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da megachipdue.info - 11 febbraio 2011
Presentiamo l'anteprima di uno spot in difesa della scuola pubblica statale: l'iniziativa è stata presa da un gruppo di genitori di Roppolo (paesino del biellese) e si è estesa ad altri genitori in varie parti d'Italia; anche noi di Megachip abbiamo dato il nostro contributo. Si tratta di una breve traccia audio pensata per le emittenti radiofoniche e per la diffusione su internet...


...a cui seguirà in futuro un video più ampio realizzato con attori e marionette.

Il testo, scritto da Andrea Sottile rielaborando alcune situazioni tratte dal “Pinocchio” di Collodi, è recitato da Paolo Poli, che ha condiviso con noi lo spirito e le ragioni dell'appello e a cui va tutta la nostra gratitudine.

La redazione di Megachip

PER ASCOLTARE LO SPOT, CLICCA QUI

di Michele Maggino – Megachip - Responsabile Scuola e Università di Alternativa

H.G. Wells affermò una volta che la civiltà si trova nel bel mezzo di una gara fra l'educazione e il disastro e, sebbene l'educazione sia molto indietro, essa non è ancora fuori corsa.

Quello che vi proponiamo e che vi invitiamo a diffondere non è un semplice spot ed è qualcosa di più di un qualunque appello/invito in difesa della scuola pubblica. Quello che vi presentiamo è un concentrato di valori, è un segno della ribellione allo spirito dei tempi, è un grido disperato e di speranza allo stesso tempo. E non stiamo esagerando.

Un piccolo gruppo di persone, genitori consapevoli, né succubi né supini rispetto alle narrazioni imperanti sull'istruzione pubblica, indomiti nei confronti dei poteri forti che hanno deciso le sorti della scuola statale italiana, ha pensato di realizzare una sorta di spot pubblicitario per invitare i genitori ad iscrivere i propri figli alla scuola pubblica statale italiana (sono vicine infatti le scadenze per le iscrizioni). Pur consapevoli dei limiti della diffusione su internet, avendo pochi mezzi a disposizione, si sono affidati a questo strumento (questo nuovo “passaparola cibernetico”) che consente loro comunque una diffusione nazionale (ci auguriamo il più possibile estesa).

L'idea di realizzare questo spot rappresenta di per sé un fatto preoccupante e incoraggiante.

Preoccupante, perché vuol dire che l'attacco che sta subendo la scuola pubblica statale italiana ha ormai raggiunto una tal forza e veemenza da far sorgere l'idea di diffondere appelli di questa natura in sua strenua difesa, non solo ideale. (Va precisato, dobbiamo parlare di “scuola pubblica statale” visto che le scuole private, con la legge 62/2000, possono chiedere la parità ed entrare così a far parte del sistema di istruzione nazionale e quindi essere considerate “pubbliche” anche loro).

Incoraggiante, perché vuol dire che c'è ancora qualcuno che non getta la spugna, che non molla, che resiste, che non si arrende al pensiero dominante e al suo paradigma economicistico, con la sua visione ideologica che vede l'istruzione scolastica come quell'istituzione che deve preparare i giovani a entrare in modo adeguato nella vita economica della società così che continuino a essere fedeli consumatori, aspiranti e proni lavoratori e accaniti/estasiati spettatori. È questa la visione che considera la scuola poco più di uno strumento di politica economica.

Chi sono queste persone che ci rivolgono questo appello? Idealisti scollegati dalla realtà? Ultimi difensori sconfitti di ideali generosi e nobili ormai superati dagli eventi del mondo? Novelli paladini senza futuro?

Certo, difendere oggi le ragioni della scuola statale italiana, addirittura le ragioni dell'esistenza stessa dell'istruzione pubblica statale, può cominciare ad apparire opera ingrata, retrograda, anacronistica. Ebbene, sì, siamo anacronisti! Siamo contro questi tempi (ovviamente non nel senso che rimpiangiamo il passato ma nel senso di una prospettiva necessaria e strategica per puntare al tempo futuro). Noi difendiamo la scuola pubblica statale italiana! E non la difendiamo perché, anche a giudicare da una breve analisi degli ultimi dati dell'indagine OCSE-Pisa 1 sulle competenze in Lettura, Matematica e Scienze dei quindicenni, sembra che le scuole private italiane (che, ricordiamolo, negli ultimi anni hanno ricevuto copiosi finanziamenti sotto varie forme da parte dello Stato) facciano registrare prestazioni e risultati davvero scadenti (per qualcuno è forse una novità?). Senza il “contributo” degli studenti delle scuole non statali, l'Italia scalerebbe le tre classifiche OCSE anche di dieci posizioni.

No, noi non difendiamo la scuola pubblica statale per i suoi migliori risultati rispetto a quella privata (seppure, per qualcuno, questa motivazione potrebbe apparire più che sufficiente).

