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Il giornalista perseguitato da Washington attende dalla prigione di Belmarsh la sua estradizione verso gli Stati Uniti

Dopo quasi 1500 giorni di prigionia, Julian Assange, si trova ancora nel carcere londinese di Belmarsh in attesa di essere estradato negli Stati Uniti. Il fondatore di WikiLeaks è stato accusato da Washington per aver diffuso migliaia di dossier riservati, pertanto, potrebbe rischiare fino a 175 anni di carcere. Un vero e proprio accanimento che intende utilizzare la giustizia come lecita alternativa all’omicidio punendo un giornalista colpevole di aver svolto il proprio mestiere. Nel 2010, infatti, migliaia di documenti che provano le atrocità perpetrate da “Zio Sam” durante le guerre che hanno insanguinato Iraq e Afghanistan, sono stati pubblicati  grazie al lavoro di Assange e da Chelsea Manning, all’epoca dei fatti, militare dell’esercito americano. Manning, anche lei condannata a 35 anni di carcere, è stata graziata dall’allora presidente Barack Obama. Assange, invece, è stato raggiunto da ben 17 capi d’accusa grazie ad una legge statunitense attuata con la guerra del 1917: l’Espionage Act. Una vendetta dunque che potrebbe essere intesa come monito per altri giornalisti determinati a seguire l'esempio di Assange. Anche per questo motivo diverse organizzazioni per i diritti umani come Amnesty International, Human Rights Watch e Reporters Sans Frontières hanno chiesto al presidente Biden di non estradare Assange e concedergli la libertà. Intanto, mentre la salute di Assange viene cagionata dalle condizioni in cui si trova a vivere all’interno del carcere di massima sicurezza londinese, diversi parlamentari australiani, britannici e americani hanno rivolto petizioni all’Attorney Generaldegli Usa e chiesto alla Corte Suprema del Regno Unito di negare l’estradizione. Solo le autorità italiane tacciono, cosa che spiegherebbe la 58esima posizione occupata dall’Italia nel 2022 all'interno della “World Press Freedom Index”: la classifica che misura la libertà di stampa per 180 Paesi nel mondo; la stessa che ha posizionato, sempre nel 2022, il Burkina Faso al 41esimo posto.
“I diplomatici sono tra i primi a riconoscere quanto può nuocere la fuga di rapporti e altri documenti riservati. Ma se la ‘riservatezza’ - ha riportato “Il Fatto Quotidiano” - serve a celare crimini di guerra, prevale il dovere del funzionario di denunciarli e il diritto del giornalista di renderli pubblici, si tratti o no di scoop. Va ricordato che nel 2004, durante l’invasione dell’Iraq, 52 ex-diplomatici britannici e 27 ex-ambasciatori e generali americani di alto rango uscirono dal loro riserbo con due durissime lettere di critica a Blair e a Bush. Ora, noi ex-diplomatici ci uniamo ai parlamentari e alle organizzazioni umanitarie che hanno firmato appelli per la liberazione del giornalista, essendo convinti che le democrazie prosperano solo se hanno il coraggio di guardarsi allo specchio. A tal fine ci appelliamo al nostro governo affinché si unisca a tutti coloro che chiedono al presidente Biden di rinunciare a ogni azione contro Julian Assange, in coerenza con quanto fatto da Obama.

Francesco BASCONE

Mario BOFFO

Rocco CANGELOSI

Torquato CARDILLI

Giuseppe CASSINI

Fabio CRISTIANI

Antonio D’ANDRIA

Anna DELLA CROCE

Enrico De MAIO

Patrizio FONDI

Paolo FORESTI

Giovanni GERMANO

Elisabetta KELESCIAN

Maurizio LO RE

Luigi MACCOTTA

Roberto MAZZOTTA

Enrico NARDI

Angelo PERSIANI

Alessandro PIETROMARCHI

Michelangelo PIPAN

Giancarlo RICCIO

Antonio TARELLI

Maurizio TEUCCI

Bernardo UGUCCIONI


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