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polizia-webdi Lara Borsoi - 26 giugno 2012
Al sorgere del sole in Sicilia un altro duro colpo è stato inferto ai clan. Era infatti l'alba quando, nei comuni di Porto Empedocle, Agrigento, Sambuca di Sicilia e Siculiana, gli uomini,oltre duecento, della squadra mobile di Agrigento e della sezione anticrimine di Palermo hanno fatto scattare le manette ai polsi di 49 persone, a 5 il fermo è stato notificato in carcere, mentre due indagati sono riusciti a sfuggire alla cattura.

Nel provvedimento, firmato dal procuratore aggiunto di Palermo Vittorio Teresi e dai sostituti Emanuele Ravaglioli e Rita Fulantelli, si apprende che gli indagati sono stati accusati a vario titolo di associazione mafiosa, estorsione e detenzione di armi. Tra gli arrestati il presunto capo mafia Leo Sutera di Sanbuca di Sicilia, un agente di polizia penitenziaria, Rosario Bellavia, imprenditori nel settore del cemento e del calcestruzzo e il fratello del boss Gerlandino, Fabrizio Messina. Secondo gli investigatori alcuni degli indagati appartengono a quella cerchia ristretta di fedelissimi alla primula rossa Matteo Messina Denaro.
L'operazione denominata “Nuova Cupola”, scaturita dalle indagini iniziate a fine 2010, si è potuto apprendere che dopo l'arresto dei due maggiori capi della cosca agrigentina Gerlandino Messina e Giuseppe Falsone gli affiliati già tessevano accordi per ricomporre una nuova famiglia mafiosa agrigentina. Inoltre è stato possibile controllare le attività di danneggiamento, estorsioni e rapine praticate dal clan.
Nella nota, diffusa in seguito all'operazione, della polizia si apprende che: “L'operazione riguarda le famiglie di tutti i mandamenti mafiosi della provincia, impegnate nel tentativo di condizionare la vita economica ed imprenditoriale di quella zona. In particolare, l'attività investigativa ha consentito di svelare la pressione estorsiva esercitata dal gruppo criminale, mediante danneggiamenti ed atti intimidatori, nei confronti di imprese edili, tale da determinare un vero e proprio stato di monopolio a favore di ditte controllate da cosa nostra, con l'estromissione dal mercato di quegli imprenditori che operavano nella legalità”.
Riconoscimento è stato dimostrato dal Sindacato dei Poliziotti Italiani Riformisti a tutte le forze dell'ordine coinvolte nel blitz: “ Questo è il segno inequivocabile della presenza delle Istituzioni in una provincia ritenuta, in un recente passato, lo zoccolo duro della mafia, per tale ragione occorre alimentare con un potenziamento di uomini e mezzi una provincia che oltre ad affrontare la criminalità organizzata e comune viene pesantemente distratta dal fenomeno dell’immigrazione clandestina.”

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