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Nino Di Matteo e Saverio Lodato hanno scritto un libro dal titolo “Il colpo di spugna” - sottotitolo, “Trattativa Stato-Mafia: il processo che non si doveva fare”, edito da “Fuoriscena”.
È un libriccino di piccole dimensioni ma dai contenuti tanto interessanti quanto inquietanti, soprattutto per tutti coloro che non hanno vissuto - per convincimento o per distrazione - tutte le vicende che hanno fatto da corollario al processo sulla trattativa Stato-Mafia.
Il libro costituisce un prezioso documento che testimonia, con dovizia di particolari e con assoluta puntualità, non solo le fasi del processo nei suoi tre gradi di giudizio, ma anche - cosa molto rilevante - tutto quanto è avvenuto fuori dal processo sia durante la sua celebrazione, sia al termine dello stesso. Ancora oggi ne parliamo animosamente non riuscendo a metabolizzare quella sentenza della Corte di Assise di Appello che, con un verdetto assolutorio, confermato dalla Suprema Corte di Cassazione, ha dato l’imprimatur dell’innocenza e dell’onore ai vari personaggi imputati per diverse fattispecie di reato.
Sarà pure una coincidenza - o forse no - ma la scelta della casa editrice “fuori scena”, mi sembra assolutamente coerente con i temi dibattuti nel libro che si presenta come una sorta d’intervista resa dal PM Nino Di Matteo al giornalista-scrittore Saverio Lodato.
"Tutti assolti per non avere commesso il fatto". Così ha sentenziato la Corte d’Assise di Appello, con il sigillo della Cassazione.
A questo punto il cittadino comune - che più degli altri è “fuori scena” - non si pone altre domande. Per lui va bene così. Ma, attenzione, avverte Nino Di Matteo; le sentenze si devono rispettare ma si possono criticare.
Insomma, andando al merito della questione, il dato più esaltante di questa sentenza è che si poteva trattare con la mafia e si potrà continuare a farlo ove ci fosse bisogno.
Ma come? Si stupisce il cittadino comune. Com’è possibile che lo Stato scenda a patti con personaggi che occupano posti apprezzabili nelle istituzioni?
Attenzione! Ma lo Stato lo fa a fin di bene, per il bene dei cittadini, per fare funzionare meglio le città; così da poter contare sulle garanzie offerte da Cosa nostra che si vedrebbe libera di potere controllare il territorio e decidere le strategie utili alle consorterie mafiose.
Ebbene questa motivazione è una vera e propria follia, di una banalità inconcepibile. Ma è inconcepibile che venga scritta da magistrati con anni di esperienza. Tutto lascia pensare che si tratta di un processo costruito su misura idoneo a dare quel colpo di spugna che serve per togliere dall’imbarazzo pezzi delle istituzioni.
La questione più singolare riguarda il fatto che i giudici d’appello riconoscono senza dubbio alcuno il verificarsi di alcuni fatti molto gravi; proprio quei fatti che i giudici di prime cure avevano riconosciuti come reati ma che i giudici d’appello - pur ammettendo il loro verificarsi, ritengono che gli stessi non costituiscono reato.
Gli autori del libro non si sottraggono ad una elencazione di quei fatti oggetto della disputa e che qui ripeto per rendere correttamente edotto il lettore inconscio.
“Il ricatto mafioso nei confronti del governo”, “l’apertura di un dialogo a distanza tra un pezzo di Stato e Cosa Nostra”, “le concessioni alla cosiddetta ala moderata”, “i segnali di distensione per rafforzare la trattativa in corso”, “la consapevolezza dei vertici delle massime istituzioni politiche della riconducibilità delle bombe del 1993 alla pretesa della mafia di ottenere un alleggerimento del trattamento carcerario dei detenuti”.
Ovviamente non ho l’ardire e la presunzione di commentare le sentenze del processo sulla trattativa; ma proprio per questo, posso parlarne come un libero cittadino che, dovendosi porre delle domande sul processo in argomento, prende a prestito il pensiero e le osservazioni di Nino Di Matteo e Saverio Lodato (che condivide) che costituiscono due punti di riferimento imprescindibili nel mondo della Giustizia e della comunicazione.
E allora mi limiterò a commentare avvalendomi del prezioso libro "Il colpo di spugna".
Già! Perché questo è stato: un vero colpo di spugna che ha cancellato violentemente tutto il lavoro investigativo di tanti anni per non parlare dell’impegno in udienza, davanti alle due Corti di Assise del Tribunale e della Corte di Appello, da parte dei magistrati requirenti e giudicanti e di tutto il personale addetto.
Dunque un colpo di spugna ed un brindisi dei vari Mori, Subranni, De Donno e Dell’Utri che magari, spudoratamente, avranno il coraggio di chiedere una riabilitazione morale e tanto di scuse da parte dello Stato.
E non ci sono dubbi, secondo la sentenza della Corte di Assise di Appello, la trattativa ci fu; sotto la direzione di Totò Riina mentre i carabinieri De Donno e Mori s’intrattenevano con Vito Ciancimino alla ricerca del contatto con Riina.
A noi non resta che farcene una ragione.

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