Il testimone di giustizia protesta tutta la notte davanti la prefettura di Agrigento
di Francesca Mondin - 19 agosto 2014
Costretto a passare la notte dinanzi la prefettura di Agrigento per essere ricevuto e chiedere la revoca del servizio di scorta. Ignazio Cutrò, imprenditore di Bivona e presidente dell’Associazione nazionale testimoni di giustizia, si è presentato domenica 17 agosto alla prefettura di Agrigento assieme alla famiglia per chiedere la revoca del dispositivo di scorta. La famiglia Cutrò, non avendo ricevuto nessuna risposta alle lettere e AI documenti spediti in cui venivano evidenziate le molte mancanze e falle del sistema di scorta che continuano da più di cinque mesi, ha deciso di andare personalmente a chiedere un appuntamento con il prefetto Nicola Diomede. Non riuscendo ad entrare in contatto con il funzionario di turno Ignazio Cutrò ha decisione di passare la notte di fronte alla Prefettura come segno di protesta nell’attesa di essere ascoltato. Nella notte lo hanno raggiunto alcuni amici giornalisti per sostenerlo ma nessun rappresentante delle Istituzioni si è presentato. Solo a metà mattinata “Quando hanno iniziato ad arrivare molti giornalisti”, ha raccontato l’imprenditore di Bivona, è stato ricevuto dal Diomede, dal suo capo di gabinetto, dai rappresentanti della Digos e dal colonnello dei carabinieri di Agrigento. Durante l’incontro Cutrò ha presentato nel dettaglio, con documenti scritti e foto, le falle del sistema di sicurezza che dovrebbe proteggerlo. “Nulla da togliere all’arma dei Carabinieri che noi ringraziamo sempre – ha dichiarato l’imprenditore - ma credo non riescano ad applicare le norme perché non gli vengono forniti uomini e mezzi. Non capisco – ha aggiunto - perchè se hanno pochi mezzi le scorte dei politici sono sempre impeccabili, non vogliamo essere avvantaggiati ma trattati con i giusti diritti". “Ho chiesto a gran voce – ha spiegato il presidente dell’Ass. testimoni di giustizia - la dimissione del programma di protezione perché non ha senso fatto in questo modo… da tanti giorni per garantire un minimo di sicurezza ai nostri figli usciamo al limite del possibile”.
Il prefetto Nicola Diomede, dopo aver ascoltato il testimone di giustizia anche nelle tante altre problematiche che lo affliggono, lo ha rassicurato. “Conosco Diomede, è una persona in gamba, ed è proprio la sua non promessa che mi ha fatto ben sperare, perché ho visto molta determinazione quando mi ha detto: ‘Io non prometto niente ma farò di tutto per riportarti a lavorare’.
Il malfunzionante sistema di sicurezza è solo una delle tante ingiustizie e noncuranze che Cutrò vive da quando ha deciso di denunciare i suoi estorsori. La mancanza di aiuti e sostegno, che spetterebbero di diritto a tutti i testimoni di giustizia, e che permetterebbero ad Ignazio di rimettere in piedi la sua impresa edile e continuare il suo lavoro nella stessa terra in cui lui ha detto no al compromesso mafioso sono la causa principale della drammatica situazione in cui è costretto a vivere. Ciò che più rammarica è la mancanza di attenzione e interesse da parte delle Istituzioni per un uomo che ha deciso di stare con lo Stato e lavorare spalla a spalla per la giustizia.
Sebbene, da subito Cutrò abbia sollecitato tutti i fronti possibili per ottenere i propri e altrui diritti (come presidente dell’Ass. testimoni di giustizia, ndr) e vedere mantenute le molte promesse ricevute. “Solo quando arrivano i giornalisti tutti si muovono, e cominciano ad avere paura – ha detto amareggiato l’imprenditore di Bivona– i vari rappresentanti dello Stato, tra cui il viceministro Bubbico, hanno detto pubblicamente che avrebbero sistemato la mia situazione personale – ha spiegato Cutrò - hanno fatto passare la nube mediatica e poi non è successo più niente”. Sono passati già quattro mesi, da quando l’onorevole Bubbico aveva promesso, in pubblico durante la trasmissione di “La vita in diretta” che nel giro di alcune settimane avrebbe cercato di risolvere la situazione di Cutrò. Un mese dopo il viceministro ha istituito una commissione ad hoc per creare la Carta dei diritti con l’obiettivo di aggiornare e rendere eque le normative anche per i testimoni di giustizia che, come Ignazio, decidono di rimanere in loco. Nell’attesa che la Commissione stenda questa Carta la situazione di Cutrò continua a peggiorare: “Non sappiamo nemmeno più come fare la spesa - ha raccontato il testimone di giustizia - E’ da 4 anni che aspetto i fondi dell’antiracket … mi sono arrivate 9 cartelle esattoriali che con questi soldi avrei potuto pagare, ma per accedere a quei fondi mi hanno chiesto il DURC (documento unico di regolarità contributiva, è l'attestazione dell'assolvimento, da parte dell'impresa, degli obblighi legislativi e contrattuali nei confronti di INPS, INAIL e Cassa Edile, ndr) , è come un cane che si morde la coda - ha specificato - io chiedo i soldi per sistemare il DURC dell’azienda e l’assessorato alla famiglia mi chiede il DURC per darmi i fondi, come può essere in regola con il DURC una ditta dopo che ha denunciato la mafia”. Da quando Cutrò ha iniziato la lotta contro i suoi estorsori infatti ha perso tutti i clienti e nessuno gli ha più affidato un lavoro. “Quello che non capisco – spiega Cutrò – è che se lo Stato ha delle problematiche normative la cui soluzione richiede tanto tempo almeno potrebbero anticiparmi degli aiuti mensili, così che possa sfamare la mia famiglia finchè non vengono sistemate queste norme”.
“La Commissione si è insediata già da due mesi e ha ricevuto molti testimoni –ha continuato a spiegare - avevano detto che mi avrebbero chiamato tra i primi ma ancora non mi hanno chiamato.”
“Spero che qualche risposta dalla questura arrivi ma le cose può cambiarle definitivamente solo il Ministero” ha concluso Ignazio Cutrò con voce stanca. Quasi rassegnata per le troppe delusioni e promesse non mantenute ma soprattutto perché vede sempre più lontana la possibilità che questo Stato voglia veramente schierarsi dalla parte dell’antimafia e sostenere quegli uomini che impegnano tutta la loro energia in questa lotta.
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