Noi la difendiamo per le ragioni che ci ha suggerito in tutta la sua opera un grande pensatore e analista della società contemporanea come Neil Postman (che la cosiddetta sinistra di lotta e di governo avrebbe dovuto leggere e meditare più a fondo invece di rincorrere le sirene della modernità o trastullarsi con quelle della postmodernità).

Postman definiva l'istruzione scolastica pubblica (ripeto, per noi italiani dobbiamo aggiungere per chiarezza la parola “statale”) come uno degli ultimi baluardi per combattere gli effetti devastanti della mistificazione dei media e per cercare di ottenere un minimo di controllo “ecologico” sul curriculum televisivo, sui computer e su qualunque altro mezzo del tecnopolio (ovvero lo stadio a cui è giunta la società occidentale avanzata definibile come totalitarismo tecnocratico). Lui la chiamava la “risposta da disperati”. La scuola pubblica come unico mezzo di comunicazione di massa ancora capace (in potenza) di controbilanciare il curriculum disorganizzante, occasionale, non punitivo, immediatamente gratificante dei “mezzi di distrazione di massa”.

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E, in particolare, Postman si riferiva alla scuola pubblica in quanto «l'istruzione pubblica non serve a un pubblico. Essa crea un pubblico. […] [Ma] Che tipo di pubblico essa crea? Un insieme di consumatori indulgenti verso se stessi? Masse di arrabbiati, senza anima, senza orientamenti? Cittadini indifferenti, confusi? Oppure un pubblico caratterizzato da sicurezza, senso degli obiettivi, rispetto per l'apprendimento, tolleranza?» [corsivo mio]. Ebbene Postman ci lascia uno spiraglio di speranza: «la scuola resisterà poiché nessuno ha inventato un modo migliore per presentare ai giovani il mondo dell'apprendimento; […] la scuola pubblica resisterà poiché nessuno ha inventato un modo migliore per creare un pubblico; […] l'infanzia sopravviverà perché senza di essa dovremmo perdere anche il senso di ciò che significa essere adulti».

 

Certo, non vogliamo nascondere i problemi effettivi che assillano la scuola statale italiana: siamo più che consapevoli delle criticità esistenti, dei reali e autentici punti deboli. E non parliamo certo delle fasulle problematiche relative alla scarsa presenza dei computer nelle classi italiane o alla mancanza di una pseudo-meritocrazia delle carriere, tanto per fare due esempi, di diversa natura, sui quali molti si dilungano. Alcuni dei veri punti deboli sono certamente riconducibili ad alcune questioni di politica scolastica che nascono da una base comune: la scarsità di investimenti.

Sulla scuola pubblica statale la nazione dovrebbe investire al massimo livello: la scuola non è un costo ma una risorsa per una comunità nazionale, tanto più preziosa quanto più si vivono tempi di crisi. E così, per esempio, bisogna avere il coraggio di dire che classi con più alunni non possono portare ad una migliore qualità dei risultati: quindi, occorrono più insegnanti, non meno (anche per sperimentare, in maniera profonda ed efficace, metodologie e didattiche che vadano oltre il concetto di “classe” scolastica). Bisogna affermare con forza che uno dei punti critici (che non a caso, negli ultimi decenni, non è mai stato affrontato di petto, in modo profondo e definitivo) è quello relativo ad una piena e vera preparazione, formazione e azione di aggiornamento continuo dei docenti: quindi, occorrono più insegnanti preparati.

Bisogna evidenziare come la classe docente italiana stia sempre di più “invecchiando” in maniera preoccupante: quindi occorrono più insegnanti preparati e giovani.

Occorre ribadire che la percezione e la realtà del prestigio sociale (con relativo misero stipendio) dei docenti italiani è a livelli penosi e squallidi: quindi occorrono più insegnanti preparati, giovani, adeguatamente pagati e motivati.

Il problema sembrerebbe però quello di sempre (già sento il solito ritornello): non ci sono i soldi per fare tutto questo, bisogna eliminare gli sprechi, bisogna tagliare e via “gelminando” (o meglio “tremontando”)...

[Interessante esercizio linguistico-enigmistico di cambio oppositivo: “gelminando” contro “germinando”, ovvero un ministro che elimina e distrugge invece di dare nuova vita; “tremontando” contro “tramontando”, ovvero un ministro che crede di illuminare l'orizzonte dell'economia e invece ci sta traghettando verso una notte buia].

Ma di fronte a queste posizioni semplicistiche e semplificatrici io invoco le ragioni di chi chiede per esempio il ritiro del personale militare italiano impegnato nelle cosiddette “missioni di pace” all'estero. Quanto ci sta costando, prima di tutto in termini di giovani vite umane spezzate per sempre e, in secondo luogo, in termini economici il mantenimento di queste missioni (e in particolare quella in Afghanistan)?

