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Il pontefice ricorda che dal 2014 sia in corso una “terza guerra mondiale a pezzi”

Le Nazioni Unite sono di fatto impotenti di fronte alla guerra. A sostenerlo è Papa Francesco, in una lunga intervista rilasciata all’agenzia argentina Télam in cui ha parlato anche di corsa agli armamenti, del ruolo dell’ONU e di comunicazione, che ritiene essere sempre più incline alla manipolazione.
Il pontefice, nel ricordare di aver utilizzato fin dal 2014 l'espressione “guerra mondiale a pezzi", descrive le funzioni in seno all’ONU, come espressioni di chi, a questo punto, “non ha più potere di imporsi”.
Dopo la Seconda Guerra Mondiale c'era molta speranza nelle Nazioni Unite, - dice il Santo Padre -  non voglio offendere, so che ci sono ottime persone che lavorano ma, a questo punto, non hanno il potere di imporsi.” - continua - “Contribuiscono sì a evitare guerre, e penso a Cipro, dove ci sono truppe argentine ma, per fermare una guerra, per risolvere una situazione di conflitto come quella che stiamo vivendo oggi in Europa, o come quelle vissute in altre parti del mondo, non hanno alcun potere. Senza offesa. È solo che la costituzione di cui dispongono non dà loro potere”.
Difatti, le Nazioni Unite, non sono un governo in grado di legiferare sui 193 paesi aderenti (praticamente tutto il globo) ma, uno strumento di iniziative volte a risolvere eventuali conflitti attraverso rapporti benevoli tra nazioni, garantendo, per questo, il rispetto dei diritti dell’uomo indipendentemente dalle differenze culturali. Tutti aspetti che, come indica Papa Francesco, non trovano alcun riscontro nell’attuale e delicatissima questione geopolitica, dove, oltretutto, i nove stati più potenti al mondo (Stati Uniti, Russia, Regno Unito, Francia, Cina, India, Pakistan, Israele e Corea del Nord), come reso noto da SIPRI, continuano ad incrementare e migliorare i loro arsenali nucleari.
Difatti, il Papa, parlando di “guerra giusta”, non manca di formulare un giudizio sulle priorità quantomeno discutibili che la società “moderna” mette in atto da diversi anni a questa parte: “Una guerra, purtroppo, è una crudeltà al giorno. In guerra non si balla il minuetto, si uccide. E c'è un'intera struttura di vendita di armi che la favorisce.” - continua - “Qualcuno esperto di statistiche mi ha detto, non ricordo i numeri, che se non si fabbricassero armi per un anno, non ci sarebbe più fame nel mondo. Credo sia giunto il momento di ripensare il concetto di 'guerra giusta'”.

La comunicazione è sacra
Non confondiamo il populismo con il popolarismo”. Con  queste parole, Papa Francesco continua la sua intervista con la giornalista Bernarda LIorente e, spiegando la differenza tra i due concetti, evidentemente, spesso poco chiari, Bergoglio dichiara: “Il popolarismo è quando il popolo porta avanti le proprie cose, esprime il suo pensiero nel dialogo ed è sovrano. Il populismo è un'ideologia che unisce il popolo, che cerca di raggruppare in un'unica direzione. E qui, quando parli loro di fascismo e di nazismo, capiscono cos'è il populismo”.
Un concetto semplice e spiegato in modo chiaro da Papa Francesco nel tentativo di condividere il proprio pensiero su quanto sia delicato e importante, al di là delle bandiere, il ruolo dell’intero comparto informativo.
Infatti, in risposta alla giornalista LIorente che chiede un commento su quale possa essere il valore da attribuire all’informazione, Bergoglio risponde: “La comunicazione è una cosa sacra. Comunicare è divino e bisogna saperlo fare con onestà e autenticità. - continua - Oggi i media hanno una grande responsabilità didattica: insegnare l'onestà alle persone, comunicando l’importanza di farlo attraverso l'esempio e la convivenza. Ma se hai media che danno l'impressione di avere una scheggia in mano per distruggere le persone attraverso la selezione della verità, la calunnia e la diffamazione, questo non farà mai crescere un popolo”.

I media e le parole manipolate di Francesco su Putin
Bisogna fare molta attenzione, precisa Papa Francesco e, sottolineando la manipolazione che sovente i media mettono in atto, Bergoglio precisa: “Prendono una frase fuori contesto e ti fanno dire ciò che non intendevi dire.” - continua - “Per esempio, con la guerra, c'è stata un'intera controversia per una mia dichiarazione su una rivista dei gesuiti: ho detto che 'qui non ci sono né buoni né cattivi' e, ovviamente, ho spiegato perché. Ma hanno preso questa dichiarazione da sola e hanno detto: 'il Papa non condanna Putin! La realtà - spiega Papa Francesco - è che lo stato di guerra è qualcosa di molto più universale, più serio, non ci sono buoni e cattivi. Siamo tutti coinvolti e questo è ciò che dobbiamo imparare”.

Tornando alla sua espressione "guerra mondiale a pezzi", parole che descrivono lo scenario belligerante che ha investito soprattutto l’Europa, Bergoglio osserva: “Quello che accade in Ucraina lo viviamo da vicino e per questo ci preoccupiamo ma, pensiamo al Ruanda 25 anni fa, alla Siria 10 anni fa, al Libano con le sue lotte interne o al Myanmar oggi. Quello che stiamo vedendo sta accadendo da molto tempo.” - continua - “Risolvere le cose con una guerra significa dire no alla capacità di dialogo. Esco dalla guerra e passo al comportamento comune. Si pensi a quando si sta parlando con delle persone e, prima che finisci, ti interrompono e ti rispondono. Non sappiamo ascoltare. Non permettiamo all'altro di dire la sua. Bisogna ascoltare. La guerra è essenzialmente una mancanza di dialogo”.

Infine, Papa Francesco, parlando con la giornalista Bernarda LIorente, condivide anche i suoi momenti di intima commozione: “Quando sono andato a Redipuglia nel 2014, per il centenario della guerra del 1914, ho visto l'età dei morti nel cimitero e ho pianto. Quel giorno ho pianto. Il 2 novembre, qualche anno dopo, sono andato al cimitero di Anzio e quando ho visto l'età di quei ragazzi morti, ho di nuovo pianto. Non mi vergogno di dirlo. Che crudeltà! E quando è stato commemorato l'anniversario dello sbarco in Normandia, ho pensato ai 30.000 ragazzi rimasti senza vita sulla spiaggia. Aprivano le barche e ordinavano loro: 'Scendere, scendere', mentre i nazisti li aspettavano. È giustificabile, questo? Visitare i cimiteri militari in Europa aiuta a rendersene conto".

Foto © Imagoeconomica

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