di AMDuemila
Intervista de “Il Fatto Quotidiano” al magistrato consulente della Commissione antimafia
“Prima ci guardavano con stima e rispetto per le capacità e l’eroismo di individui unici come Paolo Borsellino e Giovanni Falcone. Oggi invece si guarda al sistema antimafia italiano perché è diventato esportabile”. A dirlo è l’ex pm della trattativa Stato-Mafia, oggi consulente della Commissione parlamentare antimafia, Roberto Tartaglia, in un’intervista al vice direttore de “Il Fatto Quotidiano”, Peter Gomez. Il magistrato, che ha sostenuto l’accusa nel processo trattativa insieme a Vittorio Teresi, Nino Di Matteo e Francesco Del Bene, da quando è diventato consulente è stato invitato in molti Paesi come il Brasile, Thailandia e Montenegro per parlare della legislazione antimafia italiana. “In Montenegro ho partecipato a una conferenza organizzata da Transparency International con il patrocinio dell’Ue e sono stato ricevuto dal ministro della Giustizia e vicepremier, molto interessato alla legislazione italiana. Sono stato invitato in Thailandia dove sarò in ottobre. - ha spiegato - Pochi mesi fa, grazie alla cooperazione con l’Italia, quel Paese ha sequestrato i beni di Vito Roberto Palazzolo, il tesoriere dei corleonesi. Poi mi hanno invitato in Brasile per una conferenza con i magistrati locali. L’Italia è vista come un modello. Tutti vogliono capire come abbiamo fatto a colpire i patrimoni dei boss”. Tartaglia ha detto che alle conferenze davanti ai magistrati stranieri mette a confronto le dichiarazioni di Giovanni Falcone riguardo l’importanza di colpire i mafiosi sul piano patrimoniale e poi un’intercettazione dell’inchiesta “Old Brige” del 2007 dove il boss Francesco Inzarillo ammise la riuscita di quanto previsto da Falcone. “Grazie al sacrificio di servitori dello Stato come Falcone, ma anche Pio La Torre, Chinnici e Borsellino, lo Stato ha cambiato ritmo. - ha spiegato - Per questo faccio ascoltare poi Francesco Inzerillo che 20 anni dopo, nel 2007, intercettato, ammise la sconfitta della mafia in Italia, su questo fronte almeno”. E poi ha aggiunto: “Quell’intercettazione dimostra non solo che abbiamo fatto passi da gigante ma anche che, se gli altri Paesi non seguissero la stessa strada, lo sforzo italiano sarebbe inutile. I mafiosi come Palazzolo investirebbero al sicuro, in Thailandia o in Africa o a Rio de Janeiro e i loro beni resterebbero sicuri”.
In conclusione, per il magistrato la cooperazione sulla lotta alla mafia è importante sia per gli altri paesi, ma soprattutto per l’Italia stessa: “La mafia è una Spa che agisce senza confini, la cooperazione è necessaria. Il prossimo anno sarà il ventennale della Convenzione contro la criminalità organizzata di Palermo. All’estero guardano a noi come un faro anche per l’azione del presidente della Repubblica, noto in tutto il mondo per il suo impegno e per la sua storia. L’Italia deve stare in testa allo schieramento dei Paesi che lottano contro la criminalità”.
Foto © Paolo Bassani
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