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dormino anythingtosay jezek

L’autore di “Anything to say?” presente alla manifestazione a Londra in difesa del fondatore di WikiLeaks

Quando l’uomo è messo a tacere per troppo tempo a volte sono le statue che parlano e questo è un posto perfetto. Mandela è qui. Gandhi è qui. Millicent Garrett Fawcett è qui. L’arte non può cambiare il mondo, ma ha la capacità di darci una visione diversa, di mostrarci la contraddizione del nostro tempo e vedere il mondo con occhi nuovi. Questa scultura vuole essere un’arma di costruzione di massa critica. C’è un momento in cui la protesta diventa un dovere e questa è la prova. Assange libero!”. A parlare è Davide Dormino, autore dell’opera “Anything to Say?”, intervenuto durante la manifestazione in sostegno di Julian Assange, fondatore di WikiLeaks, davanti al palazzo di Westminster (Londra). Dormino è un artista e la sua opera itinerante è stata installata proprio a Parliament Square. Si tratta di una scultura in bronzo a grandezza naturale, raffigurante tre figure ciascuna in piedi su una sedia. La quarta sedia è vuota perché è rivolta allo spettatore. Un modo per alzarsi per esprimerci o semplicemente stare accanto a Edward Snowden, Julian Assange e Chelsea Manning (che occupano le altre tre sedie), che hanno avuto il coraggio di dire no all'intrusione della sorveglianza globale e alle bugie che portano alla guerra.


dormino frame


L’opera è stata al centro della manifestazione "Join the protest". Presente anche Stella Assange, moglie del fondatore di Wikileaks, con i suoi due figli. Da anni Stella sta conducendo una battaglia legale e di sensibilizzazione - assieme ad un team di avvocati e a migliaia di sostenitori in tutto il mondo - affinché Julian Assange non venga estradato negli Stati Uniti e venga scarcerato dal carcere di massima sicurezza di Belmarsh, in cui è recluso dal 2019 “per aver pubblicato informazioni veritiere, che hanno rivelato crimini di guerra commessi dal governo degli Stati Uniti”, come ha più volte detto Stella Assange. L’iniziativa promossa dalla "Don't Extradite Assange", assieme a Dormino, è stato un modo ulteriore per opporsi alla tortura e alla persecuzione che da anni colpisce Assange. È bene ricordare che l’editore australiano ha contribuito a diffondere documenti riservati su crimini di guerra commessi dalle forze americane in Iraq e Afghanistan, e tanto altro. E che su di lui pendono 17 capi d’accusa, per un totale di 175 anni di prigione circa, per aver rivelato - tra le altre cose -, i crimini contro l’umanità commessi dall’Occidente in Afghanistan e in Iraq durante le cosiddette “guerre al terrore” “made in Usa”.

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