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di Francesca Mondin - 23 ottobre 2014
Gravi lacune nel sistema di sicurezza di Ignazio Cutrò
In un momento in cui sembra che la situazione dei testimoni di giustizia stia iniziando a migliorare il presidente dell’Associazione testimoni di giustizia Ignazio Cutrò (in foto) rimane quindici minuti disteso a terra senza che nessuno intervenga. In quindici minuti possono succedere molte cose, un commando mafioso impiega molto meno tempo ad uccidere la propria vittima. Il fatto è successo la sera del 21 ottobre, i video mostrano come Ignazio Cutrò, preso da un malessere, cade a terra disteso dinnanzi alla sua abitazione e rimane immobile fino all’intervento dei familiari. Eppure le telecamere sono collegate in presa diretta alle due stazioni dei carabinieri di Bivona e di Camerata al fine di garantire una protezione h 24 all’imprenditore che con le sue denunce ha fatto arrestare decine di boss dell’agrigentino. “La paura è stata tanta- ha raccontato il testimone di giustizia- perché effettivamente in quell’istante uno poteva ammazzarmi tranquillamente”.  
Un fatto, questo, che evidenzia un’enorme falla nel sistema di sicurezza ed una noncuranza di base su fattori vitali come la sicurezza fisica di Cutrò e della famiglia.
“Dovremmo avere questa sorveglianza per avere una vita quasi normale, libera e protetta - ha spiegato Cutrò - invece dalle 18.00 di sera la mia famiglia è costretta a chiudersi in casa al piano superiore per sentirsi sicuri…ci sentiamo come se fossimo lasciati lì a morire”.

Da oltre un anno il testimone di giustizia aveva segnalato il malfunzionamento del sistema di video sorveglianza avvisando la prefettura e gli organi politici con lettere e documentazioni dove spiegava le molte lacune del sistema di protezione.
Il caso, ad inizio anno, era finito anche sugli schermi di Rai3 durante il programma di Riccardo Iacona “Presa Diretta”. A distanza di mesi le tante promesse delle Istituzioni erano però cadute nel vuoto. 
Questa volta però è intervenuto direttamente il prefetto di Agrigento Nicola Diomede, che subito ha voluto incontrare Cutrò. “Ora sinceramente sono sereno- ha dichiarato Ignazio Cutrò - il prefetto mi ha detto che presto verrà lui stesso a monitorare la situazione e che rivedrà subito tutto il sistema di sicurezza assieme all’arma dei Carabinieri”.

Il problema della mancata sicurezza per la famiglia Cutrò è però solo uno dei tanti fattori che hanno determinato un clima insostenibile che negli ultimi anni aveva raggiunto livelli inimmaginabili. Tanto che Cutrò dopo la negazione da parte delle istituzioni di sostegni o aiuti per far ripartire l’attività era stato spinto dall’impossibilità di mantenere la famiglia a mettere in vendita tutto e lasciare l’Italia.

Negli ultimi mesi però dei piccoli passi avanti sono stati fatti per provare ad aggiustare la situazione. Come ad esempio la norma che consente l'assunzione dei testimoni di giustizia o dei loro famigliari all'interno delle amministrazioni della Regione siciliana, oppure l’approvazione della relazione della Commissione Parlamentare antimafia dalla quale emerge che è stata sottolineata la necessità di una diversa tutela economica dei testimoni stessi e quindi è stato proposto “un comitato di assistenza e un referente fisso” e è stato chiesto il potenziamento del Servizio centrale di protezione del ministero dell'Interno. Risultati raggiunti soprattutto grazie al continuo impegno di persone come il presidente dell’Associazione testimoni di giustizia, che non ha mai smesso di pretendere che i propri diritti e la propria dignità fossero rispettati.

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Se da una parte però si fanno dei progressi, vicende come questa dimostrano che lo Stato rischia comunque di arrivare sempre in ritardo e che si è ancora ben lontani dal dire risolte le problematiche dei testimoni di giustizia.
“Quello che è accaduto ad Ignazio Cutrò è un fatto gravissimo che merita grande attenzione- ha dichiarato il senatore Giuseppe Lumia, componente della Commissione Parlamentare Antimafia - Ecco perchè presenterò un'interrogazione parlamentare per chiedere al Ministro dell'Interno di spiegare l'accaduto e di prendere i provvedimenti opportuni.”

“La vicenda Cutrò sta dimostrando il malfunzionamento di questo sistema di denuncia e di sostegno  ai testimoni di giustizia- ha commentato inoltre Fabrizio Ferrandelli, vicepresidente della Commissione regionale antimafia che come Lumia si è detto molto allarmato: “Bisogna fare chiarezza sull’accaduto… questo fatto ci spaventa perché stiamo registrando un generale innalzamento del clima di tensione per quanto riguarda vicende inerenti alla mafia, dalle intimidazioni ai sistemi di videosorveglianza  del tribunale di Palermo alle minacce a Scarpinato”.
“Ho chiesto questa mattina all’onorevole Musumeci una convocazione  in commissione regionale  antimafia per trattare tutta la vicenda- ha spiegato Ferrandelli - uniremo l’ufficio di presidenza così calendarizzeremo le sedute ”
Lumia ha evidenziato anche quanto sia importante che lo Stato sostenga i testimoni di giustizia ed i loro familiari “per superare le difficoltà economiche e culturali che incontrano, dopo la denuncia, nel percorso di reinserimento nel contesto sociale in cui vivono”.
Difatti i problemi di Cutrò vanno oltre la mancata protezione, uno dei più grandi drammi per l’imprenditore è l’incapacità di far tornare a lavorare la propria impresa, inseguito alla sua denuncia contro la mafia. “La cosa che più mi fa paura – ha evidenziato il testimone di giustizia- è che ho parlato con molte associazioni che tutelano gli imprenditori chiedendo aiuto ma non succede nulla.. non  ho avuto risposte nemmeno dal mondo politico”.
Fabrizio Ferrandelli però si è dimostrato molto attento a questo aspetto: “Per Cutrò prendere un piccolo appalto” pubblico “gli consentirebbe la sopravvivenza dell’azienda e dall’altra parte significherebbe per noi affermare che di antimafia non si muore ma si vive”. “Questo è l’unico vero fronte su cui si deve lavorare, tutto il resto è retorica”. Ferrandelli si è quindi impegnato nel cercare di fornire “Tutti gli strumenti normativi possibili” anche se ha precisato “un potere esecutivo  magari riesce ad essere più incisivo”.

Questa politica antimafia, non di retorica ma di fatti sembra però essere ben poca perché anche la società civile avrebbe isolato il testimone di giustizia, infatti da quando Cutrò ha messo in vendita i mezzi della sua impresa “nessuno è venuto per vederli” come se il messaggio che deve passare è “i mezzi di Ignazio Cutrò devono rimanere là”.  “La provincia di Agrigento vuole cambiare? - ha concluso in fine Cutrò - allora è il momento che cambi, che i cittadini  capiscano che devono fare le denunce”così come “le istituzioni devono capire che devono proteggere le persone  che con dignità hanno denunciato. Non ci possono abbandonare perché noi abbiamo messo tutto in gioco in quell’aula giudiziaria, la vita nostra e dei nostri famigliari”.

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