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Hanno avuto un incontro con “nonno Francesco”, così chiamano il Papa i popoli dell’Amazzonia

Che l'Amazzonia è il polmone verde del mondo è risaputo. Le scuole lo insegnano ai bambini già in tenera età. Ma si sa anche che la lotta per difendere questo territorio è totalmente in mano ai popoli originari.

Ciò che è poco noto è che ci siano donne indigene cattoliche che si occupano di evangelizzare i popoli della zona. È più diffuso l'argomento della inimicizia tra i popoli originari e, soprattutto, lo stesso che accade nella Chiesa cattolica. E più raro ancora è sentire che tre donne indigene sono arrivate in Vaticano per una riunione con “nonno Francesco”, così chiamano il Papa i popoli dell’Amazzonia.

Le leader indigene Patricia Gualinda del Guatemala e la sorella Laura Vicuña del Brasile, entrambe vicepresidenti della Conferenza Ecclesiastica dell’Amazzonia (CEAMA) e la peruviana Yesica Patiachi, vicepresidente della Rete Ecclesiastica Panamazzonica (REPAM), hanno partecipato recentemente ad un incontro con il pubblico a Roma, evento organizzato dalla Commissione Pontificia per l'America Latina.

“È un onore per noi avere qui queste persone che arrivano dalla nostra America Latina”, ha detto la segretaria della Commissione Pontificia per l'America Latina, la teologa argentina Emilce Cuda, all'apertura dell'incontro.

I temi trattati durante l'incontro:

Come proteggere l'Amazzonia, considerata il polmone verde del mondo, e cosa si può fare per i circa 400 popoli indigeni che vivono lì da sempre e la cui esistenza è a rischio per l'avanzare delle imprese petrolifere, di legname, agrarie e minerarie sono stati i punti fondamentali della riunione.

“Con nonno Francesco abbiamo parlato principalmente del ruolo della donna da una prospettiva socio-ambientale, socio-educazionale e socio-pastorale. Le donne, nel 90 % dei casi, sono quelle che portano avanti la evangelizzazione della Chiesa in Amazzonia. Abbiamo la vocazione di portare la buona novella del Vangelo in quelle zone isolate dove la Chiesa non riesce ad arrivare”, ha dichiarato a Página 12 la sorella brasiliana Laura Vicuña. Laura è indigena del popolo Kariri, è nata a Porto Velho nella città di Rhodesia in Brasile. Membro della Congregazione delle Sorelle Catechiste Francesca si è laureata in antropologia, si è specializzata in psicologia sociale e ha un master in linguistica indígena.

Riguardo alla lotta che portano avanti i popoli originari per mantenere e recuperare il territorio ha aggiunto: “La sfida più grande che dobbiamo affrontare ora è che venga garantito il diritto al territorio. L'altra riguarda gli Stati nazionali che si alleano ai grandi gruppi economici per sfruttare i territori ed uccidere la biodiversità. C'è un terzo obiettivo che è la protezione dei popoli che vivono in isolamento volontario. In Amazzonia vi sono circa 140 popolazioni in questa condizione; non hanno mai avuto contatti con la società quindi se gli tolgono la terra saranno sterminati”.

Yesica Patiachi Tayori (Perú) è una scrittrice, investigatrice, pittrice ed educatrice del popolo Harakbut. È nata nella comunità indígena di San Josè del Karene, nel dipartimento di Madre de Dios. Ha mostrato grande riconoscenza per essere stata ricevuta in Vaticano e per essere stata ricevuta con i suoi abiti tradizionali. Ha sottolineato anche l'importanza per i popoli originari di avere un territorio proprio. “L’abitante indigena esiste perché esiste il suo territorio - ha continuato Yesica, raccontando ciò di cui aveva parlato con papa Francesco - Se gli tolgono le terre i popoli spariranno".

Ci sono enormi interessi che provengono dall'Europa e da altre parti del mondo che hanno fatto si che l'ecosistema dei popoli indigeni corra dei rischi. Hanno portato nuovi modelli di sviluppo che rappresentano un pericolo. Dicono, per esempio, che vogliono costruire una strada ma non sanno che stanno distruggendo la vita dei popoli indigeni. Quei modelli vengono imposti, non viene consultato nessuno. Non si considera assolutamente la cosmovisione dei nostri popoli. Non conosco nessuna impresa petrolifera o legnaia o mineraria che abbia lavorato con i popoli indigeni e che abbia portato sviluppo. Solo distruzione. Inoltre è iniziata la corruzione dei dirigenti nel corso della storia.

Da parte sua Patricia Gualinga Montalvo, proveniente dal Popolo Kichwa di Sarayaku, dell'Amazzonia Equadoriana, è una nota attivista per la difesa dei diritti umani e della casa comune. Nel 2012 è stata testimone dinanzi la Corte Interamericana dei Diritti Umani di un caso storico presentato nel 2002 circa l'impatto dello sfruttamento petrolifero nella loro comunità, la quale si concluse con la corte che si pronunciò a favore del popolo Sarayaku.

Un nuovo genocidio?

Il Congresso propone una legge che restringe i loro territori ma Lula potrebbe opporsi.

Il Brasile occupa più del 60 % del territorio amazzonico.

“Se in Brasile si approva definitivamente quella legge ed i popoli indigeni vengono spostati, perché saranno spogliati dei loro territori, ci sarà un genocidio delle popolazioni indigene. E questo rappresenterà un precedente per altri paesi che potrebbero fare lo stesso. E diverrebbe la nuova forma per schiavizzare e sterminare i popoli indigeni in pieno ventunesimo secolo”, ha aggiunto Yesica nell'intervista realizzata da Página 12.

Il presidente Lula, che sembra non essere d'accordo con questa legge, potrebbe porre un veto alla discussione ma poiché non detiene la maggioranza in Parlamento tutto risulta essere più complicato.

Le leader indigene hanno spiegato che non c è differenza tra uomini e donne nei loro popoli. E non esiste neanche differenza tra donne cattoliche e non cattoliche. Ognuno è libero di scegliere la religione che intende professare. “La Chiesa Cattolica è arrivata in luoghi che nessun’altra religione ha raggiunto. La Chiesa Cattolica ha commesso molti errori, però ha fatto anche molte cose buone a livello di educazione e di salute. E ora abbiamo un papa che è alleato dei popoli originari di tutto il mondo. Abbiamo una chiesa che è alleata anche se ci sono alcuni vescovi che non sono d'accordo”, ha sottolineato.

I diritti indigeni sono anteriori alla creazione di qualsiasi Stato o Istituzione. Il primo passo è rispettare quei diritti ma anche creare politiche pubbliche di fiscalizzazione, di salute, di educazione, di sostenibilità per i popoli indigeni e per la protezione delle foreste. E bisogna anche ricordare che ci sono molti indigeni minacciati di morte per difendere il territorio e quindi devono essere protetti.

Foto by REPAM

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