Io invoco un sollevamento dei genitori italiani che abbiano a cuore il futuro dei nostri figli: è davvero necessario per il futuro dell'Italia che lo stato spenda complessivamente 16 miliardi di euro per il progetto che prevede la costruzione e l'acquisto di 131 cacciabombardieri F35 JSF mentre opera nello stesso tempo tagli alla scuola statale in maniera spregiudicata? (Altre idee su dove trovare un po' di soldi: http://www.megachipdue.info/tematiche/cervelli-in-fuga/4888-tagliano-8-miliardi-alla-scuola-quanti-ne-danno-alla-guerra.html. Ma pensiamo anche alle grandi opere faraoniche ed inutili che vengono fatte solo per spartire grosse fette di appalti pubblici).

Genitori italiani: ribelliamoci a questo stato di cose!

Ora, i tagli alla scuola, in nome di supposte ragioni di bilancio delle finanze pubbliche, nascondono in realtà ben altre motivazioni e volontà. Vogliamo andare un po' più a fondo? È ancora Postman che ci viene in aiuto:

«L'idea che la scuola debba rendere i giovani accondiscendenti e facilmente ricettivi dei pregiudizi della loro società, è un'antica e veneranda tradizione. Questa funzione dell'educazione fu chiaramente patrocinata dai nostri due primi specialisti del curricolo: Confucio e Platone. I loro scritti crearono la tradizione secondo la quale gli educatori dovrebbero condizionare i giovani a credere a quanto vien loro detto, e nel modo in cui viene loro detto.

[Ma] noi abbiamo la fortuna di disporre di una tradizione alternativa, che ci conferisce l'autorità di educare i nostri studenti a non prestar fede o quanto meno ad essere scettici verso i pregiudizi dei loro avi. Possiamo individuare le origini di questa tradizione in alcuni frammenti di Cicerone, il quale osservava che lo scopo dell'educazione è di liberare gli studenti dalla tirannia del presente.»

Ecco: per rafforzare questa “tradizione alternativa” è necessario avere una scuola pubblica statale dove operino più insegnanti preparati, giovani e motivati. Tagliando risorse avremo invece più facilmente insegnanti e sistemi di istruzione che faranno da “cinghia di trasmissione” dei poteri forti costituiti e dei relativi saperi consolidati.

Tra l'altro, in effetti alla base delle “riforme che tagliano” possiamo intravedere la rimozione totale del concetto di servizio pubblico come “istituzione dello Stato”, ovvero come ente che abbia anche un'utilità pubblica collettiva a lungo termine per tutta la società. In definitiva, si è completamente perso il concetto per cui io, per esempio, pago le tasse non perché mio figlio abbia una scuola, ma le pago perché tutti abbiano la scuola, perché una società complessivamente più istruita è un bene collettivo per tutti, anche per chi non ha figli o anche per chi personalmente non ha studiato.

Si fa di tutto perché ci si dimentichi di questa concezione, per diffondere invece l'idea di una scuola vista esclusivamente come un servizio individuale alla persona, in cui ogni singolo utente ha il diritto di muoversi come gli pare come in un supermercato, di prendere quello che desidera, rifiutare ciò che vuole, contrattare e pretendere trattamenti singoli arbitrari e già che ci siamo anche disprezzare chi glieli offre perché tanto “è pagato per stare al suo servizio”...

È quindi nello spirito della tradizione alternativa di cui dicevamo sopra (ovvero: l'istruzione pubblica statale come difesa dalla cultura imperante) che invito i genitori italiani a compiere questo piccolo atto di “disobbedienza civile” (guardate a che punto siamo arrivati, quale assurdo paradosso mi tocca affermare): iscriviamo i nostri figli alla scuola pubblica statale! Non diamo retta ai Burattinai, smettiamola di baloccarci nel “dolce naufragar” dell'ipnosi mediatica.

Diamo credito e forza alla scuola statale italiana: è qui che forse possiamo ancora intravedere un barlume di speranza, una possibilità (forse anche remota) di traghettare un'ormai decrepita, traballante e naufragante società in balia del consumismo e del divertimento assoluto verso la spiaggia di una possibile salvezza, verso i lidi di una società meno dipendente dai poteri apparentemente senza limiti della Tecnica e del dio Denaro e, possibilmente, semplicemente, più umana.

 

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Si ringraziano Paolo Poli, Laura Cicognani (voce di Pinocchio), Nicola Tosi (voce finale), Stefania Colla, Clementina Bonanno e i bambini.

Hanno dato forma a questo Pinocchio: David Bonelli, Serena Clemente, Federico Frascarelli, Ettore Macchieraldo, Michele Maggino, Gisella Orsini, Marcello Pistoi, Massimiliano Silvestri, Andrea Sottile.

 

Le citazioni di Postman sono tratte dai seguenti testi:

La fine dell'educazione, Armando editore.

Come sopravvivere al futuro, Orme editori.

Provocazioni. Obiezioni di coscienza in tema di linguaggio, tecnologia, educazione, Armando editore.


Tratto da:
megachipdue.info

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