evadono la scuola rimanendo tagliati fuori da una vita umana dignitosa", ha detto il Papa. "La quotidianità siciliana assume forti tinte, come gli intensi colori del cielo e dei fiori, dei campi e del mare, che risplendono per la forza della luminosità solare. Non a caso tanto sangue è stato versato per la mano di violenti ma anche per la resistenza umile ed eroica dei santi e dei giusti, servitori della Chiesa e dello Stato", ha aggiunto.
Il Pontefice non ha mancato anche di bollare come anacronistici e contrari alla riforma liturgica del Concilio Ecumenico Vaticano II i camici con i merletti e le “bonete”, ovvero le berrette.
Non vorrei finire senza parlare di una cosa che mi preoccupa, mi preoccupa abbastanza. Mi domando: la riforma che il Concilio ha avviato, come va, fra voi? La pietà popolare è una grande ricchezza e dobbiamo custodirla, accompagnarla affinché non si perda. Anche educarla. Su questo leggete il numero 48 della Evangelii nuntiandi che ha piena attualità, quello che san Paolo VI ci diceva sulla pietà popolare: liberarla da ogni gesto superstizioso e prendere la sostanza che ha dentro”.
E ha aggiunto: “Un’altra cosa, questo non lo dico solo per la Sicilia, questo è universale: una delle cose che più distruggono la vita ecclesiale, sia la diocesi sia la parrocchia, è il chiacchiericcio, il chiacchiericcio che va insieme all’ambizione. Noi non riusciamo a mandare via il chiacchiericcio. Anche dopo una riunione: Ciao, ci salutiamo, e incomincia: ‘Hai visto cosa ha detto quello, quell’altro, quell’altro. Il chiacchiericcio è una peste che distrugge la Chiesa, distrugge le comunità, distrugge l’appartenenza, distrugge la personalità”. Concludendo: “Scusatemi se predico queste cose che sembrano da prima comunione, ma sono cose essenziali: non dimenticatele”.

Foto © Imagoeconomica

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